pubblici esercizi
26 Giugno 2015Quella che Milano e l’intero sistema Paese si stanno accingendo ad affrontare è una di quelle sfide certamente epocali. Expo, infatti, porta con sé delle valenze profonde, che vanno ben al di là delle apparenze di un “buon prodotto turistico” confezionato in modo attraente». In proposito, Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe, non nutre alcun dubbio. «Per questo - sottolinea - non ci si può permettere di giungere impreparati al debutto dell’Esposizione Universale. Si correrebbe il rischio di innescare un effetto boomerang negativo per il nostro Paese. È quindi con il chiaro obiettivo di potenziare e rafforzare la riuscita dell’evento, che Confcommercio ha messo in atto un ampio ventaglio di iniziative che andranno ad affiancare e sostenere i suoi associati». Naturalmente, ci spiega Stoppani, si lavorerà su un duplice fronte. Da una parte quello degli aspetti più operativi, legati cioè alla gestione quotidiana di una clientela variegata e internazionale. Dall’altra parte, su quello più strettamente connesso al complesso valoriale della manifestazione. «Non dimentichiamo - puntualizza il presidente - che soltanto il 20% degli spazi avrà un’impostazione commerciale. Il restante 80% sarà invece improntato a una dimensione “etica” del cibo, raccontato nelle sue molteplici declinazioni che inevitabilmente si andranno a riverberare nel futuro dell’umanità. Parlando di operatività quotidiana e di accoglienza dei milioni di visitatori, mi piace, per esempio, citare il progetto “Expo Friends”, che si configura come l’evoluzione di “Ambassador”, il progetto di Unione Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza ed Expo in Città. Si tratta di un vero e proprio “pacchetto accoglienza”, che fornisce agli associati gli strumenti per comunicare nel modo migliore l’italianissima concezione di ospitalità, diventandone, quindi, veri e propri “ambasciatori”. Innanzitutto tramite un vademecum (“Country Friendly Welcome & Accomodation”) che illustra e spiega come la ricettività debba essere declinata in base alla provenienza dei propri ospiti, siano essi indiani, cinesi, arabi o americani. Insomma una sorta di “marketing antropologico” che aiuta a fare di ogni differenza una risorsa. E poi anche grazie all’App “Top Food” che permette di tradurre i menù e le proposte enogastronomiche in sei lingue (italiano, inglese, mandarino, russo, spagnolo e arabo) e consente di geolocalizzare, pressoché in tempo reale, i locali più vicini».
[caption id="attachment_38259" align="alignleft" width="254"] Lino Stoppani[/caption]
Cosa occorre per diventare Expo Friends?
Innanzitutto esporre la vetrofania - per farsi identificare con chiarezza dai visitatori e diventarne un vero e proprio punto di riferimento - e poi impegnarsi a formare il personale, a fornire informazioni esaustive ai clienti e a osservare il “Decalogo per una Milano a tripla A – Attrattiva – Accogliente - Aperta”.
Sul piano più strettamente etico, invece, come verrà coinvolto il settore?
Come sappiamo, il grande tema di Expo è quello della nutrizione e del diritto al cibo. In questo quadro, quello della ristorazione diventa un ruolo educativo, nell’ambito del quale la buona gestione della risorsa cibo diventa prioritaria. È nato così il progetto del Refettorio Ambrosiano che si avvarrà di un team di grandi chef coinvolti da Massimo Bottura. L’obiettivo? Recuperare gli avanzi dei Padiglioni di Expo e cucinarli per gli ospiti della mensa gestita dalla Caritas. Lotta agli sprechi, dunque, e lotta all’esclusione sociale in nome del diritto al cibo. Su una linea molto simile si muoverà anche il progetto della “cena sospesa”, in base al quale i clienti dei pubblici esercizi aderenti potranno offrire una somma per “Buoni pasto sociali” che andranno a beneficio degli assistiti dalla Caritas. Sappiamo bene che il numero dei poveri è in progressivo aumento. Ed è a loro che l’iniziativa è rivolta perché il cibo è condivisione e niente è più bello che poter farne partecipe chi non ce l’ha.
Un ruolo di responsabilità, dunque, quello degli esercenti?
Senza dubbio: proprio in virtù della missione di ambasciatori del cibo, hanno una responsabilità sociale sempre più netta e spiccata. Dovranno per esempio impegnarsi in prima persona a combattere il paradosso del cibo che contrappone abbondanza e privazione, ma sarà compito loro anche quello di illustrare e raccontare il cibo, le sue peculiarità e il suo rapporto con il territorio. E mi auguro vivamente che questa loro missione possa costituire un tassello importante in quella che - giustamente - è stata definita il testamento spirituale di Expo: la Carta di Milano. Un patrimonio condiviso che raccoglierà l’eredità di Expo e ne protrarrà nel tempo l’efficacia.
Che cos’è la Carta di Milano
Trae ispirazione da un Protocollo stilato da numerosi rappresentanti della società civile che propongono di affrontare le sfide dell’alimentazione. Tre gli obiettivi:
Il decalogo per una grande Milano a “tripla a”: aperta, attrattiva, accogliente
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