pubblici esercizi
26 Febbraio 2019Un esercito di aziende, imprese, alberghi, ristoranti, moltissimi nati negli anni ’60 e ’70, sono giunti alla tappa del passaggio di consegne in Italia. Paese che invecchia: basti pensare che da noi il 23% dei ‘leader’ di aziende familiari ha più di 70 anni, e nei prossimi cinque anni una su cinque prevede un passaggio alla generazione successiva.
ALTO TURNOVER E CREATIVITÀ IN CUCINA
Ma quali sono le specificità del settore ristorativo? “Nella ristorazione il passaggio generazionale è più veloce perché subentrano elementi di affaticamento fisico che non consentono di protrarre il lavoro fino a tarda età – dice Federica Montaguti, ricercatrice senior del Ciset, Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica, che qualche anno fa ha svolto una ricerca sul tema”. Se il problema è nazionale, ed è oggetto di corsi, convegni e seminari, per quanto riguarda la aziende di ristorazione è poco considerato “anche perché il tasso di nascita e mortalità in questo ambito è molto alto: la maggior parte delle volte il ristorante chiude, o apre altrove con un altro nome”. “Non ci sono manuali, ho dovuto inventarmi tutto da me pescando da altre discipline conferma Stefania Moroni, “figlia d’arte” impegnata nel bistellato il Luogo di Aimo e Nadia – La ristorazione è un mondo sempre più complesso e necessita di cultura, preparazione, orizzonti ampi”. Le difficoltà insomma sono tante. Rispetto alle imprese manufatturiere, dove spesso il titolare ha competenze manageriali che sono più facilmente rimpiazzabili, nelle imprese di ristorazione il titolare riunisce spesso in sé abilità creative, gestionali e relazionali. Che non sempre i figli posseggono. “In questo caso bisogna essere consapevoli dei propri limiti e decidere di dare un altro tipo di contributo. Ma all’interno di una famiglia non sempre è facile essere onesti con se stessi, e i rapporti sono a volte complessi” dice Stefania Moroni.
AIMO E NADIA, IL TESTIMONE È PASSATO (E FUNZIONA)
Il Luogo di Aimo e Nadia, 2 stelle Michelin, è un caposaldo della ristorazione milanese dagli anni ‘80 grazie a una cucina innovativa nella tradizione, con grande attenzione alle materie fin da quando nessuno ne parlava. Nato nel 1962, in tempi recenti ha dovuto affrontare il passaggio di consegne dei coniugi Moroni, entrambi creativi, entrambi in cucina. Ecco com’è andata nelle parole della figlia Stefania. “Il problema principale è stato pensare al ricambio in cucina. Ho richiamato Alessandro [Negrini, co-chef con Fabio Pisani] che aveva già lavorato da noi per condividere un progetto di ampio respiro. È stato lui a presentarmi Fabio. È stato un dialogo a cinque, io, loro due e i miei genitori, ci è voluta molta pazienza condita da grandi discussioni e scambi di idee. I tempi? Il processo è iniziato nel 2006 e i miei genitori si sono ritirati definitivamente nel 2012.
PROBLEMI...
Quando un figlio decide di entrare nel ristorante di famiglia, il problema che si pone è quello di mantenerne alta la tradizione e il nome, innalzando il livello di marketing, ma anche rileggere il menu con nuove proposte che incontrino, oltre che il gusto dei clienti e l’esprit du temps, anche l’efficienza produttiva. “Le problematiche emerse nella nostra ricerca riguardavano gli aspetti burocratici e le novità normative, le richieste di una maggiore professionalità, il rapporto con lo chef non di famiglia, con la messa in discussione del ruolo di leadership della nuova generazione, e la questione delle nuove tecnologie, in particolare riguardo ai sistemi di prenotazione” spiega Montaguti.
...E SOLUZIONI
Il primo consiglio è quindi prevedere una formazione specifica dei successori, con corsi manageriali e un periodo di lavoro fuori dell’impresa di famiglia, anche all’estero. “Abbiamo visto che in questi casi al rientro i figli avevano meno difficoltà a gestire i collaboratori storici, avevendo acquisito competenze che gli permettevano di evitare di protrarre comportamenti e soluzioni tipiche dell’impresa famigliare”. È anche utile ridurre il più possibile il periodo di affiancamento delle generazioni, fissando una data precisa per il passaggio di responsabilità. “La situazione tipica nei ristoranti è quella di due figli, uno in cucina l’altro in sala, con il senior che mantiene un ruolo di coordinamento, rimanendo il fulcro decisionale dell’azienda” dice Montaguti. Perché un problema specificamente italiano è questo; la confusione tra famiglia e azienda, con ruoli non ben definiti e interferenze tra le due sfere.
IL MONDO CAMBIA
Certo è che il mondo in una generazione è molto cambiato. Dentro e fuori dal ristorante. Negli ultimi dieci anni sono aumentati livello di professionalità e complessità del settore, ma anche la concorrenza. E non sempre i “senior” se ne rendono conto, o sono in grado di adeguarsi alle nuove richieste della clientela. “La struttura gerarchica all’interno della famiglia tende a sfumarsi. Spesso le generazioni più anziane trovano difficile confrontarsi, ad esempio, con le nuove tecnologie, i social, settore dove i figli hanno maggiori competenze e sensibilità. Ed è un mondo che ormai nessuno può permettersi di ignorare. Va lasciato loro spazio” dice Stefania Moroni.
UNA STELLA IN FAMIGLIA
Già, lasciare spazio. Perché sono tanti anche i casi in cui l’allievo supera il maestro, trasformando il ristorante di famiglia in una meta gourmet. Tra i 10 chef pluristellati italiani con i maggiori fatturati, moltissimi provengono da famiglie di ristoratori, dagli Alajmo ai Cerea, a Niko Romito. Ora sono famosi (anche) grazie a genitori che hanno dato loro fiducia, capendo e coltivando il loro talento. Esortandoli a fare esperienze all’estero. E facendo un passo indietro quando li hanno visti pronti a partire. Ancora una volta, la ricetta è questa: capacità di ascolto, un pizzico di umiltà, visione verso il futuro. Diverso, certo, ma anche stimolante e ricco di sfide e opportunità.
LE “DRITTE” PER UN PASSAGGIO CORRETTO
• Essere consapevoli dei propri limiti
• Formulare una strategia e darsi tempi certi per il passaggio di consegne
• Predisporre per i figli un periodo di formazione fuori dal ristorante di famiglia, anche all’estero
• Ascoltare reciprocamente le idee e le esigenze
• Gestire i conflitti e le situazioni critiche per arrivare a una conclusione comune
• Vietato trincerarsi dietro un “si è sempre fatto così”: i tempi sono cambiati
• Improvvisare è sempre più difficile, sia al momento dell’apertura sia nel passaggio di consegne: può essere utile rivolgersi a un consulente esterno
• Abituare i clienti alla novità, gradualmente
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A cura di Matteo Cioffi
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