10 Novembre 2015
Gli scolarizzati del gusto lo sanno: il bicchiere non si impugna per il corpo. Interrogati possono esordire con una lunga disquisizione: si scalda il prodotto, si lasciano le impronte che sono antiestetiche e impediscono di osservare la limpidezza dell’acquavite e via discorrendo. In realtà, come per tutte le regole, anche in questa c’è l’eccezione: per una grappa invecchiata è ammesso il riscaldamento nel palmo della mano per avvertire con maggiore chiarezza lo sviluppo dei profumi. Resta il fatto che l’impugnatura del bicchiere, nel caso del rito, è decisamente importante. Un errore e si rischia di essere immediatamente etichettati come incompetenti.
E allora come si tiene il bicchiere? Intanto finora l’abbiamo chiamato bicchiere, ma la grappa si beve in calice, quindi in un contenitore dotato di piede, stelo e corpo. Il calice giunge all’utente appoggiato su un piano, vassoio, bancone o tavolo che si tratti, quindi la presa avviene per lo stelo. Ma subito dopo, con mossa abile, lo scolarizzato cambia la posizione della mano. Ed ecco emergere due modalità di impugnatura, entrambe tecnicamente corrette, quella classica e quella da fighetti. La prima prevede che pollice e indice pinzino lo stelo e il medio sia piegato sotto il piede per sorreggerlo. In quella da fighetti è invece l’indice a essere piegato sotto il piede e il pollice lo pinza. Entrambe le impugnature consentono di fare ruotare il liquido limitando molto le probabilità dei meno abili di farlo traboccare e permettono di inclinare il cadice per meglio osservare trasparenza, intensità e tonalità di colore.
Ma quale bicchiere? I piccoli, leziosi e, non di rado, fantasiosi bicchierini che fino a poco tempo fa si usavano nelle case patrizie per servire un grappino sono ormai oggetti da collezione. Avevano la loro ragion d’essere: l’aroma marcato e potente della grappa prodotta nella prima metà del nostro secolo avrebbe fatto violenza al senso dell’olfatto difficilmente tollerabile.
Oggi la grappa deve essere in grado di reggere un bicchiere capiente che consente una grande superficie di contatto tra distillato e aria, e quindi una percezione abbondante dei profumi. Un bicchiere, quindi, di capacità non inferiore ai cinquanta millilitri riempito appena a metà. Ma grappe di notevole eleganza danno il meglio di se stesse in bicchieri grandi il doppio in cui non più di un terzo viene occupato dal distillato. Fondamentale importanza assumono pure la foggia e il materiale di cui il bicchiere è costruito. Per quanto riguarda la prima, la forma di tulipano pare la più appropriata, specialmente se si tratta di grappa giovane. Pure certi flûte, non troppo stretti e non troppo alti, consentono una notevole valorizzazione dell’aroma, soprattutto per la degustazione di acqueviti di notevole fragranza. Alcune grappe a lungo invecchiate reggono senza problemi il ballon, ma la concentrazione d’aroma prodotta da questo bicchiere limita fortemente il suo impiego a spiriti molto temperati e caratterizzati da elevata suadenza.
Da evitare, perché concentrano troppo l’alcol determinando un’aggressione della mucosa olfattiva, i bicchieri a palloncino con camino stretto derivati dalle acqueviti di frutta servite ghiacciate. Di certo la grappa va offerta in bicchieri di fine cristallo muniti di stelo piuttosto lungo. Solo su questo e sul piede sono ammesse leggere modellature, incisioni discrete, piccole decorazioni eseguite per molatura: il corpo del bicchiere è tanto più apprezzato quanto più è semplice e inconsistente. E’ comunque nostra convinzione che tutto quanto concerne il servizio di una grappa deve dare il senso dell’immaterialità: in fondo si tratta di spirito di vinaccia!
La procedura di valutazione in 5 mosse
Fase 1 Impugnate correttamente il bicchiere e ponetelo tra il vostro occhio e una superficie bianca che abbia qualche linea nera ben definita, in un ambiente bene illuminato a luce bianca. Inclinatelo, se occorre. Osservate la trasparenza della grappa, la tonalità, la saturazione e la concentrazione del colore. Se presenta bollicine valutatene il diametro, la concatenazione, la velocità di emersione.
Fase 2 Ora fate ruotare il bicchiere in modo che la grappa formi per pochi secondi un vortice bagnando le pareti del bicchiere. Osservate gli archetti che la grappa produce mentre il velo di liquido si ricongiunge al resto che occupa la parte bassa del bicchiere. Valutate l’ampiezza dell’arco e la velocità con la quale scendono le lacrime che si formano alla base degli archi. A differenza del vino il fenomeno non è foriero di informazioni importanti, ma sono belli a vedersi.
Fase 3 Portate ora il bicchiere vicino al naso. Inspirate per circa 3 secondi. Poi ripetete l’operazione prima con la narice destra e quindi con la sinistra. Mettete ancora in rotazione la grappa e ripetete la stessa operazione. Calatevi nel profumo della grappa e contemporaneamente lasciate che evochi emozioni ed episodi: scoprirete così di conoscere centinaia di note odorose, molte più di quante pensavate, e scoprirete che la grappa ne contiene una grande quantità, cosa che mai avreste sospettato.
Fase 4 Prelevate il vostro sorso abituale grappa, 15-20 mL, e lasciatelo defluire nel cavo orale fino alla deglutizione, senza compiere alcun movimento artificioso. Apprezzate i sapori (dolce, acido, salato e amaro) e gli stimoli tattili: astringenza, calore, corpo.
Fase 5 Socchiudete ora la bocca e respirate con naturalezza concentrandovi sugli aromi che percepite in bocca. Ancora lasciate che le emozioni e gli eventi della vostra vita scorrano man mano gli aromi di bocca si presentano uno dopo l’altro al cospetto dell’olfatto.
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