fiere
18 Gennaio 2022Ci saranno produttori provenienti da ogni angolo d’Italia e centinaia di realtà estere. Hanno già detto sì cantine di Albania, Argentina, Armenia, Austria, Bosnia, Brasile, Bulgaria, Cile, Croazia, Francia, Germania, Macedonia, Montenegro, Olanda, Perù, Portogallo, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti e Sudafrica. Un giro del mondo a suon di grandi vini. Ma non grandi vini qualsiasi, bensì etichette (il catalogo ne conta già oltre 3700, qui le abbiamo elencate tutte, e il numero salirà fino a quota 5000) che rispondono a tre princìpi chiari, gli stessi che guidano la Slow Wine Coalition e che sono messi per iscritto nel Manifesto Slow Food per un vino buono, pulito e giusto: si tratta della sostenibilità ambientale, della tutela del paesaggio e del ruolo culturale e sociale che le aziende vitivinicole possono giocare nei territori dove operano.
Sostenibilità ambientale
Rispettare l’ambiente significa, tra le altre cose, dire no alla chimica in agricoltura: niente erbicidi, in altre parole. Paraschos è una cantina che si trova tra San Floriano del Collio e Olsavia (Gorizia), in Friuli-Venezia Giulia. A guidare l’azienda, oggi, sono Alexis e Jannis, figli del fondatore Evangelos che dalla greca Salonicco arrivò per studiare all’università di Trieste. «Papà ha iniziato a interessarsi al vino perché affascinato dai contadini e viticoltori del Collio che, negli anni Settanta e Ottanta, lavoravano la terra con rispetto, e non si sognavano certo di introdurre diserbanti in vigna» ci ha raccontato Alexis. «Sono loro ad avergli trasmesso quell’amore per la terra che fa desiderare di passarla ai figli e non di sfruttarla e basta. Per noi prima è venuta l’agricoltura biologica, sostenibile, ecologica che dir si voglia, poi è venuto il vino».
Sostenibilità ambientale significa però anche e soprattutto biodiversità: è della ricchezza di varietà vegetali che il suolo si nutre, arricchendosi e restituendo poi tali qualità ai frutti. La pensano così anche all’Agricola Felline, azienda di Manduria (Taranto) che coltiva Primitivo… e non solo: «Cerchiamo di lasciar sviluppare quella vegetazione spontanea che spesso cresce nei nostri muretti a secco» ci ha spiegato il proprietario Gregory Perucci. «In questo modo, i vigneti diventano un habitat vivente per una flora e una fauna diversificate: frutti, fiori, erbe, erbe e verdure prosperano su terreni vivi… Nel vigneto abitano inoltre farfalle, uccelli, insetti, rettili e innumerevoli organismi del suolo. Questa interazione garantisce un ecosistema stabile, ampiamente autoregolante, che siamo convinti apporti un genuino equilibrio e qualità del terroir».
Usare energia pulita e ridurre gli sprechi è un altro degli aspetti da tenere in considerazione nella valutazione ambientale di una realtà, come ci ha ricordato Lorenzo Marotti Campi, figlio dei fondatori dell’omonima cantina di Morro d’Alba, in provincia di Ancona: «La nostra cantina ha un impianto solare che ci permette di realizzare una quasi totale indipendenza energetica».
L’impatto sociale: essere giusti
Un altro aspetto rilevante riguarda la sostenibilità umana dell’azienda: «Paghiamo stipendi sopra la media, perché abbiamo bisogno di instaurare rapporti di lungo termine e di fiducia con le persone con cui lavoriamo» ha aggiunto Lorenzo Marotti Campi.
Lavorano rispettando questo principio anche Jill e Steve Matthiasson, dell’omonima cantina Matthiasson a Napa, in California: «Non assumiamo lavoratori stagionali - ci ha spiegato Steve -, tutti i nostri 17 dipendenti hanno un lavoro stabile e duraturo. Abbiamo deliberatamente progettato il nostro business in questo modo, e aiuta il fatto che abbiamo diversi vigneti con diverse varietà di uva che maturano in tempi diversi». E anche quando gli imprevisti stravolgono la routine, la coppia di imprenditori ha trovato il modo di superare il momento: «Circa due terzi delle nostre vendite dipendono dai ristoranti e così, quando è esplosa la pandemia di Covid-19 e i ristoranti hanno chiuso, le nostre vendite si sono fermate. Ci siamo orientati il più velocemente possibile verso le degustazioni guidate su Zoom, e fortunatamente le nostre iniziative in questo campo sono state rapidamente riprese e recensite da riviste nazionali. Questo ha salvato la nostra attività».
La tutela del paesaggio
Il terzo principio che guida la Slow Wine Coalition, e di conseguenza la Sana Slow Wine Fair che ne rappresenta il primo incontro internazionale, riguarda la difesa della bellezza del paesaggio. La vite è la coltura che più di qualunque altra contribuisce a definire l’aspetto delle aree collinari e precollinari e per questa ragione è indispensabile che i viticoltori se ne prendano cura. «Nostro padre per molti anni ha lavorato come agronomo, ci ha trasmesso la passione e la dedizione per la vigna, e grazie a lui e ai nostri nonni siamo cresciuti a contatto con la natura» ci ha raccontato Maria Rosa Bordini, che insieme alla sorella Enrica e ai fratelli Enrico e Giampaolo ha ereditato l’azienda Villa Papiano di Modigliano (Forlì-Cesena) fondata dal padre Remigio. «Abbiamo sognato per anni di costruire un progetto di vita insieme incentrato sulla natura e sulla vigna. Nel 2000 abbiamo trovato questo posto perfetto, con un ecosistema capace di trasmettere questa unicità anche nel vino che produciamo». Un paradiso terrestre incastonato nell’Appennino tosco-romagnolo, un tesoro da conservare e proteggere anche rendendolo produttivo. Purché sia una produzione rispettosa.
Sul sito della manifestazione, ogni settimana, vengono pubblicate nuove storie di produttori che parteciperanno a Sana Slow Wine Fair 2022: ad esempio quella di Marco Minnucci, che dal Lago Maggiore si è spostato a Costigliole d’Asti, oppure quelle di produttori provenienti dall’estero. È il caso di Slow Wine Latam, la rete per il vino buono, pulito e giusto che riunisce i viticoltori dell’America Latina, e dei produttori che fanno parte del Presidio Slow Food del Roter Veltliner, in Austria.
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A cura di Matteo Cioffi
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