19 Giugno 2019

Surgelati: le false credenze tutte da sfatare

di Elena Consonni


Surgelati: le false credenze tutte da sfatare

Gli Italiani apprezzano i surgelati, ma ancora non li conoscono del tutto. È quanto emerge da una ricerca demoscopia condotta da Doxa per conto di Istituto Italiano Alimenti Surgelati (IIAS) e recentemente presentata a Milano. Lo scopo era quello di scoprire, attraverso interviste telefoniche somministrate a un campione rappresentativo della popolazione, quanto gli italiani siano propensi ad acquistare surgelati e quanto effettivamente li conoscano. Cominciamo con qualche numero, che conferma come gli italiani amino i surgelati. “Il 7% – ha affermato Paolo Colombo, ricercatore Doxa – li consuma tre o più volte alla settimana, in pratica un giorno sì e uno no. Il 37% una o due volte la settimana. Complessivamente, quindi il 44% li consuma almeno una volta a settimana. Solo il 19% dichiara di non consumarli mai. In altre parole, 4 italiani su 5 sono consumatori più o meno regolari di surgelati”. Entrando nel dettaglio, tra gli acquirenti abituali, il consumo è più maschile che femminile (li scelgono il 39% delle donne contro il 49% degli uomini) e in un target di età intermedia (35-54 anni). Anche i consumatori più giovani dimostrano di apprezzare il prodotto, mentre nelle fasce di età più avanzate i consumi sono più bassi, anche perché forse c’è più tempo da dedicare alla cucina. Quanto alle aree geografiche, i consumi sono superiori alla media in Centro Italia, mentre il Nord Est è l’area più debole. I dati ricavati dall’indagine confermano il buon andamento (circa +2%) fatto segnare dai surgelati nel 2017, sia nel retail che nel foodservice. “Questi numeri – afferma Vittorio Gagliardi, presidente di IIAS – dimostrano come i surgelati siano entrati nella routine culinaria degli italiani. Il nostro settore ha reagito alla crisi meglio della media del comparto alimentari. Sono cresciute, in particolare categorie come ittico (+5%), pizze (+2,1%) e ricettati (+1,9%). Questa ultima cifra è molto soddisfacente perché i piatti pronti hanno molto risentito della crisi e ora si stanno riprendendo. Da questo dato, inoltre, emerge che se durante la crisi i parametri che avevano guidato i consumi erano la salute e il benessere, ora anche il servizio è tornato a essere un driver delle scelte dei consumatori. Per quanto mi riguarda, credo molto nella crescita del ricettato, a patto che le aziende mantengano l’uso di ingredienti e di tecnologie di qualità, nel rispetto delle abitudini alimentari italiane e dell’equilibrio nutrizionali, perché il binomio salute-benessere è sempre un criterio di scelta primario”.

QUALCHE DUBBIO DA CHIARIRE
Ma l’apprezzamento per i surgelati si traduce in una reale conoscenza dei prodotti? Anche questo ha indagato la ricerca. “I surgelati sono prodotti molto amati – commenta Massimiliano Dona, presidente UNC - Unione Nazionale Consumatori – ma non sempre i consumatori ne sanno abbastanza”. Dalle risposte ottenute attraverso l’indagine Doxa, gli operatori della filiera possono trarre numerosi spunti per focalizzare la propria comunicazione sugli aspetti ancora poco chiari. Tanto per cominciare, poco meno della metà degli italiani (48,5%) conosce la differenza tra surgelato e congelato, ma circa uno su tre, nonostante dichiari di sapere che “surgelato e congelato non sono sinonimi”, ammette di non conoscerne bene le differenze. Sono prevalentemente i giovani e le donne ad avere le idee più confuse (il 16,2% degli under 35 e l’11,5% delle donne rispetto all’8,7% del totale Italia). Più o meno la stessa percentuale (il 46,4%) sa che a casa è possibile congelare, ma non surgelare; il 43,5% non ne è consapevole e sono in prevalenza le donne (48,9%) a mostrare questa lacuna. Veniamo allo scongelamento. Il 48,1% del campione lo fa in frigorifero; il 45,5% lascia l’alimento a temperatura ambiente, mentre il 3% usa l’acqua corrente calda. Spesso, la maniera migliore per scongelare il prodotto è di farlo rinvenire direttamente in padella. I produttori dovrebbero indicare chiaramente in etichetta il modo migliore per utilizzare il proprio alimento. Anche sul fatto che un alimento scongelato possa essere ricongelato le idee sono poco chiare: 9 italiani su 10 non sanno che si può fare, se prima il surgelato viene sottoposto a cottura. Anche in questo caso la comunicazione attraverso la confezione potrebbe aiutare a conoscere meglio i surgelati e a ridurre gli sprechi. Anche sul tema conservanti non tutti i consumatori hanno le idee chiare: il 66% è consapevole che il freddo è l’unico conservante, ma una quota non trascurabile, il 26% pensa che siano pieni di additivi per aumentarne la shelf-life. Troppi, considerando che per legge i surgelati non devono contenere alcun conservante aggiunto per allungarne la vita.

