16 Gennaio 2019
Breganze, un punto sulla cartina. Su quella dell’Italia, per vederlo, bisogna guardare in alto, a destra, in Veneto, poco sotto l’altopiano di Asiago. Due fiumi, il Brenta e l’Astico, a ravvivare un paesaggio caratterizzato da verde, vigne e dolci colline. Il punto qui non è tuttavia il paesaggio – comunque bello – ma le sue potenzialità. Roba vera, senza punti di domanda, ma con tanti punti esclamativi. Uno di questi è legato alla produzione di un vino dolce: il Torcolato. Nome strano diranno alcuni, ma che in realtà ha a che vedere con una pratica specifica che, per altro, rappresenta il punto di partenza della produzione di questo vino: il torcere i grappoli tra loro, prima di metterli ad appassire in fruttaio. Il vitigno? Vespaiola, nome che potrebbe interessare un entomologo oppure Cesare Cremonini che, magari, ci percorrerebbe i saliscendi dei colli di Bologna. Al di là delle origini del nome il punto forte di quest’uva è il gusto, comunque agile, nonostante l’appassimento, per quel suo saper mescolare morbidezze e dolcezze, acidità e salinità. Quest’equilibrio gustativo, per nulla precario, ha permesso al Torcolato di avere un posto fisso non solo nel panorama dei vini dolci italiani, ma, di fatto, anche tra quelli prodotti in Europa.
NON SOLO TORCOLATO
Breganze tuttavia non è un’area legata solo al Torcolato, come dimostrano gli altri vini, bianchi e rossi, che compongono la Doc Breganze. Tra i rossi, al di là del Marzemino ereditato dal vicino Trentino, diversi vitigni internazionali: Pinot Nero, Cabernet, da intendersi nel senso più ampio del termine, e Merlot. Vitigni di mondo, perché piantati praticamente ovunque, ma che qui sembrano essere a cosa propria. Merito della singolarità del microcosmo di Breganze. Unicità del clima certo, qui temperato sia dalla presenza di fiumi sia da quella delle prime colline dell’Altopiano di Asiago, utili a proteggere i vigneti dai venti freddi del nord.
LA RICCHEZZA DEL SUOLO
Tuttavia il punto di forza di quest’area sono i terreni. Un punto a favore per i vini di queste parti, che godono di un pavimento geologico vario, ma a sua volta ben definito. Suoli ricchi, per certi versi grassi, in prossimità dei fiumi, in grado quindi di dare origine a vini generosi, ma anche terreni calcarei che permettono alle etichette che da essi derivano il poter vantare sorsi in grado di superare, senza sforzi, la prova costume del gusto a suon di snellezza di beva e facilità di abbinamento. Il catalogo non è completo senza i terreni, piuttosto diffusi a Breganze, di origine vulcanica.
CHIAMIAMOLA SAPIDITÀ
Se una delle mode più recenti del vino è quella di bagnarsi la bocca con la parola mineralità personalmente preferisco la semplicità e l’intuitività della parola sapidità- i terreni ottenuti dalla sedimentazione di eruzioni vulcaniche, magari svolte in differenti epoche, sono, probabilmente, quelli che possono maggiormente incidere sotto questo aspetto sui vini che da essi derivano. Una sapidità a volte nitida, altre più sottile, che completa e, a suo modo caratterizza, i vini rossi, compresi quelli a base Cabernet e Merlot. Vini che perciò a Breganze sanno mostrare tipicità varietale e aderenza territoriale. Il merito di questa espressività unica va condiviso con i produttori della Doc (Az. Agr. Basta, Cà Biasi, Diesel Farm, Io Mazzuccato, Le Vigne di Roberto, Firmino Miotti, Vignaioli Contrà Soarda, Villa Angarano, Eredi Vitacchio Guerrino, Giuseppe Bonollo, Cantina Beato Bartolomeo da Breganze, Col Dovigo, La Costa, Maculan, Transit Farm, Vigneto Due Santi e Villa Magna). Singoli vigneron o cantine cooperative che hanno capito che per spuntarla, oggi, nel mondo del vino, servono punti di vista differenti – parlo di stili – ma anche i punti fermi (da intendersi come unicità di territorio). Punto.
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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