18 Aprile 2017
Accade spesso, in Italia, di discutere di un argomento talmente tanto che le percezioni hanno il sopravvento sui fatti. L’Arte Bianca ne è un esempio classico: da anni sentiamo dire che le mode alimentari – soprattutto la demonizzazione del glutine – stanno riducendo i volumi, ma i numeri dicono che non è così. Secondo dati ISTAT/ AIDEPI, dal 2002 al 2015 i consumi di prodotti da forno nel nostro Paese sono passati da circa 14 a oltre 16 kg pro capite. Mediamente, i prodotti a base di cereali rappresentano circa il 17% della spesa alimentare complessiva, che oscilla tra i 409 euro mensili nelle Isole e i 455 euro nel Centro Italia. Passando al mondo del fuori casa, la situazione sembrerebbe ancora più confortante: il traffico cresceva dello 0,5%, la spesa totale dello 0,9% e la spesa media individuale di un altro 0,5%. L’analista calcola che in Italia le visite al bar siano 4,5 miliardi l’anno e rappresentino il 45% di tutta la ristorazione commerciale. Un traffico che è previsto in ripresa dello 0,6% quest’anno, e dell’1% nel 2018, e che per il 74% riguarda la fascia della colazione, cioè una delle più favorevoli ai prodotti da forno.
PER CRESCERE BISOGNA INTEGRARE
Tutto bene, dunque? Non proprio. Nella categoria bar, infatti, la crescita non è omogenea: i bar/caffetteria tradizionali, pur continuando a rappresentare oltre due terzi (78%) delle visite complessive, mostrano un incremento nullo, mentre l’aumento più consistente (+0,3%) è registrato dagli snack bar/tavola fredda, seguiti dalle tavole calde (+02%). Il messaggio è chiaro: oggi per incrementare il business i pubblici esercizi devono ampliare l’offerta al food. Le rilevazioni di The NPD Group, Inc. indicano che, per il momento, il contributo principale dell’Arte Bianca al fatturato del bar rimane la Viennoiserie, come brioche o croissant. Al contrario, il consumo “semplice” di caffè fuori casa risulta diminuito (nel 2016 è pari all’89% di quello del 2011) e i due dati combinati suggeriscono che il gestore che vuole conservare e magari aumentare i propri clienti, dovrà puntare sempre più su brioche, croissant – e anche pane, come vedremo più avanti. Meglio se artigianali e di qualità: cresce l’importanza attribuita dai clienti alla qualità dei prodotti che trovano al bar (16,3% nel 2016 rispetto a 13,3% nel 2011) mentre diminuisce quella della vicinanza del locale (da 45,3% a 38,4%) e dell’abitudine (da 37,8% a 30,9%). In sostanza, commenta Matteo Figura, Foodservice Director Italy di The NPD Group, Inc.: “…le scelte dei consumatori si fanno più oculate e la Viennoiserie è una storia di successo su come l’evoluzionesempre secondo l’ISTAT, quest’ultimo ha rappresentato nel 2016 l’8,6% della spesa totale degli italiani e il 32,3% dei consumi alimentari, per un valore di circa 72 miliardi di euro. L’Italia rappresenta il terzo mercato Away-from-Home in Europa dopo Spagna e Regno Unito, con le quote più rilevanti in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. A fine 2016 l’analista di mercato The NPD Group, Inc. rilevava che nella ristorazione commerciale dell’offerta abbia soddisfatto la domanda dei consumatori. A guidare questi ultimi verso il bar sono infatti nuove motivazioni, più legate all’esperienza. Le famiglie in particolare trovano nell’evoluzione dell’offerta del mondo bar nuovi luoghi accessibili di consumo”. È la famosa “ibridazione”, altro mantra di cui sentiamo parlare da anni e che stavolta si conferma corrispondente alla realtà. La controprova arriva dalle forme di contaminazione “al contrario”, cioè panetterie che puntano sul consumo nel punto vendita, sempre più spesso integrata da un’offerta di caffetteria in vero e proprio “stile bar”.
