bevande
17 Giugno 2015[caption id="attachment_78415" align="alignleft" width="199"] Antonio Santarelli[/caption]
Vino autoctono italiano, nel mondo significa soprattutto Made in Italy e ognuno di questi vini racconta una parte della nostra incredibile storia e civiltà. Chi ha avuto consapevolezza di ciò negli anni ha creato intorno ad essi un florido mercato, che in tempi di Expo, diventa veramente un messaggio di marketing globale. Casale del Giglio ad esempio, celebre cantina laziale diretta da Antonio Santarelli, nel 1985 ha avviato un progetto di sperimentazione con l’introduzione sul territorio dell’Agro Pontino di vigneti provenienti da Bordeaux. Oggi possiede 180 ettari di vigneto riconvertiti, e diverse sono le varietà introdotte, tutte caratterizzate dall’interazione qualitativa “Vitigno-Territorio”. Ragguardevoli risultati sono stati raggiunti dai rossi Syrah, Petit Verdot, Tempranillo e dai bianchi Chardonnay, Viognier e Petit Manseng.
Poi, cinque anni fa ha cambiato rotta, sviluppando il primo progetto di recupero di un vitigno autoctono sull’ Isola di Ponza, che ha permesso di riscoprire l’antico vitigno locale, la Biancolella di Ponza, varietà originaria della Campania, ora autoctona laziale, importata da Ischia nella metà del ‘700 ai tempi del Regno di Napoli sotto i Borbone. Il nuovo progetto per Casale del Giglio vede oggi protagonista un altro vitigno autoctono, tipico proprio della zona di Anzio: il Bellone. Di origini antichissime, noto già in epoca romana e citato da Plinio come "uva pantastica", il Bellone è presente nell’area che va dai Castelli Romani, ai Monti Lepini sino alle propaggini verso il mare.
“Antium – Bellone di Anzio 2014” è la nuova etichetta di Casale del Giglio che commemora anche la ricorrenza dei “30 Anni di Ricerca e Sperimentazione” dell’Azienda. Conosciuto anche come “uva pane”, per la sua buccia spessa e consistente, il Bellone si presenta di colore giallo intenso, con riflessi dorati. Vino solare con sentori di frutta esotica ben matura, come mango e papaya, contrapposti ad una consistente acidità, è idoneo a lunghi affinamenti in bottiglia. In bocca risulta ampio, ricco e persistente, con leggere sfumature floreali e speziate e con sapidità e mineralità molto pronunciate. L’abbinamento ideale è con la “Minestra di Sgavajone”: tipica minestra dei pescatori di Anzio.
Guido Montaldo. Giornalista, storico, esperto in comunicazione del vino. redazione@ilbuonodellavita.com
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