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29 Febbraio 2024L'ospitalità, con le sue eccellenze sparse per tutta la penisola, saranno al centro del ciclo di interviste che il nostro sito dedica alla Giornata della Ristorazione indetta da FIPE Confcommercio per il prossimo 18 maggio. La manifestazione, di cui Mixer è media partner e a cui è possibile aderire a questo link, giunge quest’anno alla sua seconda edizione e ha scelto come simbolo e fil rouge il cucchiaio.
Crederci quando nessuno ci credeva, quantomeno a Ferrara. Quella che vi stiamo per raccontare è la storia di Apelle, cocktail bar fondato dieci anni fa e guidato da Matteo Musacci, uno che di mixology capisce perché studia, viaggia e vive di continua ricerca.
Da lui lo spritz è stato bandito, non per boicottarlo, ma semplicemente per aiutare la gente – soprattutto i ragazzi – a scoprire anche altro. La sua sfida parla perciò di consapevolezza e di selezione: “Vorrei aprire anche un locale dedicato al caffè, segmento in cui sta accadendo esattamente quello che è accaduto alla miscelazione”, ha raccontato Musacci (qui tutte le interviste dedicate alla GDR 2024). Il suo obiettivo è contaminare le nuove generazioni ed evolvere il settore sperimentando e innovando.
Raccontaci come è iniziato tutto…
“Abbiamo aperto in Via Carlo Mayr circa dieci anni fa, in quell’epoca ritenevamo che ci fosse un gran bisogno di una miscelazione di un certo livello. Per andare oltre il concetto di classico bar che prepara uno spritz piuttosto che un mojito. Ferrara per noi meritava qualcosa di più, come già si vedeva in altre città come Milano e Roma. All’inizio, ovviamente, con grandissime difficoltà”.
Perché?
“Parliamo di una città di provincia e di una popolazione iper-influenzata da migliaia di studenti che prediligevano cocktail semplici. Non è stato subito facile far capire una mixology di livello più elevato, pensata e ragionata, dove peraltro per scelta non abbiamo mai proposto spritz, non per supponenza, ma per spingere il cliente a non poterlo scegliere per provare altro”.
E questa scelta alla fine ha pagato?
“Sì, il tempo ha ripagato di gran lunga l’idea imprenditoriale e le serate difficili quando inizialmente entrava poca gente. Da un lato il fenomeno dei cocktail bar di qualità è scoppiato, nel senso che ormai ogni città, anche quelle più piccole di provincia, hanno locali che fanno un certo lavoro sulla miscelazione, dall’altro lato ci gratifica visto che noi siamo stati tra i primi a crederci in una realtà in cui all’inizio ci davano per spacciati”.
Quindi dieci anni fa non avevi una concorrenza diretta?
“Assolutamente no, ed erano pochi proprio i cocktail bar che facevano ricerca. E quello che è accaduto alla miscelazione ora sta accadendo al caffè per cui sto lavorando a una nuova apertura. Sono tendenze che raccontano un consumo più consapevole e sono felice che quanto avvenuto ai cocktail possa avvenire anche per altri prodotti. Ben vengano i locali che fanno una selezione più ragionata e che i baristi siano formati per farlo”.
Ma alla fine a Ferrara qualcuno ti ha copiato?
“Sì, hanno aperto nuovi cocktail bar che non mi hanno copiato, li considero guidati da persone che sono giunti alla nostra stessa consapevolezza e con i quali noi ci troviamo finalmente a poter parlare la stessa lingua e a rendere, visto che i miei coperti sono limitati, più ampia l’offerta di questo tipo. Sono felice che chi non riesce a consumare da me una sera, possa farlo in altri locali. Poi la scelta della qualità la fa sempre il cliente, perché è tutto molto soggettivo. A noi poi in realtà come proprietari interessa solamente proporre un prodotto diverso, particolare”.
Cosa ti ha aiutato a vedere prima quello che altri non vedevamo?
“Lo studio, la formazione, quello che dovrebbe essere alla base di tutti i lavori”.
Passando alla Giornata della Ristorazione, che valore le riconosci?
“Io l’ho sempre detto, la cucina e le tradizioni gastronomiche, soprattutto in questo Paese, hanno segnato la storia e modificato e aiutato a costruire l’Italia. Quando si va a scuola, è una perdita per i ragazzi non poter conoscere queste cose. Quindi per me questa giornata non serve solo per celebrare un settore ma serve anche per ricordare a tutti quanto il nostro Paese, rispetto a tutti gli altri, sia intimamente legato alla storia del cibo. La nostra cultura non sarebbe tale se non ci fosse stato tutto quello che è accaduto nei secoli, tutto quello che si è mangiato nei secoli. La cultura dell’ospitalità è insita nel nostro popolo, nell’essere patria”.
Cosa proporrai il 18 maggio?
“Noi facciamo anche ristorazione, tra l’altro. Ma stando nel mezzo non faremo propriamente un piatto. Serviremo un cocktail al cucchiaio, quest’ultimo simbolo di quest’anno, con una sorta di gelificazione. Un boccone che in realtà è un cocktail, quasi un sorso”.
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