10 Febbraio 2015
Si chiama food pairing ed è una delle più attuali tendenze della mixologist. I bartender entrano nelle dispense dei ristoranti, fanno ricerca per reperire gli ingredienti più freschi, così come le migliori tecniche di miscelazione. L’obiettivo? Creare la migliore esperienza possibile per il cliente. Esattamente come farebbe uno chef… «Grazie all’evoluzione nel mondo della mixologia, i consumatori hanno sempre più opportunità di essere a contatto con professionisti aggiornati e competenti – dice Diego Ferrari, barman del Rotonda Bistrot di Milano. Questo mix perfetto porta ad un equilibrio fra domanda e offerta: il cliente è molto informato ed il barman può fare cultura su prodotti e nuove frontiere della mixologist. Inoltre negli ultimi anni, molte grandi aziende importano in Italia prodotti da tutto il mondo dando a noi barman l’opportunità di essere alla pari con l’estero».
[caption id="attachment_36709" align="alignleft" width="200"] Credit: Pasquale Formisano[/caption]
Cos’è esattamente il food pairing? «Il food pairing con i cocktail è una materia poliedrica e multi sfaccettata: i cocktail sono l’unione di ingredienti che per provenienza, storia e gusto rappresentano un universo a sé e che solo nella loro miscelazione trovano l’alchimia per l’abbinamento perfetto. A me piace partire dalla consistenza del cibo, lavorare sulla texture del drink in modo da completare l’esperienza nel palato con il cibo» racconta Alex Frezza, socio di Bar In Movimento cocktail catering e barmanager presso il locale L’Archivio Storico di Napoli. Come si abbina un cocktail al food? «Esistono alcuni siti, come foodpairing.com, specializzati di foodpairing che danno alcune informazioni basilari su cibo e bevande e possono essere un valido aiuto per gli operatori del settore. Partendo dalla ricetta del cocktail possiamo collegare i vari livelli di abbinamento dando l’idea di un cibo abbinabile al nostro drink - dice Diego Ferrari. Un esempio per capire come funziona. «Pensiamo di abbinare un Cosmopolitan ad un cibo… Partiamo dagli ingredienti: vodka, lime, Cointreau e cranberry. Sono informazioni dirette sugli abbinamenti da esplorare. Decido di cercare un abbinamento con il Cointreau poiché ha un aroma ben definito e scopro che nei livelli di abbinamento spettrografico, il foodpairing lo compara conalcuni cibi, tra questi scelgo manzo, pompelmo e scorze d’arancia. Analizzo se a loro volta questi elementi si mixano bene, e, se tutto torna, propongo un Cosmopolitan abbinato ad una tartare di manzo agli agrumi. Il passo dopo è il confronto con lo chef…» continua il bartender di Rotonda Bistrot. Nell’abbinamento fra cibo e cocktail, quale senso deve essere appagato per primo? Per Katerina Logvinova, barlady dell’Ego di Milano «la cosa fondamentale è il profumo, dunque l’olfatto. Per questo io uso gli oli essenziali e gli aromi nei miei cocktail e per studiare gli abbinamenti. È molto divertente sperimentare nuove combinazioni». C’è quindi chi abbina per armonia, ma anche per contrasto: «entrambe le strade sono percorribili, ma per esperienza posso dire che rafforzare non vuol dire esaltare. Il contrasto spesso produce risultati migliori. Cibi grassi si abbinano meglio a qualcosa di secco che riesce a ripulire e resettare il palato tra un boccone e un altro. Cibi secchi o stagionati invece si sposano con consistenze dense e corpose. Con i salumi ad esempio sto sperimentando drink a base di mezcal o vermouth, creando varie connessioni di contrasto e armonia» spiega Alex Frezza.
[caption id="attachment_36710" align="alignright" width="200"] Credit: Pasquale Formisano[/caption]
Si può supporre che per percorsi innovativi come il food pairing con i cocktail serva una guida nell’esperienza, come il sommelier per il vino? «Il ruolo del barman è importante per sottolineare l’abbinamento e i sapori. Ma il primo stimolo resta sempre l’input che dà il cliente con le sue preferenze» sostiene Katerina. «Rispetto al sommelier che con conoscenza, guida il cliente nella scelta del prodotto giusto da abbinare, il bartender oltre che ad un sapere approfondito dei prodotti deve possedere anche una notevole capacità tecnica nel miscelarli - spiega Frezza. «Il barman è come un sarto: il cliente arriva e dà qual che indicazione riguardo alla stoffa che preferisce, ma poi è il barman a cucirgli il vestito su misura…»
Un drink abbinato ad una cena resta comunque un’esperienza ancora insolita per il cliente italiano. Perché il vino sì abbinato al cibo e il cocktail no ? «Credo sia un fatto culturale - dice Diego Ferrari. Non è insolito all’estero vedere piatti accompagnati da un cocktail invece che da un bicchiere di vino! Ovviamente noi italiani siamo legati alla nostra cultura, solo alcuni riescono a farsi tentare da un buon cocktail abbinato al giusto piatto. È un territorio ancora complesso e sconosciuto ma grazie alla cultura della mixologia e ad alcuni siti specializzati sta arrivando anche l’informazione sui vari abbinamenti». Forse la tendenza è limitata dalla gradazione alcolica dei cocktail, ma proprio Diego Ferrari ha creato una drink list per il Rotonda Bistrot che non supera i 21°, una selezione di cocktail che sarebbe perfetta anche per accompagnare una cena… «Al locale abbiamo una licenza con limitazione alcolica (il Rotonda Bistrot è all’interno della Rotonda della Besana di Milano che ospita anche il MUBA, Museo per i Bambini, ndr). Per me formulare questa drink list è stata una sfida senza precedenti che mi ha portato a sconvolgere le idee di sviluppo drink e ragionare in prospettive differenti. Ho introdotto quindi ingredienti alternativi come il sakè, il shochu, il st. germain, l’aperol, un bitter alternativo, i vari vermouth, alcuni amari e liquori. Ho osservato le abitudini dei clienti che già frequentavano la Rotonda della Besana e dopo un mese ho introdotto la prima lista cocktail fatta in maniera sperimentale che ha avuto un ottimo riscontro e mi ha dato cosi l’opportunità di valutare i margini di crescita e sviluppo. Tutt’oggi sono alla stesura della terza lista drink e l’esperimento continua… Il prossimo passo? Il food pairing!».
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