03 Febbraio 2015

La vera pizza napoletana al di là delle polemiche

di Maria Elena Dipace


La vera pizza napoletana al di là delle polemiche

Ci risiamo. Questa volta è la pizza a essere stata messa sotto accusa dalla trasmissione di Rai Tre Report con una Gabanelli un po’ in difficoltà nel lancio del Intservizio, come a volersi mettere al riparo dalle prevedibili ire gourmet, che chiosa retoricamente: “Noi non abbiamo nulla contro la pizza, ma è il nostro prodotto più importante e investire sulla reputazione è una garanzia”. Dopo il caffè, quindi, il giornalista di Report Bernardo Iovene punta il dito contro la pizza cotta nel forno a legna con un’inchiesta dal titolo emblematico: “Non bruciamoci la pizza”. L’incipit è forte: “Avete mai notato quando viene infornata la pizza in che condizioni è il forno? Spesso c’è una nuvola di fumo nero e sul piano cottura macchie di farina, ingredienti e trucioli”. “Ma quel fumo nero non fa male?”, chiede Iovene a un pizzaiolo napoletano, il quale si affretta a rassicurare il giornalista che il fumo non è affatto pericoloso.

La risposta però non convince neppure Antonio Pace, presidente dell’Associazione verace Pizza Napoletana che punta l’indice verso chi brucia la pizza o cuoce con il fumo nero nel forno dichiarando apertamente che questa pratica è dannosa. antonio pacePresidente, ma davvero i pizzaioli ignorano che il fumo del forno a legna o la pizza bruciata possano compromettere la salubrità di questo alimento? «Sono convinto non sia così. È più facile invece che le risposte che abbiamo sentito durante la trasmissione siano state date in modo affrettato e superficiale. Ritengo invece più plausibile si tratti di un automatismo del quale loro non sono quasi consapevoli. Mi spiego meglio: lo straccio umido che il pizzaiolo utilizza per riportare il piano cottura alla giusta temperatura per poi infornare la pizza è una prassi comune che tutti i pizzaioli fanno. Ecco, questo gesto serve banalmente anche a pulire il forno. Poi c’è la questione fumo: certo, appena si accende il forno a legna quel fumo nero iniziale è dannoso, ma nessun pizzaiolo metterebbe una pizza in quel momento, anche perché comunque il forno non è ancora a temperatura». E sulla questione ingredienti? «Nel nostro disciplinare si parla di olio di oliva e non di olio di semi. Peccato che molti pizzaioli, e non parlo solo per la pizza napoletana, sostengano che il cliente richieda l’utilizzo di olio più leggero, quindi olio di semi. La pizza sin dall’antichità è stata fatta con olio di oliva, l’impiego di quello di semi è subentrato intorno agli anni ’50 anche grazie alla massiccia campagna televisiva che lanciava il messaggio di un olio più leggero. Molti pizzaioli addirittura miscelano olio di oliva e semi, cosa sbagliatissima perché hanno due punti di fumo diversi e questo sì che fa male». Alla fine quanto olio va sulla pizza? «Cinque grammi. Non credo che un quantitativo del genere possa appesantire così tanto il cliente. Diverso è il problema della lievitazione. Allora qui sì che c’è un errore. L’impasto deve riposare 8/12 ore. Questo è il vero problema della pesantezza della pizza: le lievitazioni troppo veloci. Si è parlato anche di oliere sporche e ossidate. Anche qui mi sento di rispondere come prima. Si tratta di quegli automatismi che i pizzaioli intervistati, vuoi l’emozione, vuoi la fretta, hanno omesso con una certa leggerezza. Sono certo che le oliere, una volta vuote, vengano ripulite prima di essere riempite nuovamente. Il discorso dell’ossidazione è vero fino a un certo punto. L’olio, lo vediamo anche a casa, a contatto con l’alluminio crea a un certo punto quel colore verdastro. Cosa si fa a casa quando ci si accorge della cosa? L’oliera viene ripulita, e certamente, anche il pizzaiolo agisce in questo modo».

Del resto, la produzione di San Marzano è relativamente piccola, non riuscirebbe a soddisfare le richieste di tutte le pizzerie italiane. Poi c’è il riferimento al latte importato dalla Germania. Mi chiedo, il latte tedesco è pericoloso? Del resto con le quote latte sappiano bene che non riusciamo a soddisfare il fabbisogno dell’intera nazione». In definitiva, Presidente Pace, qual è la sua opinione finale sulla trasmissione? «Molto semplicemente, penso che - come in tutti i settori - ci sia un margine di miglioramento, così come ci sono operatori che dovrebbero fare maggiore attenzione al loro lavoro. Non siamo tutti perfetti. Dall’altra parte c’è un’associazione, la nostra, che vuole andare in una nuova direzione, ovvero puntiamo a fare formazione, che poi alla fine è questo che fa la differenza. Stiamo promuovendo quindi corsi pratici, ma anche lezioni specifiche sul food cost. Io penso che tanti degli errori che si commettono, e che poi sono emersi durante la trasmissione, siano legati proprio al fatto che i ristoratori - in generale - spesso ignorano la questione costi fissi e spesso abbassano la qualità del loro servizio impiegando materie prime low cost pensando di aumentare il loro margini di profitto. Spesso questo non corrisponde a verità e noi abbiamo deciso di operare in questa direzione».