ETICHETTA IN PRIMO PIANO
Sarebbe bene che anche questa informazione venisse ribadita dai produttori attraverso l’etichetta (sempre che ci sia spazio per tutto!). Infatti dalla ricerca Doxa emerge che il 72,9% degli italiani legge le etichette e rispetta le indicazioni date; l’8,8% le legge ma non le rispetta. Purtroppo ancora il 18,3% non le legge. È auspicabile, ovviamente, che tale percentuale si riduca tendendo allo zero, perché le etichette contengono informazioni utili per conservare e preparare adeguatamente i surgelati. “L’etichetta deve essere completa  ha sottolineato Giorgio Donegani, tecnologo alimentare – ma comprensibile e compatibile con possibilità di comprensione di chi legge. La lista degli ingredienti è uno degli elementi che devono essere obbligatoriamente presenti per legge. Assistiamo al fenomeno per cui tale elenco sta diventando sempre più corto, ma questa “brevità” deve corrispondere alla realtà di alimenti realizzati con pochi ingredienti e non deve nascondere mistificazioni. Il termine “senza” deve essere usato in maniera corretta e puntuale”. “Il marketing del free from – ha aggiunto Massimiliano Dona – può essere pericoloso, e deve essere perseguito in modo da non risultare ingannevole. Pensiamo al caso olio di palma: può essere sostituito, ma non da grassi peggiori. Negli Usa la strategia del “senza” è arrivata al paradosso dell’acqua minerale cholesterol free”. Anche i produttori di surgelati dovrebbero riflettere su queste provocazioni nel redigere le proprie etichette.

CONTENUTO NUTRIZIONALE: ANCORA TANTA CONFUSIONE
Ci sono altri aspetti su cui ci sarebbe da migliorare l’informazione al consumatore, in particolare quello del contenuto nutrizionale dei surgelati. Per esempio, il 69,6% degli italiani, pensa che le verdure surgelate abbiano meno nutrienti rispetto a quelle fresche, se si parla di pesce, tale quota scende al 48,9%. Di fatto il processo di surgelazione, mantiene il profilo nutrizionale del prodotto fresco. Le aziende che lavorano le verdure sono strutturate su modelli di filiera corta, in modo che dal raccolto alla surgelazione passi molto meno tempo di quello che richiederebbe la filiera dell’ortofrutta fresca. Lo stesso vale anche per il pesce, che ormai viene quasi esclusivamente surgelato a bordo delle navi fattoria, immediatamente dopo la pesca. Questo comporta la sicurezza igienico sanitaria dell’ittico surgelato (peraltro riconosciuta da oltre la metà del campione interpellato). Infine la ricerca ha indagato l’opinione che l’italiani hanno riguardo una questione che tanto disturba gli operatori del settore: l’obbligo di apporre etichetta un asterisco per indicare l’uso di ingredienti surgelati. Qui gli italiani sono divisi, per il 52,7% reputa la presenza dell’asterisco un’informazione utile e che spesso condiziona negativamente la propria scelta, mentre il 47,3% non ne viene condizionato. “Il settore – ha commentato a questo proposito Vittorio Gagliardi – dovrebbe imparare a vivere questo obbligo come l’opportunità di comunicare al consumatore al ristorante che l’ingrediente utilizzato proviene da una filiera sicura, che non usa conservanti e che mantiene le proprietà del prodotto fresco”.

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