caffè
04 Aprile 2017Sono stati ben 1500 i chilometri, di cui molti in montagna, percorsi da alcuni rappresentanti di CSC - Caffè Speciali Certificati - nel cuore dell’area meridionale dell’India, il quinto produttore mondiale di caffè. “Visitare le piantagioni certificate significa verificare il livello di qualità del caffè, le infrastrutture, ma soprattutto far sentire al produttore che gli siamo accanto, perché la forza di CSC è il legame personale tra produttore e torrefattore” - afferma Enrico Romano, titolare di C.B.C. di Roma e responsabile dei caffè di questa vasta area. Con Romano hanno partecipato al viaggio Vittorio Barbera di Barbera 1870, Paola Goppion di Goppion Caffè e Andrea Matarangolo di Mondi Caffè.
Nel Paese c’è stato un grosso problema di siccità da marzo a maggio dello scorso anno che ha creato problemi di stress alle piante e ridotto notevolmente le riserve idriche. La stagione calda ha poi permesso di proliferare al white stem borer, un coleottero parassita che distrugge le piante di caffè scavando cunicoli e mangiando il tronco. Questo problema ha colpito soprattutto la zona dell’ultima tappa del viaggio, BBTC, dove il raccolto si è molto ridotto. In altre zone, dove c’è stata maggiore disponibilità di acqua, si registra al più un crivello più piccolo, ma la qualità è rimasta invariata. Le piantagioni sono ombreggiate da alberi di alto fusto, con rampicanti e la costante presenza pepe, e in esse non ci sono bambini: in India non si può lavorare fino al compimento del sedicesimo anno di età. Tutto attorno alberi da frutto e tante spezie. Il cupping di numerosi campioni di caffè ha chiuso ogni tappa, curato con grande professionalità da Andrea Matarangolo. A conti fatti è stata una buona annata.
Badra Estate, rifinitura sartoriale
La prima tappa è stata nel Ghats occidentale, che ospita le colline del Bababudangiri, spina dorsale dell’industria del caffè indiano, dove si trova la Badra Estate and Industry LTD. Sua figura di riferimento è Jakob Mammen, un gentleman dal profilo british che segue direttamente le piantagioni che comprendono anche il te. “E’ attento alle relazioni umane, ha una mentalità decisamente internazionale e lavora sempre più caffè pregiati, dal profilo “specialty” - osserva Vittorio Barbera -: per CSC è una figura importante non solo per le sue conoscenze della materia prima, ma anche per la sua apertura al dialogo e al confronto, indispensabili per un cammino condiviso”. L’area di coltivazione si estende su 620 ettari a un’altitudine che varia dai 600 ai 1300 metri e comprende sia arabica sia robusta, con una produzione totale che varia tra le 750 e le 850 tonnellate, oltre a 20 di pepe nero. Gli arabica, coltivati tra 100 e 1500 metri, presentano in tazza un corpo pieno e rotondo, un gusto ben pulito, con un’acidità raffinata e un bouquet aromatico floreale. La robusta cresce a un’altitudine maggiore di quanto avvenga in altri Paesi e qui si trova spesso confinante con l’arabica. Presenta un corpo pieno, note intense di cioccolato e nocciola tostata, retrogusto persistente e gradevole. “Di certo la qualità dei robusta prodotti da Badra si colloca tra le migliori al mondo - riprende Barbera -. Questo perché c’è grande attenzione sia nella fase del raccolto (solo ciliegie ben mature) sia dell’asciugatura del caffè verde, della successiva pulizia e della selezione manuale, un lavoro di rifinitura eseguito dalle donne in modo sartoriale”.
