19 Febbraio 2019
Una cosa è certa. Con l’emanazione del Decreto Dignità voluto dal governo e appena convertito in legge dal Parlamento, non sarà più possibile promuovere i prodotti di gioco con vincita in denaro. È scritto chiaro e tondo nella legge: “è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici digitale e telematici, compresi i social media”. Rendendo quindi inequivocabile la ratio del provvedimento. Tanto più che la stessa legge estende il divieto, a partire dal 2019, “anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti”. Quello che è assai meno chiaro, invece, è ciò che effettivamente può e deve essere considerato una “pubblicità” o una “promozione” di questo tipo di giochi. Al punto che, all’indomani dell’approvazione definitiva della legge, si rincorrono una serie di quesiti, destinati a sfociare in una serie contenziosi, se non arriveranno chiarimenti da parte del Legislatore. Nonostante la norma sembri includere qualunque cosa all’interno del divieto, esistono degli ambiti di applicazione che richiedono approfondimenti. Se non addirittura una disciplina specifica. Si pensi per esempio alle insegne che sono oggi posizionate all’esterno dei locali e in particolare sulle soglie dei tabaccai, per indicare determinati servizi di gioco, come quello di ricevitoria: quand’è che un’insegna può configurarsi come un mero servizio di informazione alla clientela senza ricadere nell’ambito della pubblicità? Non essendo stato previsto un esplicito esonero nel testo di legge, ci si aspetta che il Legislatore fornisca opportuni chiarimenti, per consentire a operatori ed esercenti di adeguarsi. Considerando anche l’analoga riflessione che si può avanzare non solo per le insegne nel senso stretto del termine, ma anche per le vetrine dei locali (di gioco e non), che certo non potranno trasformarsi in “pareti da affissioni” e svolgere un ruolo di richiamo per i giocatori: ma è pur vero che l’ipotesi di rendere questo tipo di locali completamente indistinguibili da altri edifici, potrebbe tradursi in una sorta di divieto dell’attività di gioco, e non della sola pubblicità, come afferma la legge. Per un’altra fattispecie che merita senz’altro una risposta. Ma i dubbi non riguardano soltanto gli esterni dei locali, anzi. Anche all’interno, in effetti, lo scenario non è poi tanto chiaro, e gli operatori si chiedono cosa si potrà fare e cosa no, una volta scaduto il termine transitorio di un anno concesso per le promozioni già in essere alla data di entrata in vigore del decreto (13 luglio 2018). E c’è già chi si chiede se la mera esposizione di un tagliando della lotteria (non quella nazionale, unica esonerata dal divieto, ma piuttosto di quella istantanea alle spalle di un bancone, sarà da considerare una promozione, oppure no. Una serie di domande già pervenute sul tavolo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ma che dovranno transitare per l’Autorità Garante delle Telecomunicazioni (Agcom).
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A cura di Matteo Cioffi
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