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24 Marzo 2023Le crisi economiche sono una disgrazia ma si possono anche tramutare in opportunità, forza creativa, idee. Il pensiero sorge spontaneo dopo una chiacchierata con Tommaso Arrigoni, seguita a una delle ultime cene possibili nell’affascinante sede storica, appartata ma molto apprezzata, di Innocenti Evasioni (stella Michelin dal 2008 al 2020).
Nel locale industrial-pop (la casa è di inizi del Novecento in una stradina della Cagnola, periferia Nord-ovest milanese) con un delizioso giardino dalle vibrazioni zen, il menù The Last Chance (disponibile fino a fine mese) propone sette piatti signature che ripercorrono la storia del ristorante.
Da aprile si ricomincia, in una nuova location ancora top secret, sempre a Milano. E le riflessioni su come affrontare le nuove sfide dell’ospitalità per Arrigoni sono state inevitabili.
“Abbiamo aperto nel 1998, era la fine della Milano da bere, c’era questa voglia di uscire e spendere, quest’opulenza, tutte le sere intere compagnie uscivano a mangiare e bere. La crisi è arrivata nel 2008, è calato un po’ il lavoro e sono subentrati gli anni dei blog, c’era questo vociferare, erano tutti esperti. Poi è arrivato MasterChef e abbiamo visto un acculturamento maggiore. Oggi il cliente è molto più preparato. All’inizio la gente non capiva, non era pronta né interessata, adesso chi frequenta un ristorante di un certo tipo sa cosa aspettarsi”.
Per te quando è stato il punto di svolta?
Proprio nel 2007-08 e l’anno dopo abbiamo preso la stella, siamo maturati, ci siamo resi contro che la clientela stava cambiando, abbiamo raffinato il servizio, la proposta, abbiamo investito nel personale. Anche se la nostra è sempre stata una ricerca nel valorizzare la materia prima stando su ingredienti più popolari possibili, anche perché siamo in via della Bindellina non in Piazza Duomo. Siamo sempre stati consapevoli che non potevamo spingere più di tanto sui prezzi, però questa cosa ci ha premiato.
Ora stiamo vivendo un’altra crisi. Come pensi evolverà l’ospitalità?
Mi aspettavo questa contrazione dopo il rimbalzo post pandemia. Abbiamo fatto un 2022 pazzesco, tutte le sere pieno, sembrava di essere tornati alla Milano da bere, con più consapevolezza, preparazione, entusiasmo. Adesso si è rifermato tutto perché la gente ha capito che c’è l’inflazione, una guerra in corso, ci sono le bollette del gas da pagare e i soldi stanno finendo. Io sono in una fase in cui è molto difficile prendere decisioni perché stiamo cambiando location e bisognerà capire come verrà percepito il nuovo posto, dobbiamo stare molto attenti a cosa proporre. Sto ragionando con il mio secondo su come impostare il menù nuovo e reimpostare tutto il lavoro. Non abbiamo una ricetta vera, io ho quasi l’idea di abbassare un po’ i prezzi, proporre menù degustazione e percorsi guidati.
Prezzi e costi: come bilanciarli?
Abbiamo costi che sono diventati folli ormai e dobbiamo cercare in tutte le maniere di contenerli. Con il menù Last Chance [proposto a un prezzo “calmierato” di 75 euro, ndr] abbiamo fatto la prova di far pagare all’atto della prenotazione: a chi fa questa scelta offriamo acqua e caffè, con un risparmio del 5%. Per la cucina è un aiuto perché significa lavorare sul venduto e avere meno stress durante il lavoro. È una cosa che stiamo esplorando, e la clientela secondo me in una città come Milano è pronta per questo tipo di cose.
Altre strategie?
Avere una cucina che fa tutte le preparazioni di base è un sogno che ho nel cassetto. Poi l’idea è di tenere due-tre menù da poter vendere in fase di prenotazione. Una cosa che funziona molto e che a noi piace è il menù dedicato agli Under 25, perché attirare la clientela giovane è un investimento sul futuro. Lo abbiamo fatto con i Jeunes Restaurateurs d’Europe, con una comunicazione nazionale in occasione dei 25 anni dell’associazione: ha funzionato tantissimo e devo dire che poi negli anni molti sono tornati. È come il vino, se cominci a bere bene non torni più indietro, se insegni a mangiare bene alla nuova generazione tornano, si affezionano, si ricordano, è come insegnare a scrivere a un bambino, questi sono abituati a mangiare al fast food e capiscono che gli stai dando una cosa diversa, che c’è un pensiero dietro.
Come funziona?
Fai un menù ridotto o dai la possibilità di scegliere due piatti a 25 euro, poi ci metti un bicchiere di vino e con 35 euro in settimana puoi cenare. Metti a disposizione due tavoli la sera, da lunedì a giovedì, e magari riesci anche a fare il doppio turno con un ingresso alle 19,30 e un altro alle 21.
Avete cambiato gli orari?
A pranzo siamo sempre stati chiusi: il pranzo non ha senso di esistere, se non forse per i ristoranti storici del centro. Sono cambiate le abitudini e per aprire un ristorante devi riempirlo, soprattutto a pranzo con lo scontrino medio più basso: hai costi altissimi e alla fine non vale la pena.
Avete ancora problemi a reperire personale?
Come tutti, dobbiamo resistere almeno fino a settembre, in realtà è un problema che non ha colpito solo la ristorazione, in generale manca tutta una fascia di lavoratori. La gente probabilmente ha capito che la vita è una sola e non si può dedicare tutto il giorno al lavoro e siamo d’accordo, ma se vuoi vivere dovrai pure lavorare.
Perché fino a settembre?
Adesso hanno tutti ancora uno strascico di reti, sovvenzioni che sono state tolte. Mentre il costo della vita si sta alzando notevolmente. Ormai sono finiti i risparmi, bisognerà andare a lavorare. Del resto, senza il cambio generazionale io vado avanti ancora 10 anni, ma quando chiuderò la gente non saprà più dove andare a mangiare.
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