bevande
28 Dicembre 2019Nel 2017 il Ministero della Salute registrava 1.800.000 allergici alimentari al latte e al glutine, 1.000.000 intolleranti al lattosio e 3.000.000 al glutine. Oltre 5.000.000 invece, allergici al nichel, il metallo contenuto in molti alimenti.
In soli 40 anni le allergie sono triplicate. Il REF, Ricerche sui dati Istat ne registra il trend: negli anni ’80 la popolazione colpita da allergie e intolleranze era del 2,9%, oggi tocca quasi l’11%. Il Nord censisce il maggior numero di casi, in testa Lombardia con il 12,7% e Valle d’Aosta con il 12,4%; il Sud invece, ne conta 9,7%, la Campania l’8,1%, il Molise l’8,2% e la Sicilia, 9,4%.
Le cause della crescita dei casi di intolleranza e allergie alimentari sono diverse. Due sono legate a temi attualissimi, oggetto di dibattito e di ricerca in tutto il pianeta: il cambiamento climatico e l’inquinamento atmosferico che favoriscono incisivamente sull’indebolimento del nostro sistema immunitario.
Negli ultimi anni, c’è maggiore sensibilità e attenzione sull’alimentazione e sulle varie allergie e intolleranze che ne derivano. I mass media tradizionali e i social se ne occupano frequentemente ma… non sempre correttamente. Spesso tralasciano o travisano dettagli indispensabili.
[caption id="attachment_169524" align="alignright" width="300"] Tiziana Colombo[/caption]
Attualmente un ottimo contributo formativo e informativo sul come vivere nel mondo delle allergie e intolleranze, lo stanno offrendo soprattutto alcune associazioni. Due, le più importanti, l’Associazione Italiana Celiachia (AIC) e Il Mondo delle Intolleranze, quest’ultima, fondata nel 2012 da Tiziana Colombo, alias Nonna Paperina (già citata nell’articolo precedente), nonché presidente dell’associazione. Il loro scopo è dare risposte chiare e informare in modo semplice e corretto tutti coloro che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti in questo ambito.
L’Associazione e l’Accademia Il Mondo delle Intolleranze, inaugurata lo scorso ottobre, sono ormai due realtà importanti dell’intolleranza alimentare, sia per professionalità che per impegno e dedizione impiegati per portare a termine i progetti che entrambe organizzano costantemente. Ci lavorano sinergicamente medici, nutrizionisti e chef, gli specialisti dei laboratori, degli show cooking e dei corsi pratici per cuochi amatoriali e professionisti che riempiono il calendario.
Un altro dato in positivo, l’interesse dei giovani italiani ai mestieri legati alla somministrazione dei cibi e bevande. Trend confermato dalle iscrizioni delle nuove leve negli istituti alberghieri e nelle scuole di cucina che già da un po’ di tempo hanno inserito nei loro programmi didattici, sin dal primo anno, le materie in cui si studiano le allergie e le intolleranze.
[caption id="attachment_169525" align="alignleft" width="300"] Elio Sironi[/caption]
“Tra i Millennials – precisa Elio Sironi, chef del Ristorante Ceresio 7 di Milano – sta crescendo la sensibilità nella scelta di cosa portare in tavola e i temi di allergie e intolleranze sono certamente (e finalmente!) molto attuali nelle scuole. Gli stagisti che arrivano nella mia cucina sono sempre più educati sull’argomento”.
L’incremento dei casi di celiachia e intolleranze sta mettendo a dura prova la legislazione italiana che regolamenta la ristorazione e le figure che ne fanno parte. Nel nostro Paese sono ancora poche le regioni che hanno una normativa articolata che disciplina coloro che somministrano cibo e bevande: in testa, la Lombardia, seguono, Veneto, Toscana, Sardegna, Liguria ed Emilia.
[caption id="attachment_169526" align="alignright" width="138"] Giovanni Priolo[/caption]
“In Emilia Romagna, terra che conosco bene – dice Giovanni Priolo, chef specializzato sulle intolleranze alimentari e proprietario dell’Osteria Latenasca di Lainate – la formazione sulla celiachia, sulle intolleranze alimentari e sul senza glutine è avanti rispetto ad altre realtà italiane… sicuramente perché la zona è molto ricettiva, ci sono tantissimi alberghi e ristoranti ma a onor del vero anche in questa parte d’Italia, bisogna ammettere, c’è ancora tanta strada da fare”.
La lista dei ristoranti italiani che espongono il Bollino blu anti allergie si infoltisce di anno in anno. Si tratta di luoghi dove celiaci, allergici e intolleranti alimentari vengono coccolati dagli chef e dai camerieri. Piccole imprese della ristorazione che garantiscono una sicurezza per i circa 5 milioni di italiani che se ospiti da loro, possono mangiare serenamente ogni pietanza proposta nei menu senza correre alcun rischio.
