05 Gennaio 2018
Si diceva “è la stampa, bellezza”, quando la comunicazione e il giornalismo erano unicamente legati alla carta, ai giornali. Oggi, che tutto corre sul filo della ‘rete’, dei siti, dei social, tutto è cambiato: i food blogger coprono un importante spazio nel settore della critica. Nonostante si faccia fatica ancora a capire se questi nuovi reporter siano una minaccia o un’opportunità per il settore professionale legato alla ristorazione. Resta una certezza: il loro lavoro e il loro rapporto con gli chef e i gestori dei locali è importante, fondamentale, unico.
Noi di Qualitaly abbiamo voluto incontrare quelli in ascesa, svincolati da ogni legame o linee commerciali da rispettare, spesso riconosciuti nel loro impiego. “Stiamo parlando del foodie, colui che ama il cibo e ama mangiare, che fa del food porn una religione”, spiega Alice Agnelli, blogger in netta ascesa e pronta a rispondere a due cruciali domande: i food blogger sono una minaccia o una opportunità per la categoria dei ristoratori? E quali sono le caratteristiche vincenti dei migliori ristoratori? “Attraverso la condivisione sui social si può anche creare un tam tam tale per cui i ristoratori possono farsi pubblicità”, sintetizza la Agnelli. La collega Laurel Evans aggiunge: “Dipende sempre da un ristoratore. La minaccia è per chi basa tutto sulla bassa qualità e quindi un blogger può sempre svelare le debolezze. Ma i blogger sono una opportunità. Sincerità: perché noi siamo in realtà dei clienti, certo la reazione e la critica è diretta”. In fondo i food blogger sono davvero delle persone comuni, appassionate e a cui piace condividere le proprie foto, le proprie opinioni, ritiene l’influencer Michael Gardenia. “Chi insegna a cucinare e suggerisce trucchi da usare in cucina, chi ama scoprire posti nuovi, assaggiare piatti esclusivi o tradizionali per poi condividere le proprie impressioni con il pubblico. Oggi chiunque può fare questo, grazie a decine di app che consentono ai locali più curati e con maggior valore di essere posti in maggior risalto dagli utenti stessi. Certo è che gli influencer hanno un potere e un valore in più”. E questo destabilizza il mercato, alza la soglia di attenzione e costringe i ristoratori a soddisfare sempre più i clienti.
FOOD BLOGGER, PERSONE NORMALI
Le caratteristiche vincenti dei migliori ristoratori? Quali sono le mosse per entrare nelle grazie dei blogger. “Il ristoratore deve evitare qualsiasi tipo di errore, sia con un food blogger che con un utente normale”, spiega Gardenia. E questo perché i food blogger sono effettivamente delle persone normali. “Non entrano in un locale in veste professionale, dal momento che potrebbero ricevere un trattamento di favore e il loro giudizio non sarebbe credibile. Succede a volte che un ristoratore riconosca un food blogger, ma in questo caso l’atteggiamento dello staff è sempre coerente. In caso contrario, la figura sarebbe pessima”. Per la Agnelli “la qualità del cibo, la gentilezza e la capacità di scegliere fornitori consentono un consumo e una reazione consapevoli”. Il giudizio è figlio di valutazioni legate a gusto, bontà del piatto e anche immagine, mise en place, servizio, pulizia e soprattutto dettagli. Agnelli: “Per quanto mi riguarda, mi piace giudicare al 100%, l’intera experience”. Irene Berni, guru in fatto di table setting, decorazione d’interni e cucina toscana dice che anche l’occhio vuole la sua parte: “L’immagine e la mise en place sono il biglietto da visita; certo non sostituiscono il piatto, ma lo completano e lo supportano sino a essere ancora più gradevole”. Evans: “Se il piatto è favoloso, deve esserlo anche il bagno. L’illuminazione poi è fondamentale”. Gli errori da evitare, per chi si relaziona con i food blogger sono diversi. Per la Evans “è meglio puntare sul rapporto intimo”. Per la Berni “gli errori nei confronti dei clienti sono molteplici: sta all’intelligenza della persona offesa valutarne la gravità. Personalmente, lavorando strettamente col pubblico, mi immedesimo spesso in chi lavora”. Spesso sul campo a fronteggiarsi, e vivendo di dritte, i food blogger devono essere costantemente aggiornati su tutto e tutti. “Mi piace seguire le segnalazioni dei miei