bevande
26 Novembre 2013Come al solito in Italia i numeri sono sempre relativi e mai certi. Soprattutto quando a parlare sono le statistiche. Mi riferisco alle notizie apparse nel mese di settembre relative alle importazioni di Champagne nel nostro Paese. Che la crisi ci sia, non solo dalle nostri parti, e che continui a permanere, è un dato certo: gli italiani hanno alleggerito il cosiddetto carrello della spesa, anche quando si tratta di generi di prima necessità, quelle che molti esperti chiamano “commodity”, ed anche i consumi fuori casa stanno arretrando.
Ovviamente spesso il superfluo viene tagliato e all’interno di questa categoria, purtroppo, finisce anche il vino. Fare di tutta un’erba un fascio, però, è altrettanto sbagliato e crea psicosi e allarmismi ingiustificati. Una cosa, a questo proposito, che mi ha sorpreso proprio recentemente è stato un comunicato lanciato da Coldiretti relativamente al consumo di Spumanti e Champagne. La principale Organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ha addirittura parlato di crollo verticale. In Italia le importazioni delle nobili bollicine francesi sarebbero diminuite, negli ultimi 5 anni, del 65%. Sempre secondo Coldiretti dai 16,3 milioni di tappi fatti saltare nel 2008 quest’anno, 2013, passeremo secondo le loro stime a 5,5 milioni, pari quindi a un -36% rispetto al 2012.
DATI CONTRASTANTI
[caption id="attachment_14738" align="alignright" width="127"] Luca Gardini[/caption]
Ora, al di là del fatto che fare previsioni in attesa del Natale, periodo clou per il consumo di Champagne, quindi con tre mesi di anticipo, sia molto rischioso, la prima cosa che viene da chiedersi è perché lanciare questi allarmismi. Tanto più che se uno si prende la briga di verificare queste notizie, andando alla fonte, rimane ancor più confuso.
Infatti, il C.I.V.C., vale a dire il Comité interprofessionnel du vin de Champagne, quindi l’organismo che meglio di altri è in grado di darci il polso della situazione circa la produzione e le esportazioni di Champagne nel mondo, dà altri numeri. Nel 2008 le bottiglie importate in Italia in questo caso risultano quasi 9 milioni e mezzo e non 16 come affermato da Coldiretti, e nel 2012 siamo arrivati a 6 milioni: un calo, certo, ma non quello affermato poco sopra. E le previsioni per il 2013? Per ora si parla di un probabile calo delle esportazioni pari a circa il 3%, quindi probabilmente anche in Italia assisteremo ad un andamento del genere, anche se è bene tener presente che gli ultimi dati, relativi a luglio del 2013, parlano di un +12% circa di esportazioni dalla Francia ai Paesi della Comunità Europea. Insomma, prima di cantare il de profundis dello Champagne, io mi muoverei con molta cautela. E, sebbene mi renda conto che una rondine non faccia primavera, quello che ho visto durante l’ultima Giornata Champagne che si è tenuta a Milano presso l’Hotel Principe di Savoia lascia pensare che, quanto meno tra appassionati e addetti ai lavori, magari proprio i professionisti che in questo periodo stanno decidendo quali e quante bottiglie comprare per le loro attività, un calo così drammatico di importazioni non ci sarà. Tanta gente si è letteralmente accalcata ai banchi dove era possibile degustare, scambiando qualche opinione o direttamente con i produttori o con chi li rappresenta in Italia e, sebbene mancassero alcuni nomi, anche importanti, rispetto alle scorse edizioni, un’atmosfera di crisi non mi sembra proprio di averla percepita.
Insomma, sebbene io ami i nostri metodo classico, Franciacorta in primis, ma anche quelli di altre zone e denominazioni, e sia molto contento di registrare il costante aumento qualitativo delle nostre bollicine e i successi che oramai mietono in termini numerici e di premi conferitigli, non tifo contro i grandi metodo champenois dei nostri cugini d’Oltralpe. Sarebbe un autogol assurdo, per tutto il comparto italiano, fatto di enoteche, bar e ristoranti che sanno come comunicare al meglio tutta la categoria, con la giusta obiettività
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