Tra i pochi casi studio che hanno misurato quantitativamente l’impatto dell’ibridazione si segnala il format danese Café Guldægget: nato come panetteria, da quando è stato aggiunto il caffè solo il 35% dei clienti effettua un acquisto veloce, mentre il 65% preferisce una permanenza più lunga, incrementando così le probabilità di vendita. In Italia non sono ancora disponibili dati così puntuali, ma il sentiment intercettato dall’Osservatorio HostMilano indica che l’ibridazione della caffetteria all’interno delle panetterie presenti caratteristiche diverse rispetto a quella dei prodotti da forno nei bar tradizionali. In particolare, nelle panetterie i consumatori tendono a preferire ai dolci i pani speciali (per esempio, al sesamo o altri semi) e optano per formati a base di caffè più grandi (caffè americano e cappuccino, anche extra large) rispetto al classico espresso. Cambiano anche le scelte di gusto: mentre al bar, in media, gli italiani preferiscono un caffè molto tostato e con un’alta percentuale di Robusta, quindi tendenzialmente più amaro, in abbinamento al pane preferiscono miscele più aromatiche, per non rovinarne il sapore, e molte torrefazioni si stanno attrezzando con miscele ad hoc. Per Andrea Gaibazzi, Amministratore Delegato di Tagliavini, “Le difficoltà più diffuse dei panettieri in generale è oggi quella di portare valore al proprio valore. Troppo spesso infatti gli investimenti vengono eseguiti senza un vero e proprio progetto integrato, senza identificare con esattezza l’obiettivo. Ciò che oggi cerchiamo di fare, quando ci viene richiesto e concesso, è entrare nelle logiche imprenditoriali del cliente e consigliare ‘solo’ le attività e gli investimenti funzionali ad un risultato: il loro profitto. Non esiste, però, una regola valida per tutti: bisogna partire dalle proprie peculiarità professionali, dalle proprie passioni e aspettative. Da questa seria e sincera auto analisi, si struttura il ‘contenitore’ dove mettere tutto a frutto”.
PAROLE D’ORDINE: SANI E COMODI DA CONSUMARE
Una recente ricerca di un altro rilevante analista di mercato quale TradeLab conferma che l’ibridazione cresce a patto che le offerte integrate siano effettivamente complementari e artigianali. In parallelo cresce però anche la cosiddetta “specializzazione hard”, cioè super-mirata su segmenti di prodotto o nicchie di clienti, per rispondere ai bisogni del consumatore più evoluto e riposizionarsi in un mercato con una crescente concorrenza. Lo studio riconferma anche due tendenze già note. La prima è il consumo immediato ma al di fuori del punto vendita, declinata nei trend “on the go” (consumo da asporto), street food e consegna a domicilio. Il fattore comune è rappresentato dalla maggiore mobilità del consumatore e offre due vantaggi: superare i limiti di produttività del consumo in negozio e quelli della prossimità, ampliando il mercato potenziale anche a utenti che non vivono necessariamente vicino al punto vendita. L’altra grande tendenza riconfermata da TradeLab è l’attenzione al benessere: il 65% degli avventori è interessato a trovare prodotti legati al benessere e il 54% dichiara che aumenterebbe i consumi se trovasse un’offerta più allineata alle proprie esigenze alimentari. Nonostante questo, la domanda maggiore dei consumatori è per i gusti particolari (ricercati dal 74,5%), ma è seguita a ruota dal senza glutine (72%) e dai prodotti a base di yogurt (70%). A maggiore distanza troviamo i prodotti light o a basso tenore di grassi (richiesti dal 52%), quelli a base di latte di soia (44%) o latte di riso (30%). Questa evoluzione non sembra essere stata ancora colta in pieno dal settore se è vero che solo il 20% dei gestori ritiene importante aumentare l’offerta di prodotti salutistici e soltanto il 5% dichiara di trattare prodotti biologici. In compenso, il 50% dei punti vendita propone prodotti light o senza latte. “Impieghiamo il meglio di cereali e legumi esclusivamente gluten-free attraverso tecnologie e processi industriali all’avanguardia, studiati per ogni singola applicazione industriale – commenta Loredana Favero, Responsabile Marketing di Favero Antonio Srl –. Ci basiamo sui valori di attenzione per l’origine, tradizione e cultura, rispetto della natura. Grazie al nostro approccio orientato al cliente, le nostre farine sono distribuite in Europa, Canada, USA, Brasile, Medio Oriente e Sudafrica, Cina e Australia. Il nostro laboratorio opera in sinergia con laboratori esterni accreditati e questo ci ha permesso di ottenere numerose certificazioni, incluse le certificazioni no–OGM per mais e soia e la certificazione Biologica, oltre che a istituire una filiera del mais al 100% italiana 834, secondo il metodo e normativa biologica europei”.
