16 Febbraio 2016

Trend emergenti: ecco il cibo che verrà

di Carmela Ignaccolo


Trend emergenti: ecco il cibo che verrà

Libertà. Da pesticidi, da ogm, da conservanti e coloranti. Dal cibo spazzatura, da sprechi alimentari. Questo invocano sempre più spesso i clienti quando vanno al ristorante, in pizzeria o nei fast food. E quando pensano al cibo che verrà. Forte è la voglia di cambiare, di trovare proposte diverse sempre più ispirate a una sempre maggiore “salubrità” dei cibi. In inglese il termine usato è “Healthification” e rispecchia bene il trend di realizzare menù sempre più clean (“puliti”), magari non disdegnando un tuffo nelle tradizioni locali. I clienti - ci racconta la società di consulenza Baum + Whiteman, che osserva da vicino i trend dei paesi anglosassoni - temono la presenza di elementi “chimici” negli alimenti e ritengono sempre più importante la presenza di alimenti naturali.

[caption id="attachment_94820" align="alignright" width="300"]Al Dirt Candy la cucina vegetariana mostra il suo lato “divertente” Al Dirt Candy la cucina vegetariana mostra il suo lato “divertente”[/caption]

Per questo, ristoranti e fast food stanno cercando di rivelarsi all’altezza della situazione. Prendiamo Mac Donald’s ad esempio, che si sta dando da fare per eliminare gli antibiotici dai suoi polli. Oppure Dunkin Donuts che presto dirà bye bye al biossido di titanio, un agente sbiancante utilizzato nelle vernici. O ancora la catena di panetteria Panera Bread, che entro il 2016 bandirà dai suoi prodotti ben più di 150 coloranti, aromatizzanti, dolcificanti e conservanti.

[caption id="attachment_94821" align="alignleft" width="300"]Al Vedge vince l’estro il piatto forte sono i broccoletti Al Vedge vince l’estro: il piatto forte sono i broccoletti[/caption]

KO PER LA CARNE? E in questa temperie sempre più salutistica che ne è di cibi, storicamente protagonisti delle tavole mondiali come la carne? Beh, anche sulle proteine animali si sta progressivamente avendo un ripensamento e la tendenza è quella di “metterle all’angolo” a tutto vantaggio delle verdure, cibo più rassicurante e sostenibile. Questo è un po’ quello che succede, per esempio, all’Al’s Place di San Francisco (decretato dalla rivista Bon Apetit, il miglior ristorante del 2015), dove la carne non è bandita del tutto, ma relegata al ruolo di contorno. Lo chef Aaron London, infatti, sostiene che le verdure sono un cibo “inclusivo e accessibile”. “Io credo – spiega - in un menù organizzato in questo modo e spero che porti sempre più gente a cambiare stile di alimentazione.“ Il suo - rassicura London- non è un espediente per attirare clienti, ma un convincimento radicato. Anche perché la cucina vegetariana può rivelarsi una vera sfida creativa, mentre per la carne è tutto più limitato: basta una padella, del burro, uno spicchio d’aglio e del timo. Tutto qui. “Prendete invece una rapa, una carota o un rapanello: si tratta di ingredienti che cambiano sempre e che si prestano a svariate preparazioni”.

[caption id="attachment_94822" align="alignright" width="300"]Da Al’s la cucina vegetariana è vissuta come una sfida creativa Da Al’s la cucina vegetariana è vissuta come una sfida creativa[/caption]