follower, tanto quanto adoro scoprire posti nuovi, viaggiare”, rivela la Agnelli. “Sono una blogger fortunata, non ho bisogno di girare o esser presente perché spesso gli eventi a cui vorrei partecipare avvengono proprio qui”, segnala la Berni. Per Gardenia tutto dipende da quando “alcuni appassionati ed esperti di cibo diventano food blogger apprezzati per la semplicità del proprio stile e la loro sincerità”. Il grado di fiducia che ha un utente nei confronti del food blogger poi fa la differenza, per Gardenia. “In generale penso che i blogger e gli influencer condizionino parecchio il pubblico, in modo positivo. Personalmente sono spesso soddisfatto nel provare quello che i miei blogger preferiti consigliano”. Serve uno zoccolo duro di persone che ti seguono con affetto e costanza, che si fidano e che volentieri seguono i consigli. I food blogger sono in fondo la proiezione dei desideri o delle invidie del lettore: immagini e parole acquistano, a seconda di chi legge, un valore diverso. “Ognuno di noi è unico”, crede la Berni: “i blogger di successo sono quelli che credono fermamente nella loro unicità, che sanno capire qual è il loro talento e perseverano. È normale seguire chi crede in sé”. Dipende dalla persona se è tanto influenzabile e dipende dalle occasioni. “Nel mio caso mi seguono solo per il mio gusto”, taglia corto la Evans.
DIVENTARE BLOGGER
Si diventa food blogger per amore, per passione. Berni: “Per lavoro, al momento dell’apertura del sito web, ho aperto anche un mio blog e a poco a poco sono diventata... una blogger. Ho imparato a usare questo meraviglioso strumento di comunicazione che mi ha permesso di raccontare in modo più intimo chi sono e cosa faccio”. Qui tutti oggi sono molto “affascinati dagli chef, da come, con maestria e padronanza, individui amoreggino con ingredienti speciali, trasformandoli in piccoli miracoli”. La Agnelli aggiunge: “Mi tengo aggiornata anche quandomi riunisco con gli amici, che a volte sono anch’essi blogger. Ma non sono in fondo incontri mirati, sono spinti dalla voglia di stare insieme e di raccontarci”. Un blogger è seguito e spesso invidiato. Ha una sua unicità, una sua credibilità, una fama che lo precede. “Ci sono eventi stampa o similari a cui gli influencer vengono invitati. Quella è un’ottima occasione per conoscersi e ritrovarsi”, sottolinea Gardenia. Ogni settore ha la sua unicità e peculiarità. Rivolgere la propria attenzione a un determinato focus è oggi d’obbligo: “Penso che il cibo possa essere abbinato in qualsiasi contesto: mangiare è una necessità, ma è anche un piacere e dipende dal proprio stile di vita. Quindi è moda, è viaggiare, amare e tanto altro. Bisogna solo stare attenti alla linea”. Una generazione di lurker: insomma, voyeur 2.0. Tutto cambia perché nulla cambi: “è sempre esistita la curiosità delle vite degli altri, grazie a questa massima”. La Berni è perentoria: “Ciò che è cambiato è la voglia di farsi vedere, l’esibizionismo che, merito o colpa dei social, ha spinto tutti a mostrarsi talvolta anche in modo eccessivo”. Gardenia rincara: “Esiste un momento di ricerca e uno di decisione da parte dei consumatori, successivamente ognuno può dire la propria opinione, condividere. Con i social network è ancora più semplice”.
“QUELLO CHE PIACE A IRENE”
L’ispirazione del suo stile, rustico ma con charme, è nel suo libro “Quello che piace a Irene”. Irene Berni fornisce spunto sui social dalla sua vita quotidiana del Valdirose, il suo bed and breakfast sulle colline toscane. Un sito e un blog, valdirose.com, due realtà che coesistono. “Il mio sito web e il mio blog sono la stessa cosa. Come ogni attività, un sito necessita di un blog in cui raccontarsi e raffrontarsi: è un modo per avvicinarsi alle persone, raccontarsi”, spiega la Berni, che su Instagram invece segue molti ristoranti e hotel spesso non italiani. “Racconto tutto ciò che mi piace. Trovo invece estremamente scorretto utilizzare un post per distruggere il lavoro altrui: spesso dietro ad un errore di un ristoratore o di un negozio si nascondono motivazioni che non si possono comprendere”.
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A cura di Matteo Cioffi
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