L’ASSO NELLA MANICA: LA PIZZA DI QUALITÀ
E se i prodotti per l’occasione colazione rimangono il principale momento di ibridazione tra bar e arte bianca, mentre l’ingresso del caffè nelle panetterie punta i riflettori sul pane, la crescita di tavole fredde, tavole calde e snack bar mette in evidenza l’altro grande protagonista di questa evoluzione, la pizza. In questo campo è la tecnologia a venire in aiuto dei gestori, con una gamma di macchine studiate per permettere la realizzazione di pizze di qualità anche al di fuori del classico segmento ristorante–pizzeria. “Notiamo che il mercato si sta divaricando tra un segmento “fast food”, dove la pizza è percepita come cibo veloce ed economico, e uno gourmet dove la pizza diventa una vera e propria specialità – commenta Andrea Bertone, General Manager di OEM-ALI, azienda del Gruppo specializzata nel segmento pizza –. In entrambi i casi l’esigenza è quella di realizzare un prodotto di qualità anche senza, a volte, l’esperienza specifica di un pizzaiolo. Nel caso della pizza gourmet nella ristorazione l’interlocutore può essere per esempio uno chef, mentre nelle grandi catene in franchising si tratta di operatori non specializzati che devono seguire procedure standardizzate”. “OEM risponde a questa esigenza con un’offerta di prodotti altamente personalizzabili, flessibili e modulabili. Proponiamo ad esempio dei forni dove l’operatore deve semplicemente premere un pulsante start/stop e selezionare uno fra tre programmi di cottura preimpostati e accessibili tramite una password – aggiunge Bertone –. Anche in Italia comunque stiamo notando un’evoluzione in questo senso, perché sempre più spesso i gestori cercano di intercettare nuovi target di clienti per i pubblici esercizi ampliando l’offerta con la pizza. A queste tipologie offriamo macchine studiate appositamente per gestire capacità anche più piccole, rispetto agli alti volumi in periodi di tempo brevi dei classici forni per pizzeria”. Un settore dove l’innovazione si incrocia con il successo continuato di tecnologie tradizionali, indispensabili per le particolari condizioni di lavorazione. “Quello delle impastatrici è un segmento particolare – dichiara Martina Cavedon di Avancini, azienda tra i leader nel comparto – dove non c’è molto spazio per la personalizzazione del prodotto. La richiesta principale che ci viene dai professionisti è quella di una macchina in grado di amalgamare efficacemente l’impasto senza scaldarlo e, in questo, le tecnologie meccaniche tradizionali restano le più efficaci. In anni recenti qualche produttore ha provato a introdurre le interfacce touchscreen ma senza troppo successo, perché la tipologia del lavoro, dove spesso l’operatore ha le mani coperte di farina o di impasto, le rende poco pratiche”. Che si tratti di dolce e salato, le strade dell’Arte Bianca e del bar sembrano destinate a incrociarsi sempre più spesso in futuro, all’insegna di ingredienti selezionati e naturali, tecnologie innovative e format di locali adatti a rispondere alle diverse occasioni di consumo nell’arco della giornata.
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