mixology
15 Gennaio 2024I sapori autentici, la gran parte degli ingredienti e l’approccio vengono dal Giappone ma c’è tanta passione italiana da Sentaku Izakaya. E anche spirito imprenditoriale, con quell’attenzione ai desiderata attuali del cliente – la voglia di leggerezza, l’attenzione allo scontrino, la convivialità - oggi fondamentale se si vuole aprire un locale.
Per Claudio Alessandro Musiani, imprenditore bolognese, è il terzo dopo il gettonatissimo Sentaku Ramen Bar e il Nasty Burger Bar. Locali che puntano sull’autenticità, delle ricette e degli ingredienti: “Ho avuto la fortuna di viaggiare tanto fin da piccolo e vorrei dare a chi non ha la possibilità di farlo l’esperienza degli autentica sapori del luogo d’origine” ci dice.
Questo nuovo locale Musiani, che soprintende la cucina, lo ha aperto (lo scorso 16 dicembre) con il socio Nicolò Ribuffo, artefice del primo Rooftop bar di Bologna. Due esperti rispettivamente di food e di drink insomma, in sintonia con la proposta. Ispirata all’izakaya, il bar tipico giapponese che serve alcolici e snack, simili alle tapas spagnole, molto frequentato nel dopo lavoro.
Il locale è elegante ma caldo, centralissimo (in via Marchesana 6), con un dehors per chi vuole bersi una cosa veloce ma pensato anche per attendere il proprio posto all’interno (la politica è quella di non accettare prenotazioni). Dentro, un banco bar “a doppia onda” ideato da Valentino Creatura, oggi consulente ma fino a poco fa nel team del Paradiso di Barcellona. E poi piccoli tavoli avvolti in un cono di luce e un lungo tavolo che invita alla condivisione, così come alcuni piatti presenti in carta. Lo scontrino medio è sui 30 euro, birretta compresa che privilegia il ritorno, così come il menù che cambierà ogni mese.
IL CLIENTE IDEALE È QUELLO CHE TORNA
Il cliente ideale non è quello che spende tanto, ma quello fedele, che torna. E magari occupa anche poco spazio temporale: durante la nostra cena si sono alternati tre turni di avventori. Non dico metto questo perché sono in Italia, no, c’è tanta formazione dietro. Io viaggio da sempre e vivo di un database di sapori che mi porto dai miei viaggi.
Il menù food ha come base quei piatti tradizionali del Sol Levante che non sempre conosciamo. Niente sushi ma, oltre agli ormai diffusi bao (nella versione con carne e vegetariana con melanzana, ma ne arriveranno altre) e tebasaki (ali di pollo glassate e fritte), qui si potranno guastare katsu sando, tori karaage o korokke. E, visto che l’Izakaya è luogo dove bere e divertirsi, il cliente inizia a giocare segnando da solo ciò che desidera sul proprio menù con la matita.
La proposta è divisa in carne, pesce e vegetali. Il piatto più divertente (nonché delizioso) è l’handroll, un “fagottino ripieno” che il cliente realizza da sé con un battuto di salmone oppure di ricciola giapponese– hamachi – marinata e glassata, riso e un foglio di alga nori.
Le due “experience” prevedono sette piatti da condividere tra due persone, a 40 e 35 euro. Gli ingredienti dal Giappone saranno un costo non indifferente, chiediamo. “Vero, con l’importazione abbiamo dei costi leggermente più alti ma preferisco tenere la marginalità un pochino più bassa perché amo la condivisione, penso che un piatto è così come l’ho mangiato sul posto e se tu non hai avuto la possibilità di viaggiare voglio fartelo provare, per me questo è la base di tutto, tenere i prezzi abbordabili in modo che la gente torni. E poi è l’unico modo per ottenere davvero i sapori che ricerco” dice Musiani.
COCKTAIL ORIENTALI, MOOD BARCELLONA
La drink list è curata da Valentino Creatura, che ha voluto portare oltre alla sua esperienza di bartender (che l’ha portato da Bologna a Birmingham, Amsterdam e infine Barcellona) la vibe del Paradiso “un’energia che noti appena entri e che non ti scordi più”.
Sono 10 cocktail tre dei quali possono essere chiesti in versione alcol free, ma in carta ci sono anche champagne, birra Ashai e sette tipi di saké. Il pairing con la cucina nasce da un costante dialogo che vede al centro le materie prime giapponesi: ogni cocktail è realizzato con almeno un ingrediente del Sol Levante. Compresi i twist del Negroni (realizzato con vermouth infuso in tè giapponese, saké invecchiato e Campari infuso con cannella e chiodi di garofano) e il Jaiquiri (rum, aloe vera, tè al gelsomino e yuzu).
Noi veniamo accolti da un Nippo’s Champagne (kombucha ai lamponi, acqua di rose, vodka, soluzione citrica e Trento doc). La drink list è stagionale, cambierà quattro volte l’anno al mutare della stagione: un’idea nata anche sull’onda della collaborazione con il gin giapponese Ki no bi.
MESSICO E VEGAN NEI PROGETTI FUTURI
È un concept pensato insomma per i tempi che vengono. Ma Musiani non si ferma qui e rivela i progetti futuri. Il primo sarà un ristorante messicano, con lo stesso intento di autenticità che è ormai il marchio di fabbrica dei suoi locali.
“Poi mi dedicherò a un progetto vegano perché mi interessa molto trattare le materie prime vegetali nella loro essenza. Sono stato a Los Angeles e ho mangiato per due settimane vegano scoprendo cose incredibili, come un cocco affumicato nell’applewood, la legna usata per affumicare il bacon, che aveva la consistenza del bacon. Queste cose che ho appreso ho la necessità di portarle in Italia. Non voglio portare i piatti vegan più banali o usare gli hamburger plant based ma lavorare sul pure plant, perché ti dà più soddisfazione. Un po’ perché penso che sia questo il futuro dell’alimentazione, un po’ forse anche per ‘espiare’ il mio locale di hamburger”.
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A cura di Matteo Cioffi
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