BBTC, qualità e sostenibilità energetica
La seconda piantagione visitata è stata quella di Fairland, nello stato di Karnataka, distretto di Kodagu, nell’area sud-occidentale del Paese. Lo produce la compagnia BBTC – Bombay Burmah Trading Company -, nota per avere dato il proprio nome a una famosa varietà di arabica: la BBTC selection, tuttora molto usata in India. Il rapporto con il responsabile di allora, Mr. Mike Sanyal, molto orgoglioso dei suoi prodotti, ha preso il via 18 anni fa. Lo sforzo di CSC fu di convincerlo a preparare un caffè adatto alle sue esigenze: un impegno che ha dato ottimi frutti. Oggi BBTC fornisce un caffè lavato che cresce all’ombra nella fitta giungla indiana tra i 900 e i 1070 metri e viene selezionato a mano due volte. In bocca è piacevole, dal gusto delicato di cacao che persiste nel retrogusto. È ideale da unire ad altri lavati per realizzare una miscela espresso. A pochi chilometri è prodotto nuovamente da Bombay Burmah Trading Company nella piantagione denominata Raigode, un robusta di qualità Parchment AB che cresce tra 850 e 950 metri: è lavato, essiccato al sole e si distingue per l’assoluta pulizia e la mancanza di difetti. In tazza offre corpo pieno e ricco che insieme alla sua bassa acidità lo rende perfetto per un moderato impiego in miscela da espresso. Alla cura del caffè si accompagnano anche quella per l’ambiente e il risparmio energetico. Così BBTC ha realizzato un impianto per la produzione di biogas dal residuo di lavorazione delle ciliegie di caffè, con cui oggi si produce il 70% circa dell’energia necessaria al funzionamento dei macchinari e al fabbisogno della piantagione. L’obiettivo è di arrivare al 100% nell’arco di tre anni: probabilmente sarà il primo impianto al mondo a impatto zero. Ovviamente anche qui non manca la curiosità (peraltro già lanciata qualche anno fa in Thailandia): si tratta del Black Ivory (avorio nero). I chicchi di caffè robusta contenuti nelle ciliegie mangiate dai pachidermi sono espulsi dopo la digestione e raccolti, ripuliti e tostati per realizzarne estrazioni. A differenza del blasonato (lo merita davvero?) kopi luwak, non gode di altrettanto favore da parte del mercato.
Vellakadai, caffè e madras
La terza tappa è nella realtà colorata e ricca di vegetazione delle Shevaroys Hills, nello stato di Tamil Nadu situato nel sud della penisola indiana, famoso anche perché qui si tesse il madras, un tessuto di cotone leggero con il caratteristico disegno a quadretti. Sulla parte apicale di uno di questi rilievi, tra i 1300 e i 1600 metri di altezza, si trova la piantagione di Vellakadai. Il colpo d’occhio è spettacolare quando gli alberi sono carichi di mandarini, che raramente si trovano accanto al caffè. Attende e accoglie nella propria casa Ramesh Raja, discendente di una famiglia che da più di 50 anni si dedica al caffè e ne cura con particolare attenzione la qualità: il 100% della lavorazione è effettuato manualmente. La raccolta avviene tra dicembre e gennaio ed è realizzata dalla donne, che a fine giornata arrivano al centro di raccolta su dei camioncini: parlano tra di loro prima di passare all’ultima fase, la selezione delle bacche migliori, che effettuano con grande rapidità accoccolate a terra, davanti alle ciliegie che hanno raccolto durante il giorno. Il prodotto è quindi lavato e asciugato al sole su un patio di mattoni. L’ulteriore verifica della qualità dei chicchi è affidata ancora all’occhio preciso e alle mani femminili prima di immagazzinarli nei sacchi di juta.
Globalmente le piantagioni si estendono su più di 600 ettari di cui 400 di coltivati ad arabica e 230 a robusta. L’India Vellakadai qui prodotto è un arabica dalle caratteristiche molto interessanti: è pulito in bocca, piacevole con il suo corpo deciso e le note persistenti di cioccolato; la dolcezza si accompagna a un’acidità delicata. Per questo è ottimo da gustare sia in purezza sia da utilizzare come base per miscele espresso di alta qualità.
A viaggio concluso, soddisfano sia la qualità del prodotto sia l’eccellente rapporto con tutti i produttori, uno dei fattori più importanti della qualità dei caffè Caffè Speciali Certificati, che prosegue ormai da più di vent’anni. Una garanzia per i torrefattori e per chi produce: le loro “finche” non sono luoghi di provenienza di grido diventati tali rapidamente e a rischio di essere abbandonati al mutare dei gusti o a fronte di una cattiva annata, ma luoghi di approvvigionamento costanti, da anni, a fronte di qualità e impegno nel mantenerla. E’ il bello (e il buono) di caffè con un’origine, che solo dopo accurati controlli delle campionature allo sbarco potranno meritare il bollino CSC.
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