14 Ottobre 2013
Durante il proibizionismo era il nome dei locali dove "parlare tranquillamente" in compagnia di distillati ed alcolici proibiti.
Speakeasy letteralmente significa “parlare tranquillamente” ed era il termine più usato per indicare i locali in auge negli Stati Uniti durante il periodo del proibizionismo (1920-1930), quando distillare e somministrare alcolici era severamente vietato in tutto lo Stato.
Gli Speakeasy si trovavano nei luoghi più impensabili. Si doveva entrare in un garage, oppure percorrere la cucina di qualche ristorante messicano, per ritrovarsi nel bel mezzo di un bar clandestino che serviva alcol, solitamente prodotto dagli stessi proprietari. Negli ultimi anni gli Speakeasy sono tornati ad essere una moda, soprattutto nella grande mela e a Londra, dove sono particolarmente diffusi. Alcuni di loro non sono nemmeno così inaccessibili: non serve una parola d’ordine o conoscere qualcuno che conti per entrare. Ci sono addirittura Speakeasy che hanno anche il loro sito internet dove promuovono le serate.
Uno dei più famosi si trova a NewYork, nell’East Village e si chiama “Please don’t tell”.
Per accedervi si deve andare in una sorta di paninoteca, il “Crif Dogs” in St.Market Place, entrare nella cabina telefonica e pronunciare correttamente la parola d’ordine.
Anche in Italia...
Il ‘1930’ a Milano ha tutta l’aria di essere un vero e proprio Speakeasy.
Non viene resa nota la via, si può intuire che il 19 sia il numero civico, e che il 30 si trovi esattamente di fronte.
Per accedere al locale bisogna entrare in un piccolo alimentari, e pronunciando la parola d’ordine ci si ritrova catapultati negli anni ’20. Ma invece di alcol di contrabbando servono cocktail ricercati in un locale senza tempo e senza luogo nato per volontà dei due proprietari per fidelizzare i loro clienti.
“Siamo aperti da due mesi e abbiamo anche un altro locale a Milano: il Mag (in Ripa di Porta Ticinese) - ci racconta uno dei due proprietari, Flavio Angiolillo - Il Mag non arriva a supportare più di 200 persone, servite elegantemente e come vogliamo noi, pertanto abbiamo creato un locale che non voleva essere un vero e proprio Speakeasy, piuttosto un regalo per i nostri clienti.
Ricompensare tutta la nostra fedele clientela che negli anni ci ha sempre seguito”.
Uno spazio insolito
Trentadue sedute, trentadue persone, che vengono coccolate dallo staff pronto a far vivere all’avventore un vero e proprio viaggio emozionale: un tuffo nel passato e un’esperienza del palato.
“Il nostro è un vero e proprio salotto dove la gente può perdersi nel tempo - dice Marco Russo, socio di Flavio - Ed è proprio così. Ti sembra di esserci rimasto solo per due ore e invece il tempo vola, tant’è che non a caso non ci sia nemmeno un’orologio.
In uno spazio di circa 80 mq, l’arredamento è in perfetto stile anni venti e rispecchia palesemente l’ideologia e la filosofia del locale.
Forniture originali di quell’epoca, un pianoforte che ogni mercoledì allieta i suoi ospiti, una vecchia Singer e un bancone liquori che sembra un altare del perfetto barman.
La musica in sottofondo e lo staff fanno il resto.
L’obiettivo principale non è l’incasso, ma far stare bene il cliente.
In che modo?
Servizio di alta qualità e preparazione dei cocktail eccelente.
“Per noi ogni drink è un’emozione - dice Marco Russo - cambiare un cocktail non significa cambiare un ingrediente”.
“I drink vanno ricercati, sperimentati - gli fa eco Flavio Angiolillo - C’è un cocktail ad esempio, che si chiama Geisha a base di salmone, con un alga attorno al bicchiere che stiamo proponendo con grande successo”.
“Siamo in continua evoluzione - prosegue il suo socio - cerchiamo di far vivere ai nostri clienti un’atmosfera inconsueta che sia il più accattivante possibile”.
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