04 Giugno 2015
Sdoganato per legge nel 2013, il tappo stelvin ovvero a vite, è entrato a far parte della nostra vita enoica a tutti gli effetti, potendolo utilizzare con tutte le tipologie di vino italiane, ad esclusione ovviamente dei soli spumanti. Dal Barolo al Taurasi e agli altri vini Docg e Dop, non c’è vino a denominazione di origine sul quale non sia quindi ipoteticamente possibile utilizzare lo Stelvin.
Una norma che divide: i tradizionalisti pensano che solo il sughero garantisca longevità e classe, gli innovatori ribattono che i nuovi tappi non solo eliminano il fastidio di incappare in bottiglie difettose, ma consentono un invecchiamento più lento e minor uso di solfiti.
Siamo completamente d’accordo con l’amico Angelo Peretti, direttore di InternetGourmet, che a commento della notizia che in America ben il 72% dei bevitori di vino sotto i quarant’anni comprano regolarmente vini chiusi col tappo a vite, scrive sul suo giornale:
“Se lo annotino tutti quelli che ancora hanno la puzza sotto il naso verso la chiusura a vite del vino. Quelli, fra i produttori, che pensano che i loro vini sono troppo nobili per non dover sottostare allo snobistico rito del cavatappi. Al 72% degli americani sotto i quarant’anni delle vostre arcaiche ritualità snob non gliene importa un fico secco.
Il presente e il futuro del più ricco mercato del vino che ci sia al mondo è in quel 72%”
“Il tappo a vite ha raggiunto oggi livelli di assoluta eccellenza tecnica: le esperienze sui nostri vini da 10 anni questa parte – spiegano a Les Cretes, nota cantina valdostana -, ce ne garantiscono il successo”. E non solo: prestigiose cantine del vecchio mondo quali Château Margaux in Francia ed in Italia tra gli altri Angelo Gaja, non solo stanno sperimentando la chiusura Stelvin, ma la utilizzano in via definitiva su alcune tipologie della loro produzione. Altri produttori italiani di primo piano quali Jermann, Livio Felluga, Franz Haas, Tiefenbrunner, Laimburg, Albino Rocca, Maculan, Batasiolo e Planeta sposano la causa dello Stelvin.
Anche Wine Spectator ne prova la crescente popolarità: le 18.000 degustazioni della rivista svolte nel 2012, vedono tra le bottiglie presentate, il 13% di Stelvin, con una crescita decisiva rispetto al 5% del 2005.
Una lunga lista di vantaggi per chi opera in Horeca: assoluta mancanza di sapore di tappo, effettiva protezione con contro l’ossidazione, un uso minore di anidride solforosa in fase di imbottigliamento, facilità di apertura, conservabilità del prodotto, packaging innovativo.
E Voi cosa ne pensate?
Guido Montaldo. Giornalista, storico, esperto in comunicazione del vino. redazione@ilbuonodellavita.com
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A cura di Matteo Cioffi
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