In questa puntata di Mixing in NY analizziamo con Matteo Zed trend e punti di forza di tre dei bar d’hotel più cool di New York.
“L’accoglienza, il sorriso, l’arredo e la qualità dei cocktail rappresentano i punti di forza dei bar degli hotel cool di New York”. Ecco la seconda puntata di Mixing in NY realizzata con Matteo Zed, barmanager del Trattoria Ammazzacaffè di New York.
Dagli Stati Uniti all’Italia.
La nuova attenzione verso la ristorazione da parte degli alberghi italiani apre le porte a un altro matrimonio virtuoso, ovvero quello tra barman e hotel.
Un connubio che aumenta il business della struttura e accresce la fama del bartender.
Non è certo una scoperta, anzi: la formula è ben diffusa all’estero, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra.
Se è vero che il mondo dei cocktail pullula di leggende, falsi miti e barman che si contendono la paternità dei drink, non c’è dubbio infatti che molti dei drink evergreen siano nati nei bar degli alberghi.
Ecco perché in questa puntata di Mixing in NY parliamo di trend e punti di forza di tre dei bar d’hotel più cool di New York:
il Boisson Bar, il Boom Boom Room (il nuovo Studio 54) e il Nomad Bar.
Matteo Zed, quali sono i bar d’hotel più cool di New York?
Direi il Boisson Bar del Baccarat Hotel, il Boom Boom Room dello Standard Highline e il Nomad Bar all’interno dell’Hotel Nomad. Al Boisson Bar, gestito dal francese Matthieu Yamoum, parole chiave sono eleganza, servizio impeccabile nel segno della cultura old style e sfarzo. Il Boom Boom Room invece è un roof top bar con vista panoramica mozzafiato, con un servizio informale e cocktail molto innovativi.
Quanto al Nomad Bar, affidato a Leo Robitsheck e a Pietro Collina, è l’emblema dello street bar d’hotel di successo: ha un servizio minimal e vanta un enorme afflusso di clienti giovani e un personale under 35.
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Un confronto: le principali differenze che noti con i bar d’albergo nostrani?
A New York c’è una maggiore attenzione per arredo e design e un servizio più attento al cliente. Mi spiego: se un avventore ordina un drink fuori menu di cui non si dispone degli ingredienti, il barman non si scompone. Anzi. Preavvisa l’ospite che dovrà attendere un poco e spedisce immediatamente un dipendente al negozio più vicino per acquistare le materie prime necessarie a realizzare il cocktail richiesto. Inoltre, nei bar degli hotel di New York lavorano solo professionisti molto preparati, mentre spesso in Italia negli alberghi troviamo personale con una preparazione superficiale.
Quali sono i cocktail più richiesti?
Al Baccarat vanno per la maggiore il “The Uncle Secret” e il “Lilith Agenda”. Il primo è un drink a base con tequila, mezcal, figo, albicocca e harissa (una salsa speziata di origine nordafricana), mentre il secondo è preparato con Overproof Kentucky Bourbon, Rye Whiskey, liquore alla banana, zenzero, succo di limone, assenzio e orange Bitter. Fiori all’occhiello dello Standard sono il “A Girl’s Best Friend”, amatissimo dalle donne, un twist del French 75 servito con scaglie di ghiaccio di sciroppo home made di melograno che sciogliendosi completano il drink e il “The Standard Issue”, un sour con amaro Montenegro, Bourbon whisky, succo di pompelmo e cordial home made di lamponi. Quanto al Nomad, i must sono "Start me up" a base di liquore Strega, bourbon, succo fresco di limone e soda allo zenzero e il “Don't give up the ship"” con gin, vermouth rosso, Fernet Branca e Orange Curacao.
Parliamo di tecniche di miscelazione: per quanto concerne i bar d’hotel, che cosa possiamo imparare dai bartender newyorkesi?
Dovremmo imparare a essere non solo eleganti, ma anche veloci.
Per darvi un’idea: al Baccarat ho visto una ragazza miscelare contemporaneamente quattro cocktail in quattro mixing glass, girando due cucchiaini con una sola mano. Inoltre, a New York quasi tutti i barman d’hotel usano in una mano due jiggers di diverse misure. È una tecnica che permette di velocizzare la preparazione del drink che vi consiglio di abbracciare come ho fatto pure io.
Più in generale, qualità da “copiare” dai bartender di questi hotel?
Primo, dovremmo imparare a valutare i reali costi di un bar e ad amministrare gli ordini in modo intelligente per evitare sprechi.
Secondo, sarebbe bene avere maggiore rispetto verso il cliente. Il limite di molti barman italiani è che hanno un ego troppo grande e regalano pochi sorrisi.
Salutismo e naturalità: dopo la cucina, è davvero arrivato il momento del bere “sano e naturale” a base di ingredienti scovati nei farmer’s market e di drink “low-calories”?
A New York ho riscontrato un' elevata attenzione per le materie prime dei drink. Ogni sciroppo, tintura o garnish è naturale, fatto in casa e a base di prodotti di altissima qualità. E se vengono usati succhi vengono acquistati quelli di origine biologica senza additivi chimici, meglio se addolciti da zuccheri a basso indice glicemico come agave, miele o fruttosio.
E ancora: tra le ultime tendenze c’è il coinvolgimento sensoriale. Un esempio su tutti: al Ultraviolet di Shanghai i suoni, le immagini sulle pareti e persino la temperatura del locale cambiano a seconda dei piatti serviti…
La progettazione di ristoranti e bar avveniristici firmati da architetti e designer di fama internazionale è ormai una realtà. (Location come il Zuma Dubai e Berners Tavern di Londra sono esempi dei nuovi concept vincenti, ndr).
E a breve saranno sempre più diffusi. In questa logica si inserisce la scelta del Baccarat Hotel di aromatizzare l'aria con Rouge 540, il profumo appositamente prodotto dalla Maison Francis Kurkdjian.
Nella precedente puntata di Mixing in NY Matteo Zed (QUI L'INTERVISTA PER LA RUBRICA DALLA PARTE DEL BARMAN) ci ha spiegato come si fa a lavorare a NY