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14 Novembre 2016La cena del 24 dicembre rappresenta da sempre un vero e proprio tributo alla cucina di pesce, quella “povera”,gustosa e tipica della nostra tradizione che non ha nulla da invidiare ai costosissimi astici, aragoste e caviale. Tra i pesci azzurri, le acciughe o le alici, dipende in che angolo d’Italia ci troviamo, rappresentano uno dei simboli del Natale gastronomico. In saor, fritte, marinate, come condimento per la pasta o per antipasto insieme ad altri pesci o verdure, sono ideali per creare sfiziosi piatti da mangiare in famiglia durante la cena di magro della Vigilia. Ma questo alimento, non è solamente un must delle festività Natalizie, viene consumato regolarmente tutto l’anno.Secondo i dati Nielsen elaborati da ANCIT le vendite a volume in Italia negli ultimi 12 mesi (ottobre 2015 / 2016) di acciughe in conserva (salate / sott’olio) hanno superato le 4.500 tonnellate (+1% rispetto al 2015).A dimostrare la passione per questo alimento che presenta numerosi pregi nutrizionali. Vediamo quali…
FRESCHE O CONSERVATE? QUELLE SOTT’OLIO HANNO PIU’ OMEGA 3
C’è differenza tra le acciughe fresche e quelle conservate? Come ricorda il Prof. Migliaccio, Presidente onorario della SISA (Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione),“le acciughe sott’olio hanno un contenuto maggiore di omega 3, ben 11 grammi per cento, perché oltre agli acidi grassi presenti nel pesce vanno aggiunti quello dell’olio.” In generale un’alimentazione che preveda il consumo di acciughe, prosegue il Prof. Migliaccio, apporta diversi benefici per la salute. Hanno un notevole apporto proteico, fornendo 26 g di proteine nobili ogni 100 g di prodotto. Sono inoltre ricche di acidi grassi Omega 3, di calcio, fosforo, vitamina D e molti altri nutrienti essenziali per molteplici funzioni biologiche”.
LE ACCIUGHE NEI MENÙ DI NATALE: DAL PIEMONTE ALLA SICILIA LE RICETTE PER LE FESTE
Percorrendo lo Stivale da Nord a Sud, troviamo un’infinità di sapori e abbinamenti che vedono le acciughe protagoniste dei piatti natalizi. Non si può non partire dai“peperoni in bagna cauda”, antipasto onnipresente nelle tavole del Natale Piemontese. La bagna cauda è un piatto che va consumato molto caldo e per questo la tradizione vuole che venga posta al centro della tavola all’interno di un contenitore di terracotta con sotto un fornello.
Spostandoci poi nel Veneto troviamo i“bigoli in salsa di acciughe” che, secondo la tradizione, venivano consumati durante i giorni di magro, il venerdì Santo e il mercoledì delle Ceneri.Arriviamo in Toscana dove il “tortino di acciughe e pappa al pomodoro” è da sempre un simbolo gastronomico della Vigilia, oltre che un antipasto facile e veloce da preparare. Dal Centro al Sud Italia. In Campania, il menù del 24 dicembre prevede quasi sempre spaghetti con le vongole ma i piatti a base di acciughe, di certo non mancano: dalle alici marinate fino agli abbinamenti più particolari come i calamari “saporiti” con ripieno di scarola e acciughe. Nell’estremo sud invece un’antichissima tradizione vuole che per la cena della Vigilia si prepari la pasta “ammuddicata” siciliana, con alici e molliche di pane. Piatto semplice, natonella cucina delle classi più povere che, non potendosi permettere grandi lussi e sfarzi nemmeno durante la festa più sentita dell’anno, condivano la pasta con la mollica del pane raffermo.
DALL’ANTICO EGITTO A OGGI: POPOLANO DA SEMPRE I MARI DELL’AREA MEDITERRANEA
Immancabili nel menù natalizio italiano e consumate tutto l’anno grazie alla loro versatilità e accessibilità, le acciughe si sono fatte spazio anche nelle cucine di tutto il mondo sin da tempi molto antichi. Si trovano cenni sulle modalità di conservazione sotto sale di questo pesce già nell’Antico Egitto e nell’Antica Grecia: lo storico greco Erodoto nel IV secolo a.C. le consigliava nell’alimentazione al posto della carne, fresche o conservate. I romani utilizzavano il garum, celebre condimento derivato dalle interiora del pesce di cui parla anche il gastronomo Marco Gavio Apicio nel suo De Re Coquinaria – antologia di ricette che rappresenta la principale fonte sulle origini dell’antica cucina romana. Apicio inserisce le acciughe tra gli ingredienti della cucina patrizia insieme ad altri pesci salati (tonno, sgombro, ricci di mare, triglie…) di cui si faceva largo consumo, probabilmente maggiore di oggi.
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