ristorante
03 Aprile 2024Domò ha aperto in soft opening lo scorso ottobre in quel tratto di via San Marco che si allunga verso Porta Nuova e si è già candidato a nuovo food district (siamo di fronte a Canzian ma qui hanno da poco aperto Max Mariola e Eggs nella adiacente via Solferino).
I numeri e l’investimento sono notevoli: il locale si sviluppa su 1500 metri quadri su due piani in un palazzo storico dove sorgeva il Museo dei Navigli, accanto al Ponte delle Gabelle. Duecento i coperti con un menù (cui se ne aggiungeranno 50 a breve nel dehors) con 80 piatti in carta per gestire i quali ci sono 80 figure, metà in sala metà in cucina tra cui 30 tra hostess, camerieri e bartender in sala e in cucina 17 sushi-man, 2 addetti ai tempura, 2 chef, 1 alla piastra, 1 alla vaporiera, 1 friggitrice, 5 alle preparazioni e 11 lavapiatti. “All’inizio abbiamo faticato un po’ a trovare personale soprattutto per avere la velocità di servizio che desideravamo” dice Ceccarini.
Il progetto viene da Roma, come tante aperture milanesi recenti, e nasce da un’idea di Massimo Sun, 32 anni, imprenditore di famiglia asiatica che nel 2017 ha aperto nella capitale Domò Roma, 300 coperti nel quartiere Trieste, accanto ai Parioli, e ha un altro ristorante a Dubai. Accanto a lui Flaminia Ceccarini General Manager e Antonio Dai, executive chef.
DOMOTICA, iPAD e DJ SET
Prezzo fisso o meglio certo: la scelta è stata quella, audace (anche da spiegare al cliente) di togliere i confini rigidi tra menu degustazione e carta classica per trovare una terza via. Il pranzo o la cena hanno infatti un costo base (intorno ai 35 euro a cena e a pranzo 22 euro e 27 nel weekend, che può cambiare di poco a seconda delle fluttuazioni del mercato del pesce), bevande e dessert esclusi, e comprende blocchi di 10 piatti a scelta per commensale da ordinare tramite iPad. “La nostra vision era quella di rendere accessibili a tutti una cucina che vuole essere un po’ fine dining, in un ambiente raffinato, con un prezzo fisso. Le porzioni non sono abbondanti ma sono tutte da almeno due pezzi in modo che tutti possano assaggiare tutto” dice Ceccarini.
L’idea è quella, appunto, di condividere tra commensali e riordinare (a partire da 5 minuti dopo il primo ordine) il blocco di dieci successivo, fino ad arrivare a un blocco a testa, dunque 20 piatti in tavolo da 2, 30 in 3, 40 in 4, eccetera. Essenziale è la velocità di servizio e delle comande.
Gli ordini del food avvengono tramite iPad mentre gli ordini del beverage sono presi direttamente Per muovere una macchina del genere un grande aiuto viene dalla tecnologia.
Dice Ceccarini: “ci siamo affidati a BweB, un’azienda di Roma che ci ha creato vari gestionali che gestiscono i turni dei ragazzi e l’etichettatura in cucina, abbiamo dei badge, entrate e uscite sono monitorate e la turnistica è gestita in maniera automatica. Penso che le procedure e il monitoraggio dello staff vadano il più possibile standardizzati”.
Per quanto riguarda la domotica “controlliamo tutto da un tablet in cassa. Le luci ad esempio hanno vari scenari: quello del pranzo e della cena, quello delle pulizie, quello della chiusura. Per la musica cui abbiamo due postazioni dj, una per piano, stiamo studiando una programmazione per tenere un dj fisso perché dà un’atmosfera diversa. Ci siamo concentrati molto sulla customer experience, il cliente non solo deve tornare perché ha mangiato bene ma perché è stato bene, per l’atmosfera, il sorriso dei ragazzi [tutti molto giovani, ndr], il servizio attento e veloce”.
ISOLE DI DIVANI E CUCINA FUSION
Lo studio milanese Naos Design di Dario Alessi ha ideato un layout raffinato con “isole” create dai divani progettati ad hoc che rendono ogni tavolo separato in modo da creare una certa intimità. Ci sono anche tre strati di pannelli per l’insonorizzazione.
La cucina è un fusion che prevede dai bun ripieni di pollo o wagyu alla tako-su, insalata di polpo e basilico, dai nigiri con Patanegra ai nigiri aburi, scenograficamente scottati con il cannello al tavolo. E ancora i roll con burrata e gamberi di Mazara, oppure con avocado e nachos tex-mex, i maki nikkei e quelli tiki, fino al tataki di manzo con puntarelle e capperi.
La cantina è fatta di vini internazionali “cerchiamo di introdurre ogni settimana qualcosa di nuovo” e una quindicina di sakè.
PROSSIMO PASSO, IL BAR
La sera ai tavoli c’è la proposta del Mistery Cocktail, creato a seconda delle preferenze dell’ospite (livello gustativo e base) dal barman Marco Melzi, già head bartender di Agua Sancta. Cocktail leggeri adatti a pasteggiare. Ma a breve partirà il bar vero e proprio con ingresso riservato. “Vorremmo che il bar diventasse il cugino del ristorante, per ora ci siamo occupati solo di ristorazione e quindi ci siamo affidati a Marco Melzi per questo progetto”. Prospettive future? “Non ci fermeremo, vogliamo espanderci ma abbiamo in mente l’estero. Ci attira tanto la Spagna per le prossime aperture, magari Madrid, e la Francia”.
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