Il Bollino blu anti allergie è nato due anni fa, quando l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha dato il via ai primi corsi coordinati da Domenico Schiavino (responsabile del Servizio di Allergologia del Policlinico Gemelli di Roma), e organizzati dalla Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC). Oggi gli stessi corsi vengono organizzati, periodicamente, anche in altre città italiane, il cui scopo è educare ristoratori e gestori a ridurre al minimo i rischi per i clienti allergici e intolleranti, istruirli sulle procedure da attivare in caso di emergenza e informarli sui problemi posti dagli alimenti ‘nascosti’ nelle preparazioni in apparenza a prova di allergico.
Nel mondo della ristorazione esistono delle regole rigide che – se trasgredite – ‘la macchina’ si inceppa. Come prima regola, lo chef deve conoscere bene i propri prodotti e fornitori. La seconda è che la comunicazione tra cucina e camerieri deve funzionare alla perfezione. Fare da mangiare agli allergici e agli intolleranti non è difficile ma richiede una conoscenza specifica, da parte dello chef e del suo team, dei prodotti alimentari che trattano e dei tempi di preparazione degli stessi. ‘Piccoli dettagli’ che spesso scoraggiano il ristoratore a cucinare per questa clientela ‘ristretta’.
Le ragioni che lo spingono ad assumere questo comportamento sono diverse, una, quella più diffusa, la paura di essere denunciati dal cliente, dovesse sentirsi male, dopo aver mangiato nel suo locale. L’altra, strettamente legata alla prima, la possibile chiusura delle cucine, dopo che i Nas o le Asl hanno effettuato i controlli richiesti dal caso; ultima motivazione, la pigrizia, dover usare più attenzioni in cucina per evitare la contaminazione dei cibi e degli attrezzi utilizzati.
“Una rigorosa preparazione risolverebbe il problema – afferma lo chef Elio Sironi -. Il team, se adeguatamente istruito, può usufruire degli stessi spazi evitando la cosiddetta cross-contamination, la più grossa minaccia per gli intolleranti e gli allergici”.
Chiunque oggi può allargare le sue conoscenze sul glutine e sulle varie allergie e intolleranze alimentari: sul web, sui giornali oppure frequentando corsi di cucina specializzati. Informazioni che, spesso, risultano essere superficiali, inesatte e ingannevoli che frequentemente lasciano intendere a tanta gente, non poca, che la celiachia e le intolleranze siano, quasi, uno stile di vita, del vivere sano.
“Si tratta di un vizio – afferma severamente Tiziana Colombo – una cattiva abitudine che però fa male a chi veramente soffre di intolleranze alimentari perché i ristoratori rimangono diffidenti di fronte a questo atteggiamento e alla fine diventa difficile far accogliere le richieste di chi soffre davvero di intolleranze”.
Il boom del food in tv e sulla carta stampata e la visibilità acquisita dagli chef hanno stimolato molte persone ma soprattutto gli addetti ai lavori a studiare, ad allargare le loro conoscenze sui prodotti che utilizzano e sulle possibili combinazioni tra di essi. È scattata così una sana competizione che sprona ristoratori e chef a sperimentare nuovi menu privi di allergeni da proporre al loro pubblico. Il mondo dell’alimentazione è vasto. Purtroppo esso accoglie, anche, certi ‘personaggi’ che ignorano del tutto gli assunti della cucina destinata agli allergici e agli intolleranti come, appunto, la già citata cross-contamination, non informando i clienti sulle diverse possibilità di scelta.
Nella cucina di un celiaco o allergico alimentare le regole sono ferree: dalla conservazione degli alimenti all’igiene del piano di appoggio e all’uso degli utensili. Due spazi separati, indubbiamente, annullerebbero il problema contaminazione, ma questo non è sempre possibile, sia per questioni logistiche che economiche. Una soluzione però c’è. Per niente difficile. Richiede l’utilizzo pedissequo di piccoli e semplici accorgimenti, quelli adottati in tutte le cucine tradizionali dal sistema HACCP: lavarsi le mani frequentemente, non toccare prodotti che siano con glutine, utilizzare utensili e guanti diversi per la preparazione delle varie pietanze.
“Io lavoro in uno spazio di 15 mq – afferma Giovanni Priolo – e faccio tutto con e senza glutine. In un angolo della pizzeria preparo con glutine, nell’altro, in cucina, faccio tutto senza glutine… ad oggi non ho avuto nessun problema”.
Fino al 2015 acquistare un prodotto senza glutine non era facile. Solo le farmacie detenevano il monopolio della vendita dei prodotti per celiaci. Un’esclusiva terminata solo recentemente, quando le grandi catene industriali hanno capito che il mondo della celiachia e delle intolleranze alimentari era così vasto da inglobare una grossa fetta della popolazione della terra. Un mercato dunque, economicamente vantaggioso.
Oggi, finalmente, i prodotti a glutine 0 si possono acquistare ovunque: l’80% nei supermercati, il restante 20%, quelli provenienti dai laboratori artigianali, nei piccoli negozi. Un bacino sempre più esteso destinato ancora a crescere e che convince sempre più ristoratori, anche quelli più diffidenti, ad aprire le loro cucine a tutti coloro che soffrono di allergie e intolleranze. Una scelta intelligente che influirebbe incisivamente sull’aumento del loro fatturato.
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