19 Agosto 2014
Sono i fondatori del The Jerry Thomas Project, nonché del Jerry Thomas Speakeasy di Roma, primo speakeasy street bar anni 'Venti d'Italia, classificato diciannovesimo nella 50 Best Bars di Drinks International, vale a dire la lista dei 50 migliori bar del mondo.
[caption id="attachment_29999" align="alignright" width="199"] Leo Leuci[/caption]
E sono un vulcano di idee: oltre alla gestione del locale e ai corsi per addetti ai lavori e appassionati, Leo Leuci&Soci sono impegnati nella produzione di una linea di liquori realizzata in partnership con l'Antica Distilleria Carlo Quaglia, distillatore fin dal 1890 nella piemontese Castelnuovo Don Bosco. Primo successo, il Vermouth del Professore. Ne parliamo con Leo Leuci, che poi spiega ai lettori di MixerPlanet le strategie per affrontare la crisi economica.
The Jerry Thomas Project è un riferimento in tutta Italia. Qual è la vostra mission?
Nostra parola chiave è coerenza. E nostro primario scopo, di conseguenza, è mantenerci indipendenti e non legarci a nessuna azienda.
A proposito di indipendenza, quanto conta l'etica deontologica per un barman?
La mia opinione? È essenziale.
Come è nata l'idea di organizzare masterclass e training per addetti ai lavori e non?
Dalla consapevolezza che il mercato italiano del bere miscelato fosse molto arretrato rispetto all'estero. L'obiettivo è offrire spunti ai colleghi e diffondere la cultura del bere responsabile e di qualità.
La vostra prossima sfida?
Nei mesi a venire saremo impegnati su un nuovo progetto parallelo alle attività dello speakeasy e dei corsi: una linea di prodotti e di liquori realizzata in partnership con uno storico produttore piemontese, l'Antica Distilleria Carlo Quaglia. Il nostro primo prodotto è stato il Vermouth del Professore.
Che cosa caratterizza il Vermouth del Professore?
È un prodotto artigianale, davvero lontano dagli stereotipi dei vini aromatizzati, creato con lo scopo di riappropriarsi del ruolo di aperitivo. Parliamo quindi di un Vermouth realizzato attraverso un'estrazione e lavorazione naturale di spezie ed erbe raccolte sui declivi alpini che contornano Torino, a base di vino moscato bianco langarolo non trattato in modo industriale, con immissione di zucchero di canna.
Com'è stato accolto dal mercato?
Molto bene. Produciamo circa 10/12 mila bottiglie che distribuiamo in otto Paesi, tra cui Stati Uniti, Francia e Inghilterra.
Quali altri liquori fanno parte della linea realizzata con l'Antica Distilleria Carlo Quaglia?
Il cordiale alla camomilla, il liquore al pino mugo, il liquore di ciliegia di Pecetto, il liquore al bergamotto e il liquore di chinotto, che sta riscuotendo grande successo. Si tratta di produzioni stagionali, la cui quantità varia dai 1000 ai 3000 pezzi.
Siete stati tra i primi a realizzare prodotti home made per personalizzare i vostri cocktail. Oggi suggeriresti ai colleghi di investire nella ricerca di sciroppi e bitter fatti in casa?
No, a meno che non ci sia alle spalle una serissima conoscenza del settore e un approccio scientifico al tema. Vi sconsiglio di improvvisare se non volete rischiare di fare danni...! È vero che introdurre sciroppi e bitter di propria produzione permette di differenziarsi dalla concorrenza. Ma attenzione: i nostri home made non sono mai nati dalla semplice lettura di libri, quanto dall'esperienza acquisita attraverso corsi professionali di erboristeria e stage in aziende esperte in aromi. Onestamente, ritengo molto più importante che il barman sia preparato, si mantenga aggiornato e sappia creare drink ineccepibili.
I tuoi consigli per contrastare gli effetti della crisi?
Intanto, padroneggiare le tecniche e le ricette tradizionali. Troppi colleghi si dedicano alla sperimentazione e alla creazione di bitter e sciroppi home made, ma ignorano come si fa una semplice caipirinha o un gin tonic! Inoltre, parola chiave dev'essere happy marketing: servono semplicità e sorriso. Dobbiamo smettere di pensare che la gente va al bar solo per bere. Per riempire il locale occorre sorridere, invitare i clienti a sedere al banco e parlare con gli avventori.
Edoardo Nono, patron del Rita & Cocktails di Milano, sostiene che occorre lavorare per sottrazione ed evitare di eccedere nel numero di ingredienti. Sei d’accordo?
Certo. Vi dirò di più: vieterei ai barman di inserire più di quattro ingredienti. La verità? Il mestiere del barman classico è molto difficile. E se molti bartender si dedicano alla sperimentazione è proprio per nascondere le loro lacune.
Infine, quali sono i tuoi indirizzi del cuore?
A Milano, ho un debole per il Nottingham Forest, mai affollato, intimo e con servizio discreto. Inoltre frequento Luca&Andrea, dove lavora Luca Vezzali, Mag Café, Carlo e Camilla in Segheria dove lavora il bravo Filippo Sisti e il Rita & Cocktails. Andrei volentieri a bere anche da Oscar Quagliarini, se solo sapessi dove trovarlo! A Torino mi piace visitare i bar storici, alla scoperta del luogo d'origine del tramezzino o del Bicerin. Tra l'altro, vi suggerisco una cena al Ristorante del Cambio, un ristorante storico che ha riaperto da poco. A Napoli, il mio punto di riferimento è L’Archivio Storico perché Alex Frezza non si prende mai troppo sul serio. Infine, a Firenze vado sempre al Caffè Rivoire.
Giornalista freelance, Nicole Cavazzuti scrive di food e spettacolo su numerose testate, fra cui Il Messaggero, Gioia, Telesette. Realizza video interviste per Oggi.it e raccoglie le confessioni dei Vip su Ok Salute.
Per parlare di bar, ecco Dalla parte del barman, una rubrica mensile per far dialogare gli addetti ai lavori sui temi del giorno, tra spunti di riflessione e nuove idee. Ma anche per suggerire agli appassionati i migliori locali in tutta Italia.
Le puntate precedenti:
Dalla parte del barman…Luca Angeli: «Dobbiamo fare sistema»
Edoardo Nono: «Expo 2015, una opportunità di business»
Il barman Filippo Sisti: «È tempo di cucina liquida»
Oscar Quagliarini: «Profumate i drink, link tra palato e olfatto»
Dario Comini: «La tendenza del 2014? I drink ispirati alle serie tv»
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