09 Agosto 2014
C’è un tema che, purtroppo, si può definire sempreverde: quello della frode alimentare da distinguersi nei due filoni della frode sanitaria e della frode commerciale. Vogliamo soffermarci, in particolare, su quella sanitaria, che consiste nel rendere potenzialmente o sicuramente nocive le derrate alimentari, e nel verificarsi della probabilità o certezza di procurare un danno alla salute dei cittadini. I reati relativi alla detenzione o messa in commercio di alimenti in qualche modo nocivi per la salute rientrano nel novero dei reati cosiddetti di pericolo, il che significa che non occorre che effettivamente l’effetto dannoso si sia verificato, ma è sufficiente la potenzialità nociva della condotta. Ancora: non si deve trattare di pericolo meramente ipotetico, ma è necessario che il pericolo sia concreto e ricavabile con qualunque mezzo di prova, anche di comune esperienza (per esempio, olfattivo o visivo). Si deve inoltre ricordare che il diritto penale è sempre volto alla tutela di un bene giuridico: in questo caso esso coincide con la salute pubblica. Da questa considerazione si possono trarre alcune indicazioni sui rispettivi ambiti di applicazione della legge del 1962 e delle norme del codice penale: mentre queste ultime puniscono le condotte di contraffazione, adulterazione e simili e quelle che, pur non costituendo contraffazione, mettono in pericolo la salute pubblica, quelle della legge 283/1962 hanno il fine di garantire l’igiene della produzione e della vendita degli alimenti e quindi, in modo indiretto, di tutelare anche la salute pubblica. Si dice, tecnicamente, che le previsioni del codice penale e quelle della legge 283 sono collegate da un rapporto di sussidiarietà: non c’è concorrenza nell’applicazione di queste norme, ma l’art. 5 della legge 283/1062, che prevede una contravvenzione, resta assorbito nella fattispecie del codice penale.
Guardando al di fuori del nostro Paese, scopriamo l’esistenza di una recentissima risoluzione del Parlamento europeo, emanata il 14 gennaio 2014 (riferita alla crisi alimentare, le frodi nella catena alimentare e il loro controllo), in conseguenza della scoperta della “vasta rete di frodi che faceva passare la carne di cavallo per carne bovina”. Il Parlamento europeo, prendendo atto di tutte le vicende occorse all’interno degli Stati membri, ha espresso rammarico nel constatare la scarsa attenzione degli organi dell’Unione Europea verso il tema della frode alimentare, ed ha rilevato che è molto difficile individuare una nozione comune di frode. In virtù di ciò, «sottolinea la necessità di adottare rapidamente una definizione armonizzata a livello dell’UE sulla base delle discussioni condotte con gli Stati membri, le parti interessate e gli esperti, che includa anche aspetti come l’inosservanza della legislazione in materia alimentare e/o l’induzione in errore dei consumatori (compresa l’omissione delle informazioni sul prodotto), l’intenzionalità, l’eventuale profitto economico e/o il vantaggio dei consumatori». Il documento osserva inoltre che è particolarmente riprovevole il fatto che la frode alimentare spesso comporti un notevole profitto per chi la pone in essere, cui fa da pendant la scarsa probabilità di essere scoperto. Esso si conclude con l’auspicio dell’istituzione di appositi organismi, che operino rigorosamente su diversi fronti, da quello del controllo, connesso con la tracciabilità dei processi produttivi e di commercializzazione, a quello delle sanzioni, delle quali si propone l’inasprimento. In effetti, la frode alimentare può presentare molte sfaccettature, e troppo spesso essa viene posta in essere subdolamente, in modo tale che non sia possibile captarne i segnali.
La frode può consistere nella manipolazione degli alimenti con sostanze che ne alterino la genuinità. Da notare come anche il concetto di genuinità possa essere guardato sia sotto il profilo naturale, cioè essere riferito ad un alimento non toccato in alcun modo dall’uomo, sia sotto il profilo legale: in questo secondo senso, può essere considerato genuino un prodotto che abbia caratteri di composizione (qualitativa e quantitativa) e merceologici corrispondenti a norme di legge. In altri termini, la cui modifica sia avvenuta con criteri legalmente riconosciuti. In un altro senso, la frode può essere integrata dal cosiddetto stato di alterazione: esso si verifica quando la composizione originaria di una sostanza alimentare si modifica a causa di fenomeni degenerativi spontanei, determinati da errate modalità o da eccessivo prolungamento dei tempi di conservazione. Tra i tanti esempi possibili, eccone alcuni:
La giurisprudenza si deve sempre muovere in equilibrio tra esigenze contrapposte, quali appaiono, talvolta, la celerità dei commerci e la sicurezza dei consumatori. Ne è emblema il seguente caso: un importatore di barrette muesli con frutta era stato sottoposto a procedimento perché si era osservata la presenza di una infestazione di parassiti e si era accertato che non erano stati eseguiti controlli da parte sua. La Corte di Cassazione penale, investita dopo i due gradi di giudizio nel merito, aveva affermato il principio (sezione III, 17.06.98, n. 7214) dell’esistenza di un obbligo dell’importatore, presupposto da tutte le norme anche comunitarie in materia di frode in commercio, di controllare a campione le confezioni di merce da lui trasportate. Nel caso di specie, tuttavia, poiché si era accertato che l’infestazione riguardava solamente due scatole, la Corte di Cassazione aveva anche sostenuto che “non è possibile affermare che il prescritto controllo, anche se regolarmente effettuato, avrebbe consentito all’importatore di evitare la commercializzazione delle due scatole incriminate”, ed aveva quindi concluso nel senso che “nel caso in esame, manca del tutto la prova della sussistenza dell’elemento psicologico del reato”. Viceversa, una recentissima pronuncia della stessa Sezione (28 gennaio 2014, n. 3711) ha considerato un caso di esposizione e vendita di prodotti ittici andati a male su una bancarella posta ai margini di una strada statale: in questa ipotesi si è rilevata una interruzione della cosiddetta “catena del freddo”, vale a dire, secondo una definizione desunta dal Dizionario Internazionale della refrigerazione, “la continuità di mezzi impiegati in sequenza per assicurare la conservazione a bassa temperatura di derrate deperibili dalla fase di produzione al consumo finale”. In tal modo la Corte ha affermato la sussistenza della condotta integrante la contravvenzione di cui all’art. 5 l. 283/1962, cui si è aggiunto l’accertamento dell’elemento psicologico della colpa, dato che non c’era stata osservanza delle regole elementari della conservazione. In ogni caso, al di là dei tecnicismi giuridici applicati dalle corti giudicanti, e in attesa che l’Unione europea torni sul tema, possiamo senz’altro concludere ricordando come, in un ambito così delicato, il senso di responsabilità degli operatori dovrebbe essere il criterio informatore di ogni passaggio del cibo, dalla produzione al consumo finale.
Fonti normative in tema di frode alimentare
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A cura di Matteo Cioffi
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