08 Marzo 2016
Nel 2007 ha aperto il primo SushiBar a Como. Da allora, nonostante il periodo difficile, non ha smesso di crescere.
[caption id="attachment_94854" align="alignleft" width="226"] Alberto Berini[/caption]
Primo passo, l’inaugurazione del SushiBar di Cantù nel 2009; secondo, l’approdo a Erba nel 2013 e infine l’apertura del punto vendita di Carugate, in collaborazione con la catena di ristoranti Antigua (antigua.it) con i quali si prevedono altre iniziative in Nova Milanese e Lesmo. Instancabile, è un fiume in piena di progetti e di idee: «Sono impegnato su diversi fronti: la gestione dei locali, i lavori di ristrutturazione del nuovo spazio di Como dove ci trasferiremo a breve e la potenziale apertura del SushiBar di Lugano», annuncia a Mixer l’imprenditore, classe 1972.
Qual è il segreto del tuo successo?
L’entusiasmo, la perseveranza e il rispetto degli obiettivi. Ovviamente, anche la scelta delle location e delle infrastrutture ha un ruolo determinante. Nonché un buon business plan: per contenere i costi, per esempio, ho realizzato personalmente i primi tre locali con un risparmio del 40% sul preventivo e, quindi, con il risultato di accorciare i tempi del break-even. Tuttavia, è stata vincente soprattutto la scelta di puntare sulla qualità. Una decisione che riduce gli incassi sulla breve distanza, ma garantisce il successo duraturo e la fidelizzazione della clientela. L’ho sperimentato sulla mia pelle: poco dopo l’inaugurazione del mio secondo SushiBar a Cantù, a pochi metri dal mio locale, aprì un sushi all you can eat con prezzi stracciati. Devo dirvi che ho temuto il peggio, ma poi l’impatto è stato minimo proprio perché ho mantenuto una proposta gastronomica di alta qualità e ho continuato a rivolgermi a un target con una capacità di spesa medio alta, motivato da sincera passione e curiosità rispetto alla cucina giapponese.
Secondo te in provincia la cucina giapponese rappresenta una buona occasione di business?
Senza dubbio. Se alla fine degli anni ’90 la cucina giapponese era percepita più che altro come moda, nel tempo per molti italiani è diventata un’abitudine. Prima ha conquistato il pubblico delle grandi città del Nord e della provincia, poi quelle del Centro e del Sud. Detto questo, per gli imprenditori ci sono ancora molti spazi. Per avere successo, però, è essenziale non proporre solo sushi: l’offerta deve essere variegata e includere anche piatti cotti, nonché dolci. Il nostro menu comprende ben 150 opzioni, tutte corredate da foto e dalla descrizione della pietanza. La carta è stata stampata in due versioni: su un catalogo 20x20 cm a uso sala e in formato pieghevole 20x8 cm su 16 facciate da consegnare ai clienti a fine pasto insieme al conto.
Perché hai introdotto anche il menu in formato pieghevole?
Perché è uno strumento di marketing potentissimo! I clienti lo portano a casa e quando desiderano il servizio home delivery ci contattano con le idee già chiare. Ogni tre mesi, inoltre, lo inviamo attraverso un’attività di direct marketing a tutte le buche delle lettere della città e dei paesi confinanti.
Take-away e home delivery quanto incidono sul vostro fatturato?
Circa il 30%. In un anno, riceviamo 10 mila richieste di take-away e di home-delivery, di cui almeno 4 mila solo nel ristorante di Como.
Nel 2007 il SushiBar di Como è stato pioniere nel lanciare il servizio e-comm. Un bilancio?
Suggerirei di introdurre il servizio, perché è un mezzo in più per arrivare nelle case dei clienti. L’ideale, però, sarebbe gestirlo in maniera autonoma, direttamente dal proprio sito. Noi lo abbiamo fatto sin dall’inizio e negli ultimi tempi anche attraverso una piattaforma esterna, Just Eat, che ci assicura alta visibilità, ma ci costa il 15% di ogni scontrino e, di fatto, allontana i clienti dal portale di SushiBar (www.sushibar.it).
Fin dalla prima apertura hai puntato sulle iniziative speciali. Quali sono quelle di maggiore successo?
L’attività più richiesta è il corso di sushi freestyle organizzato una domenica al mese. In cinque ore il sushiman ed io insegniamo l’arte della preparazione del sushi. È un corso efficace, divertente, utile e gratificante per tutti.
Parliamo infine del vostro servizio catering per matrimoni ed eventi.
La verità? All’inizio volevo diffondermi a livello orizzontale: ogni attività era funzionale alla ricerca di partner che vendessero il prodotto SushiBar. Dopo sette anni, i catering per matrimoni ed eventi rappresentano appena il 2% del fatturato della nostra società. Per poter ingrandire il business dovrei aprire un ufficio dedicato al tema, ma ad oggi preferisco concentrarmi sull’evoluzione della catena, con le prossime aperture ed i nuovi progetti d’espansione
La storia del sushi
Si dice sushi e si pensa subito al Giappone. In realtà il sushi arrivò nel Paese del Sol Levante solo nell’ottavo secolo, dal Sud Est asiatico e dalla Cina del Sud. Secondo Ole Mouritsen, biofisico danese della Syddansk Universitet esperto di cucina giapponese, il sushi nasce come metodo per conservare il pesce
È tempo di fusion
Se in provincia è tempo (anche) di piatti di tradizione nipponica, nelle grandi città da qualche anno va di moda giocare sulla contaminazione. Con altre cucine orientali, ovviamente: per esempio con quella cinese, thailandese o mongola. Ma non solo. In voga è anche il connubio Giappone – Brasile, come accade a Milano al Bomaki, una uramakeria nippo brasiliana che ha puntato sul food pairing e che, in appena due anni, ha aperto già tre locali nel capoluogo lombardo e presto aprirà il primo locale a Torino. La formula? Cocktail con frutta esotica per accompagnare piatti come il carpaccio flambè, il sashimi exotic con salsa di gazpacho al mango e passion fruit o il mix di involtini di gamberi con salsa al curry.
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