Nasce così la mayonese fatta con baccelli di fagioli o gli oli aromatici estratti dalle bucce degli agrumi. Il suo obiettivo è dunque quello di preparare manicaretti in cui gli ortaggi la facciano da padrone, solleticando il palato tanto quanto farebbe la carne, ma senza appesantire. È finita l’era in cui “cibo sano” faceva rima con “mortificazione del gusto”: oggi anche i ristoranti vegani hanno deciso di investire non solo su un’estetica accattivante, ma anche su sapori memorabili, che si possano, con soddisfazione, abbinare ai vini. Succede per esempio al Vedge, ristorante vegetariano di Philadelphia, che colora di estro il suo menù, proponendo broccoletti con dashi di cipolla affumicata, paté di patate dolci con anacardi e cipolle in salamoia. Sulla stessa linea pure il Dirt Candy di Manhattan prova provata del fatto che la scelta vegana può non essere austera. Anzi. La titolare Amanda Cohen ha infatti puntato sulla fantasia e l’inventiva: carote sottaceto, marinate e poi essiccate in salsa di arachidi e adagiate su cialde alla carota, melanzane con cavolo cinese e germogli di piselli. Tuberi, semi e radici spadroneggiano anche da Semilla a Brooklyn, dove fra le specialità ricordiamo le indimenticabili patate con cavolo cinese alla curcuma- Da Squirl, a Los Angeles ecco il maxi toast vegetariano con aglio creme freche e carote marinate. Addirittura “provocatoria” la proposta di Beefsteack (Washington) che a dispetto del nome ha cancellato il manzo dal suo menù, per concentrarsi solo su pollo e salmone. E sempre in nome di una maggiore “salubrità” ecco che anche McDonald’s ha pensato di innovare… emulando la cucina giapponese. Il risultato? Il Mogu Mogu Mac, un tortino di pollo con mais, edamame (fagioli di soia in baccello), carote e ketchup, lanciato come menù sano, ad hoc per i più piccoli.

[caption id="attachment_94823" align="alignleft" width="300"]Da Dizenghoff a Philadelphia: Hummus con condimenti innovativi e fantasiosi Da Dizenghoff a Philadelphia: Hummus con condimenti innovativi e fantasiosi[/caption]

IL TRIONFO DELLE TIPICITÀ Studio, ricerca e cura per la qualità, dunque. E in linea con questa filosofia, continua a crescere la passione per i cibi della tradizione, legati alla cultura e alla tipicità dei vari paesi. Negli Usa succede per esempio con il poke (si pronuncia poh key), orgoglio hawaiano, migrato sul continente. Si tratta di una ciotola di pesce (tonno, di solito) tagliato a cubetti e accompagnato da riso e da una marinata a base di salsa di soia, noci di macadamia, cipolla, olio di sesamo, alghe, avocado, mango, ginger, chili e aromi vari. Il ristorante Hojoko di Boston propone la versione con tonno, avocado e noci macadamia, mentre il Super Six di Seattle quella con gamberi e macherel (un pesce della famiglia degli sgombri).

[caption id="attachment_94824" align="alignright" width="300"]Zak The Baker, panetteria ebraica ha debuttato un anno fa, proponendo toast kosher, sandwiches, insalate e caffè Zak The Baker, panetteria ebraica ha debuttato un anno fa, proponendo toast kosher, sandwiches, insalate e caffè[/caption]

E a proposito di chicche, espressione di specifiche culture, ecco che rapidamente si stanno diffondendo varie specialità ebraiche in cui la tradizione non disdegna però di attualizzarsi. Al General Muir di Atlanta nelle carni e nei bagels gli antichi sapori hanno un gusto leggero: anatra affumicata con pesche, fegato tritato, ma anche halibut con piselli. A Philadelphia Dizenghoff propone hummus condita con varianti giornaliere: agnello, rape speziate, pesto di cavolo alle noci; tacchino marinato con cipolline; petto birra brasato con barbabietole arrosto. A Miami, nel quartiere degli artisti, Zak the Baker ha iniziato l’anno scorso in un garage proponendo toasts kosher, sandwiches, uno o due tipi di insalate, paste, qualche pasticcino e caffè. Oggi vende 1000 pagnotte al giorno e sta per ampliare il ristorante. Infine il Sadelle’s di New York, che indulge molto nella ridondanza estetica, spazia dai bagels (classici, alla cipolla, alla cannella ecc) al pesce (tonno e salmone in primis, ma anche gamberi e caviale) fino alle uova (un vero tripudio di ricette).

TAG: CIBO,BENESSERE,SPECIALITà TRADIZIONALI

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