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29 Giugno 2017Con i suoi quasi cento anni di storia, La San Marco è una delle aziende costruttrici di macchine per caffè espresso più conosciute al Mondo e che ha contribuito ad esportare la cultura del caffè espresso in tutti i continenti. L’azienda, che ha sede a Gradisca D’Isonzo (GO) dove ancora produce interamente le sue macchine,oltre a sviluppare nuove soluzioni tecnologiche al servizio dell’uomo, da sempre è impegnata anche nel supportare attivamente progetti solidali e culturali.
L’ultimo di cui l’azienda si è vista protagonista è quello a favore di una comunità nella Thailandia del Nord dove dalla fine degli anni ’90 opera un gruppo di missionari del triveneto per favorire la scolarizzazione degli abitanti dei villaggi e garantire un lavoro e dei redditi alle loro famiglie.
“Era il 2016 quando don Flavio Zanetti, sacerdote originario della parrocchia di Gradisca d’Isonzo con una lunga storia di missionariato, mi raccontò per la prima volta la storia di tre padri missionari in Thailandia e del loro incredibile progetto per offrire lavoro e studio alle popolazioni locali” – afferma Roberto Nocera, direttore generale de La San Marco, che continua – “Ciò che mi colpì particolarmente fu l’avviamento di una produzione locale di caffè di ottima qualità, con l’obiettivo di raccogliere ricavi da investire nel sostegno allo studio dei ragazzi. Ed è per questo che abbiamo deciso di dare il nostro contributo, offrendo una macchina da caffè espresso che permetta a questa piccola comunità di estrarre al meglio tutte le meravigliose caratteristiche dell’eccellente Arabica che produce”.
Tutto ha inizio a Chae Hom, provincia di Lampang,da un’intuizione di tre padri missionari impegnati nella scolarizzazione dei giovani abitanti dei villaggi delle montagne, generalmente figli di contadini,troppo lontani dai centri abitati per poter seguire la scuola. In questo territorio, dalle particolari condizioni climatiche, nel corso degli ultimi anni il re ha imposto una riconversione delle coltivazioni, avviando così la produzione di caffè.
Ed è proprio questa ad aver ispirato i tre missionari i quali, amanti dell’espresso italiano, hanno deciso di acquistare dalle popolazioni montane il caffè crudo,farlo tostare a Chae Hom in uno dei Centri che ospita ragazzi poveri di famiglie provenienti da comunità parrocchiali montane per poi venderlo in grani o macinato.
Un progetto che nell’arco di tre anni ha reso Caffè Bruno – questo il nome dato al brand – uno dei più ricercati Arabica della Thailandia, tanto che nel 2014, dopo essere stato selezionato tra circa 140 caffè di diversa provenienza, ha ricevuto la medaglia d’oro nella categoria espresso non italiano di alta qualità al concorso internazionale “Coffee Tasting”, promosso dall’associazione internazionale assaggiatori di caffè con sede a Brescia. Un premio che riempie d’orgoglio don Bruno Rossi, don Bruno Soppelsa e don Raffaele Sandonà, ideatori e promotori del progetto.
Sulla scia della grande popolarità ottenuta da Caffè Bruno, la parrocchia di Chae Hom ha deciso anche di aprire una caffetteria su una delle arterie principali dirette verso la capitale Bangkok. Qui, grazie ad una macchina da caffè – modello 100 Sprint E - donata alla missione da La San Marco, si estrae un espresso italiano dalle ottime qualità organolettiche. Grazie all’opera di missione di Chae Hom, un progetto di solidarietà made in Italy che si coniuga alla grande passione per il caffè espresso italiano e che reinveste sul territorio tutti i proventi derivanti dalla vendita, sono oltre quattrocento i ragazzi delle ‘tribù dei monti’ che possono seguire un percorso di studi, dei quali circa duecento, troppo lontani per poter fare rientro a casa, sono ospitati negli ostelli costruiti e seguiti dai missionari stessi insieme a dei collaboratori locali.
“Siamo davvero felici di aver contribuito, anche se in minima parte, ad affrancare da una situazione di disagio i ragazzi che vivono nei quattro centri della parrocchia di Chae Hom. Vedere i volti felici di questi giovani e sapere di aver potuto dare una mano ad una realizzazione concreta del loro futuro non può che riempirci di gioia”– conclude Nocera.
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A cura di Matteo Cioffi
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