05 Gennaio 2019
Aiutano ad ampliare l’offerta, a controllare i costi, a organizzare gli acquisti e il lavoro in cucina, a ridurre il consumo di acqua, il tutto senza inficiare la sicurezza alimentare e la qualità del piatto. Eppure sono ancora penalizzati dall’obbligo dell’asterisco. Parliamo dei surgelati, preziosi alleati degli chef nella loro attività quotidiana, in tutti i livelli di ristorazione.
«I vantaggi derivanti dall’uso di questi prodotti – afferma Vittorio Gagliardi, presidente Istituto Italiano Alimenti Surgelati (IIAS) – sono molteplici, anche per chi cucina a livello professionale. Il surgelato allunga la durata del prodotto acquistato, pur avendo le stesse proprietà del fresco. È porzionato e porzionabile, quindi si può prelevare solo la quantità necessaria e si riduce lo spreco. Il surgelato libera la fantasia dello chef: col surgelato di qualità si riesce a realizzare qualunque ricetta, a prescindere dalla stagione, perché l’offerta è vastissima. Possono essere usati come semilavorati da personalizzare al momento del servizio e permettono anche di pianificare la spesa».
L’unica criticità è quella della conservazione: se cattiva, può inficiare la qualità del prodotto acquistato. Per questo è essenziale rispettare la catena del freddo, evitando scongelamenti, anche parziali che compromettono la qualità organolettica del prodotto, pur non comportando necessariamente problemi a livello di sicurezza alimentare. La catena del freddo va mantenuta sia durante il trasporto, che deve avvenire con mezzi idonei a temperatura controllata, che nei luoghi di somministrazione. Per legge gli alimenti surgelati vanno conservati nel congelatore, a temperature inferiori a -18°C. Per essere sicuri di ottenere questo obiettivo sarebbe opportuno impostare lo strumento a una temperatura compresa tra -20°C e -25°C, optando per modelli con sistemi di sbrinamento automatico, da controllare e manutenere periodicamente. «È importante che il cuoco che utilizza i surgelati – sottolinea Gagliardi - sia istruito e sappia come gestirli correttamente, se questo avviene i risultati si vedono. Una cattiva gestione del surgelato penalizza anzitutto lo stesso ristoratore».
PIACCIONO AGLI CHEF
Roberto Carcangiu, presidente APCI – Associazione Professionale Cuochi Italiani, è favorevole all’impiego dei surgelati nelle cucine professionali. «Per me – afferma - vale esattamente lo stesso approccio del fresco: la questione non è se usarlo o meno, ma scegliere quelli buoni. Nel surgelato, infatti, come nel fresco, c’è una prima, una seconda, una terza scelta e la qualità del prodotto dipende sia dalla materia prima di partenza, sia dal processo di surgelazione impiegato». Lo chef accorto ha gli strumenti per riconoscere un surgelato di qualità, si tratta di test empirici – in un certo senso “casalinghi” – ma indicativi. «Per valutare la materia prima impiegata – spiega Carcangiu – si osserva il colore, la pezzatura, la consistenza. Per esempio, se un vegetale è tenace e compatto è di buona qualità, se dà una sensazione come di “svuotato” non lo è. È possibile anche valutare la qualità del processo produttivo impiegato, ancora prima di degustare il prodotto. Basta prendere il surgelato, avvolgerlo in una salvietta di carta e vedere quanta acqua perde scongelandosi. Più acqua perde, peggiore è stato il processo di surgelazione. In ogni caso è preferibile scegliere prodotti surgelati con la tecnologia IQF, ovvero a piccoli pezzi, che quelli a mattonella. La tecnologia IQF, infatti, garantisce una migliore qualità del processo di surgelazione (più rapido perché il rapporto superficie/volume di prodotto da surgelare è più favorevole) e permette di scongelare solo la quantità che serve». I vantaggi derivanti dall’utilizzo dei surgelati nella ristorazione sono diversi: non ci sono sprechi (si preleva dalla confezione solo il quantitativo che serve), il prodotto è pronto per essere cucinato, non servono pre-trattamenti, come lo sbianchimento della verdura, non bisogna dedicare personale e ore lavorative alla preparazione degli ingredienti, non è necessario fare la spesa quotidiana. «E non parliamo del risparmio di acqua - sottolinea Carcangiu - per pulire una cassa di spinaci occorrono mediamente 400 litri di acqua. Io credo che sommando tutti questi risparmi operativi si compensi il prezzo maggiore del surgelato rispetto al fresco, senza compromettere la qualità del risultato finale».
QUESTIONE DI ASTERISCO
Resta da sciogliere un nodo, quello dell’obbligo di apporre un asterisco sul menù accanto ai piatti preparati utilizzando surgelati. «Credo che si dovrebbe “fare la guerra” più agli additivi che al freddo – commenta –. I clienti sono ancora molto sensibili al tema “asterisco”. È ovvio che 30 o 40 anni fa i surgelati erano diversi da quelli di oggi, quindi la legge si dovrebbe adeguare. Noi ristoratori e cuochi stiamo lavorando per sdoganare l’uso dei surgelati nel menù, io stesso ci metto la faccia. E credo che ristorazione e industria debbano lavorare a braccetto per far evolvere il consumatore. Quello che importa è che un piatto sia buono o meno, non tanto che sia fatto con i surgelati o col prodotto fresco». L’identità di vedute con il mondo della produzione c'è. «Quello dell’asterisco – afferma Vittorio Gagliardi -continua ad essere un tema caldo, perché è penalizzante sia per la categoria di prodotti che per chi li usa. Per legge è previsto solo in Italia e a Creta, in nessuna altra parte del mondo. Mi sento di poter affermare che è un’indicazione quantomeno anacronistica e anomala. Però è obbligatorio e dobbiamo trovare il modo di veicolarlo in maniera positiva: asterisco come sinonimo di qualità e sicurezza alimentare. Così come si mangiano i surgelati a casa (e i dati di mercato lo dimostrano) è possibile farlo anche al ristorante, con la stessa tranquillità. Il ristoratore deve fare cultura in questo senso».
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