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30 Agosto 2014Contro le eccedenze alimentari si sono spesi Michelle Obama, Slow Food, il Barilla CFN, StefanoBottura e l’Unione Europea. Chef stellati ci hanno messo la faccia e si sono messi ai fornelli creando piatti golosi con gli avanzi, e stanno nascendo ristoranti che cucinano “a spreco zero”.
Perché occorre sapere che ogni anno solo in Italia vengono buttate 6 milioni di tonnellate di cibo tra avanzi non riutilizzati, alimenti scaduti o danneggiati (magari solo nelle confezioni), mentre 8 milioni di italiani sotto la soglia di povertà, non hanno soldi per comprarsi da mangiare. Il cibo viene sprecato a ogni stadio della catena alimentare, ma quanto di questo spreco è “colpa” dei ristoranti? Secondo un’indagine di Fondazione per la Sussidiarietà, Politecnico di Milano e Nielsen, mentre circa la metà del cibo è buttata dal consumatore finale, la ristorazione genera “solo” 200mila tonnellate di eccedenze. Che però ammontano al 6,3% del cibo gestito, mentre la produzione e distribuzione si attestano sul 2,5/2,9% e la trasformazione sullo 0,4 %. L’eccedenza alimentare è, almeno in parte, “fisiologica” e inevitabile. Esistono però delle azioni che si possono intraprendere per arginare il problema, ridistribuendo quella parte di alimenti ancora utilizzabile, che è circa la metà. Vediamo quali.
RIDARE AI POVERI. Fin dal 1997 il Banco Alimentare lavora per recuperare cibo e pasti caldi per strutture che si occupano di indigenti. Presente oggi in 20 città italiane, ha raccolto nel 2013 65mila tonnellate di cibo e 1 milione di pasti. Ma non è il solo. In campo sono scese associazioni e fondazioni. Come Qui Foundation (Qui Group) che con “Pasto buono” raccoglie alimenti ancora buoni ma non più commercializzabili, e i pasti invenduti dalle navi Tirrenia giunte in porto, per donarli a famiglie e persone bisognose. Last Minute Market recupera pasti cotti non serviti da mense e self-service e alimenti freschi da mercati e Gdo. Anche se sono tante le iniziative grandi e piccole di singoli, associazioni o parrocchie, oggi solo il 6% delle eccedenze prende la strada delle organizzazioni benefiche.
VASCHETTE ANTISPRECO. Un altro capitolo dello spreco riguarda il cibo lasciato nel piatto, che non può essere riproposto altrove. Ma può essere portato a casa da chi l’ha acquistato. Negli Stati Uniti si fa da sempre, qui da noi è necessario superare gli imbarazzi del cliente non abituato a reclamare ciò che ha già pagato. Molti ristoratori vedono di buon occhio la richiesta, perché significa che la cucina è stata apprezzata, ma forse la porzione era un po’ troppo abbondante. Però non sempre sono attrezzati con contenitori per alimenti adatti, pratici e possibilmente ecologici (per non pesare, ancora una volta, sull’ambiente). Su questo fronte sono varie le iniziative anche di enti locali e associazioni che creano di fatto circuiti di ristoranti in cui è offerta e promossa ai clienti la possibilità di portare a casa, in modo sicuro e igienico, l’eventuale cibo avanzato. La repeat box per i ristoranti del centro di Perugia, “Il Buono che avanza’” a Milano, eco-vaschetta a Rimini o “Ri-Gustami a casa” nella Provincia di Trento sono alcuni esempi. Comieco, Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica, ha ideato Portateco, che oltre al cibo rende trasportabile anche la bottiglia. Andrà però ricordato ai clienti che gli avanzi devono essere messi in frigo entro due ore e consumati entro ventiquattro.
LO SPRECO PASSA ANCHE PER LA CUCINA: alimenti scaduti o deteriorati devono essere buttati, ma ci sono anche gli avanzi dalla cottura. Qui, entra in gioco la capacità digestione, la pianificazione degli acquisti, la porzionatura (cui non sempre si dedica la giusta attenzione) e la conservazione. Un modo per minimizzare gli sperperi è conoscere in anticipo le ordinazioni, magari dando la possibilità al cliente di ordinare online da casa, e trovare il pasto pronto alla giusta ora: il cliente evita lunghe attese e la cucina si organizza.
Anche ricerche retroattive sulle scelte dei consumatori possono aiutare a pianificare meglio gli acquisti. Da questo punto di vista una mano la danno i programmi gestionali e le nuove tecnologie. È partita da Seattle e si è diffusa anche in Europa l’app Leftover Swap. Serve a mettere a disposizione i propri avanzi casalinghi a chi in zona ne avesse voglia/bisogno. Si sono iscritti anche alcuni ristoranti. Lato frigorifero, ci sono le innovazioni nel packaging, con vaschette o coperture di materiali che cambiano colore all’avvicinarsi della data di scadenza, segnalando che è ora di utilizzare l’alimento in questione.
Data di scadenza che potrebbe essere eliminata da alcuni alimenti secchi a lunga conservazione, come pasta, riso e caffè: ne stanno discutendo i ministri dell’Agricoltura UE. Con l’obiettivo, di eliminare gli sprechi alimentari, che l’Unione Europea vuole dimezzare entro il 2025.
UN IMPEGNO DA COMUNICARE. Quale che sia la via per diminuire gli sprechi, il risultato sarà sempre positivo. Migliorare i processi in cucina aiuta l’ambiente e fa risparmiare denaro. Agevolare il recupero di cibo e vino non consumati è un servizio al cliente oltre che all’ambiente. Donare i pasti a enti benefici e comunicare che si aiuta la comunità locale migliora l’immagine dell’esercizio, dal punto di vista della responsabilità sociale ed ambientale. Insomma, non ci sono scuse: l’obiettivo dello spreco zero è buono, giusto e conveniente.
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