29 Maggio 2015
Nel 2017 lo chef pugliese Gegè Mangano e la moglie Ninni festeggeranno 20 compleanni del loro Li Jalantuumene, il ristorante gourmet nel centro storico del paese di Monte Sant'Angelo (FG), sul Gargano. E ha le idee chiare: «Con la cucina italiana possiamo fare volare il mondo intero, ma occorre puntare su territorio, italianità e prezzi accessibili».
Come definiresti la tua cucina?
Una cucina di prodotto ispirata alla tradizione e al territorio, ma sempre nel segno della ricerca dell'innovazione e della migliore materia prima.
Come nascono i tuoi piatti?
Dall’ascolto della gente. Un’ottima fonte di ispirazione sono le code all’ufficio postale. Qui nel Sud prima di mezzogiorno le poste sono piene di signore che ritirano la pensione. E, in fila, parlano di cibo e dei piatti che prepareranno. La mia bravura è rielaborare le loro ricette nel segno della sperimentazione, usando cotture antiche riviste e corrette.
È difficile emergere con un ristorante gourmet sul Gargano?
Sì, molto. Abbiamo il vantaggio di vivere nel territorio più ricco di biodiversità di tutta Italia: vantiamo isole, mare, laghi, foreste, boschi e montagne. Il che, in cucina, significa poter disporre di un ampio numero di materie prime diverse. Mi spiego meglio: per dirne una, gli asparagi di Mattinata sono diversi da quelli delle Isole Tremiti. È importante informare l’avventore delle differenze e puntare sulle particolarità di ogni prodotto. Il problema è che il Gargano richiama un turismo di massa, e non di ricerca. Per intenderci, gente attratta dai menu turistici low cost. Senza contare che dal punto di vista geografico siamo tagliati fuori: tenete conto che i due aeroporti più vicini sono quelli di Pescara e di Bari.
La soluzione?
Intanto, abbassare i prezzi. E poi, diversificare l’offerta. Per esempio, ho introdotto un menu che si chiama verdure e colori che costa 25 euro e una selezione di panini gourmet farciti con baccalà, seppie o frattaglie di agnello abbinati a un calide di birra artigianale locale a 12 euro.
Parliamo di bambini. Come si fa ad avvicinare anche i più piccoli alla cucina d’autore?
Personalmente, ho intenzione di creare un menu ad hoc per i più piccoli.
Il futuro della cucina d’autore passerà dal…
Dal territorio. Ormai non è più tempo di cucina molecolare e di spume. La gente a tavola vuole sentire il piatto, presentato in modo elegante e ricercato. E noi chef dobbiamo riappropriarci della nostra italianità, intensa come prodotti ma anche come spirito di accoglienza. Con la nostra cucina possiamo fare volare il mondo intero.
Hai lavorato in tv. Che cosa pensi del boom di programmi di cucina in televisione?
La televisione aiuta a creare una cultura del gusto. L’importante è che noi chef educhiamo il pubblico su come si presenta e come si compongono i piatti del nostro territorio. Detto questo, un altro effetto indiscutibile –e un po’ negativo- di programmi popolari come MasterChef è che oggi gli italiani si sentono quasi tutti dei critici gastronomici e dei food blogger.
Dove porteresti a cena un amico straniero?
Al Ristorante dal Pescatore a Canneto Sull’Oglio, gestito dalla famiglia Santini; da Uliassi a Senigallia e al Ristorante Don Alfonso 1890, specchio di una filosofia che innova rispettando la cultura e le tradizioni alimentari millenarie della Penisola Sorrentina.
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