23 Agosto 2018
A questa scelta non poteva che plaudire chi oggi gestisce la scuola che porta l’impronta del grande chef. «Gualtiero Marchesi – afferma Andrea Sinigaglia, direttore generale di ALMA - è stato nostro Rettore per anni e la scuola è stata plasmata dal suo pensiero di cucina totale, che andava al di là del piatto e coinvolgeva tutta l’esperienza gastronomica. Marchesi amava inserire elementi culturali e artistici nell’esperienza gastronomica. Il tributo che gli viene reso è per noi fondamentale perché la nostra scuola è tuttora molto legata al suo nome, vive dell’eredità che ci ha lasciato. Nei nostri insegnamenti diamo totale importanza alla scelta degli ingredienti. Insegniamo la cucina italiana delle regioni e della stagionalità. Ai nostri insegnanti fissi aggiungiamo un pool di 100 grandi chef italiani che portano i loro prodotti e ricette, che contengono elementi di attualità e l’antichità di una sapienza dei loro territori. La mission di ALMA è quella di portare nel mondo il patrimonio dell’agroalimentare italiano attraverso la formazione di eccellenza degli operatori della ristorazione: cuochi, operatori di sala, pasticceri, sommelier… Chi esce da ALMA ha avuto una formazione molto legata ai prodotti tipici, conosce la differenza tra un prodotto tipico originale e uno mistificato e ha le carte in regola per diffondere questa conoscenza».
CRESCERE ATTRAVERSO IL CONFRONTO
Come ALMA anche gli istituti alberghieri di tutta Italia sono molto attenti a insegnare le tipicità italiane. L’istituto Carlo Porta di Milano affianca la preparazione teorica a quella pratica. «A livello teorico – spiega la dirigente Rossana di Gennaro, di recente nomina – alcuni rappresentanti dell’ufficio parlamentare dell’UE hanno tenuto presso di noi delle conferenze sulla specificità del prodotto italiano e sui mezzi per garantirla, proteggerla e promuoverla. A livello pratico partecipiamo a scambi con altre scuole, sia italiane che estere (i ragazzi sono appena stati in Norvegia) in cui ciascun gruppo cucina e fa conoscere i propri prodotti tipici. La professionalità dei ragazzi è migliorata negli anni: sono consapevoli di quello che fanno e sono in grado di illustrarlo ai compagni di altre scuole e zone del Paese. A questo percorso affianchiamo degli incontri dedicati a docenti e alunni sull’alimentazione sana». La formazione è destinata anche al personale di sala, cui sono dedicati corsi sulla degustazione degli olii, sui piatti che possono essere preparati davanti al cliente, sulla comunicazione…La di Gennaro apprezza l’idea di dedicare un intero anno al cibo italiano. «È importante – afferma - nell’ottica di enfatizzare il tema dell’alimentazione sana, attraverso la tipicità del prodotto, la provenienza, le tecniche di preparazione tradizionali…ben venga l’attenzione che si può dedicare a questa tematica». Una delle scuole con cui il Carlo Porta ha effettuato uno scambio è l’Istituto di formazione professionale alberghiero di Rovereto e Levico Terme. «Nella sede di Levico Terme – racconta il dirigente Federico Samaden – c’è un ristorante didattico aperto al pubblico, gestito dai ragazzi del 4° anno. Nel corso di specializzazione in cucina regionale ruotano ogni anno 4 regioni. Quest’anno tocca a Piemonte, Lombardia, Sicilia e Campania, che mandano per 4 o 5 giorni da noi un gruppo di studenti di un altro istituto accompagnati da un docente. I nostri ragazzi studiano con gli ospiti il menù, lo mettono in opera, lo presentano e continuano a proporlo per due settimane. Così approfondiscono la conoscenza dei prodotti di altri territori italiani.
Nella nostra preparazione teniamo molto anche all’educazione alimentare, attraverso la conoscenza degli aspetti nutrizionali dei prodotti e l’elaborazione di menù equilibrati». Per Samaden l’attenzione al cibo è importante, ma non basta. «Proponiamo un corso di alta formazione in hospitality management - spiega - dove ragazzi di circa 20 anni gestiscono un albergo didattico. Anche in questo caso, ci sono scambi e contaminazioni con altre scuole. Credo che questo sia il modo migliore per trasferire le conoscenze. Apprezzo la scelta dei Ministri, ma credo sia importante sottolineare che il food è espressione di un territorio e parte di un concetto più ampio di ospitalità. Secondo me occorre promuovere l’ospitalità italiana e l’anima dei territori e all’interno di questo percorso valorizzare anche il cibo».
UN’IDEA APPREZZATA
Spostandosi verso sud, l’approccio non cambia. «Nel nostro lavoro quotidiano – spiega Giovanna Ferrante, dirigente dell’Istituto Marchitelli di Villa Santa Maria (Ch) - usiamo i prodotti del territorio, cerchiamo di farli scoprire ai ragazzi e di esplorare il territorio attraverso le sue tipicità. Le due scoperte vanno di pari passo e si completano a vicenda. Insegniamo a porre al centro del piatto la qualità del prodotto alimentare. In questo collaboriamo molto con le aziende locali: la formazione comprende visite e stage e si completa facendo pratica con l’utilizzo di questi prodotti. Cerchiamo poi di rendere più consapevoli i ragazzi, attraverso il confronto con sapori e saperi di altre zone italiane e non solo: stiamo iniziando un progetto con una scuola francese. È una prassi comune per le scuole alberghiere fare degli scambi e credo che questo sia un elemento di crescita per i ragazzi». Quanto alla scelta di dedicare un intero anno al nostro cibo, la Ferrante la ritiene una buona idea. «Il cibo italiano – sostiene - già gode di grande successo, ma intitolargli un anno in quanto elemento che accomuna gli uomini mi sembra molto positivo».
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A cura di Matteo Cioffi
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