Gli errori da non commettere

  • Controllare la legna da mettere nel forno. Serve quella di faggio e di quercia, con una buona stagionatura (6 - 8 mesi) e una certificazione che attesta l’assenza di solventi oltre che un numero di lotto per la tracciabilità. Questo è il primo accorgimento per evitare la formazione di fumo. Si potrebbe collocare un “depuratore fumi” ad acqua in prossimità della canna fumaria per assorbire la quasi totalità della fuliggine che si forma nel forno ed evitare così la dispersione di particelle nell’aria. Un altro accorgimento importante è quello di accendere la legna mettendo della carta sotto il trespolo senza ricorrere a sistemi o kit a base di solventi.
  • La farina deve essere scrollata dalla pizza prima di metterla nel forno per evitare che finisca sul piano cottura e carbonizzi a contatto con la superficie. Prima di iniziare a infornare e il forno è acceso, bisogna togliere le particelle di fuliggine più pesanti che si formano durante l’accensione e si depositano sul piano cottura. L’operazione va fatta con uno straccio umido. Per gli stessi motivi anche sulla pala non bisogna mettere farina. Anche la gestione dello spazio all’interno del forno ha un ruolo decisivo per evitare le bruciature del bordo e del fondo. Il segreto è collocare le pizze sempre nella stessa area, perché in quella zona il piano cottura risulta meno caldo e quando arriva la pizza cruda non brucia ma cuoce. C’è poi il fattore tempo da considerare. La vera pizza napoletana cuoce in poco più di 60 secondi e basta una distrazione o un ritardo per fare bruciare il costone o il fondo.
  • Un’altra cosa da non fare è sollevare la pizza vicino alla zona dove ci sono fumi perché l’impasto assorbe facilmente il sapore affumicato. Se si rispettano queste regole a fine cottura la pizza avrà un bel colore dorato, risulta ben cotta anche all’interno e non ha bruciature.
  • L’impasto è realizzato esclusivamente con farina, acqua, sale e lievito. La farina deve essere di grano tenero 00 di forza media. È consentita l’aggiunta di farina di grano tenero tipo 0 (Manitoba) in piccole percentuali (dal 5 al 20% max, per rinforzare, in funzione delle temperature esterne). In commercio esistono sia delle miscele di farina già predisposte per l’impasto della pizza, sia dei formulati a lievitazione rapida che riducono considerevolmente i tempi di lavorazione, ma non danno lo stesso risultato. I panetti ottenuti, hanno una pezzatura tra i 180 ed i 250 grammi e quelli non utilizzati vanno buttati via ogni sera.

Le regole da osservare per ottenere la vera pizza napoletana

  • L’impasto deve lievitare almeno 8 ore, in due fasi distinte. I panetti ottenuti, hanno una pezzatura tra i 180 ed i 250 g. Per stendere la pasta si usano solo le mani, mentre è vietato l’impiego delle macchine a pressatura e del matterello. Il pizzaiolo deve dare una forma tondeggiante, con diametro variabile che non deve superare 35 cm, facendo sì che al centro lo spessore non sia superiore a 0,4 cm e il bordo, o “cornicione”, non superi 1-2 cm.
  • Gli ingredienti di guarnizione devono essere preferibilmente di origine campana. Può essere impiegato pomodoro fresco nelle varianti S.Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino D.O.P., Pomodorini di Corbara (Corbarino), “Pomodorino del piennolo del Vesuvio” D.O.P. oppure pelati S.Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino D.O.P. e il “lungo tipo Roma”.
  • Per la mozzarella l’ideale è la bufala campana D.O.P. ma le quantità a disposizione sono limitate, mozzarella S.T.G., oppure la Fior di latte dell’Appennino meridionale D.O.P. o altro fiordilatte certificato. L’olio deve resistere all’ossidazione e rimanere stabile ad alte temperature, è quindi consigliato l’olio extravergine o quello vergine. Poi ci vuole l’origano (Origanum vulgare della famiglia delle Labiatae), il basilico fresco o confezionato di IV gamma e infine se si usa del formaggio a pasta dura (da grattugia).
  • La cottura della pizza deve avvenire direttamente sul piano del forno a legna a temperature variabili tra 430 e 485° C, per un periodo oscillante da 60 a 90 secondi. La legna utilizzata non deve fare fumo od odori che potrebbero modificare l’aroma della pizza (la quercia, il frassino, il faggio e l’acero).

TAG: FUMO,REPORT

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