spirits

16 Gennaio 2020

Per il mercato dei distillati serve gioco di squadra

di Maria Elena Dipace


Per il mercato dei distillati serve gioco di squadra

Il settore distillatorio ha consolidato la sua presenza sul mercato italiano mostrando la sua unicità anche all’estero. Pur puntando come sempre sulla qualità delle materie prime e sulla tradizione, le innovazioni di prodotto e le nuove tecnologie stanno rivestendo un ruolo sempre più importante e significativo nello scenario della distillazione. Questo il quadro illustrato lo scorso giugno in occasione della 73esima Assemblea Generale di AssoDistil, l’Associazione Nazionale Industriali Distillatori di Alcoli ed Acquaviti. Durante l’incontro sono stati illustrati i dati della ricerca “Osservatorio congiunturale sull’industria dei distillati” – a cura di Format Research – che hanno mostrato un comparto che, nonostante un lieve calo dei ricavi, vede un mercato domestico consolidato e una crescita dell’export nei territori europei ed extra europei, soprattutto sulle tavole di Nord America ed Estremo Oriente. Uno scenario che tiene conto di una ‘geografia’ delle distillerie che vede le più importanti collocate per lo più nel centro-nord. L’80% di esse non supera i 9 addetti: si tratta per lo più di micro imprese, che producono eccellenze spesso conosciute solo sul territorio nazionale o regionale. Tutto il comparto fattura complessivamente circa 300 milioni l’anno con una produzione sostanzialmente stabile: vengono prodotti ogni anno tra gli 80 e i 90mila ettanidri (un ettanidro corrisponde a cento litri di alcol), ovvero circa 200mila ettolitri di distillati. Insomma, un comparto che rappresenta un fiore all’occhiello per il made in Italy, un prodotto esclusivamente tricolore, vanto ed eccellenza della nostra Penisola. Ne parliamo con due delle figure cardine di AssoDistil, il Presidente Antonio Emaldi e il Direttore Sandro Cobror, reduci dal recente convegno “Grappa, il futuro che ci aspetta”, organizzato lo scorso ottobre in occasione dei festeggiamenti per i 70 anni della Distilleria Marzadro: un confronto tra produttori e categorie per riflettere sul futuro del settore e sui nuovi business.

MERCATI DI DESTINAZIONE
A cavallo tra il 2018 e il 2019 si è registrato un incremento dell’attività di export: +1,5 punti verso i paesi europei, +1,9 punti verso i paesi extra europei.Partiamo dal tema centrale del Convegno organizzato dalla Distilleria Marzadro: quale futuro per la grappa? 
Il futuro della grappa, il distillato italiano per eccellenza, titolare di Indicazione Geografica riconosciuta dal Reg. (UE) n. 2019/787, si gioca sulla capacità di innovarsi intercettando le nuove tendenze di consumo ma soprattutto orientandosi all’export. Questi obiettivi vanno perseguiti rispettando la tradizione lunga due secoli che è fatta dell’impegno e della passione di generazioni di grappaioli, che ottengono prodotti di sempre migliore qualità e diversificati: dalle grappe “giovani” aromatiche a quelle “riserva” ottenute da pregiati monovitigni. Grazie a questa miscela di nuovo e di antico, e alla capacità delle nuove generazioni di guardare ai mercati internazionali, il futuro della grappa si preannuncia all’insegna dell’ottimismo seppure nella consapevolezza che la competizione globale e le dimensioni dei competitor rendono la sfida molto impegnativa.

QUALI SONO NELLO SPECIFICO I MERCATI DI SBOCCO EXTRA UE DELL’AZIENDA?

Il Convegno, alla sua prima edizione, ha posto l’accento, tra gli altri, su due aspetti fondamentali per il comparto delle distillerie italiane: l’economia circolare e la necessità di “fare squadra” per affrontare l’export. Partiamo dal concetto di economia circolare…
Il comparto distillatorio ha da sempre valorizzato al massimo la materia prima a disposizione: dalle vinacce non si ottengono solo nobili distillati, ma anche molti altri prodotti come, ad esempio, additivi alimentari e coloranti naturali, ma anche olio e proantocianidine dai vinaccioli dalle notevoli proprietà nutraceutiche e cosmetiche, e – inoltre – alcole per usi industriali. Infine bioenergia, biogas ed energia elettrica “verde”. Tutto ciò che residua da tali processi viene restituito all’agricoltura sotto forma di ammendanti e fertilizzanti, chiudendo il cerchio e dando vita a quella che oggi chiamiamo “economia circolare”, e cioè una economia a bassissimo impatto ambientale e – quasi – zero rifiuti. In questo contesto, il comparto distillatorio produce anche il biocarburante sostenibile più utilizzato al mondo nei trasporti per abbattere drasticamente (oltre il 70%) le emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici in atto: il bioetanolo, che può essere utilizzato già oggi senza alcuna necessità di creare nuove infrastrutture. Nonostante la sua fama mondiale e la necessità – e urgenza – di abbattere le emissioni nocive delle nostre auto, il bioetanolo non è ancora diffuso nel nostro Paese. È per questo che AssoDistil organizza – il 12 novembre prossimo a Roma – un evento divulgativo e di riflessione sulle prospettive del bioetanolo in Italia, evento per il quale abbiamo già registrato grande interesse da parte delle nostre Istituzioni.

L’IMPRESA HA PARTECIPATO COME ESPOSITORE A FIERE INTERNAZIONALI NEL CORSO DELL’ULTIMO ANNO? 

C’è poi la necessità di fare squadra: distillerie, quasi tutte a gestione familiare, che non hanno le dimensioni per affrontare l’export, che sembra essere uno degli sbocchi più importanti in questo momento per il comparto…
Proprio così. Oltre l’80% delle aziende del comparto sono microimprese, fino a 9 dipendenti, perché imprese familiari che da sempre hanno privilegiato la qualità alla quantità, lavorando quindi in maniera ancora artigianale. Tuttavia, la necessaria esposizione ai mercatI internazionali, forza le aziende a fare squadra e a promuovere assieme la grappa prima ancora che le singole imprese. Non vi sono alternative: il mercato nazionale è sostanzialmente stabile da alcuni anni, così come lo sono i mercati esteri tradizionalmente ricettivi per il nostro distillato, come Germania e Svizzera, mentre si registrano interessanti sviluppi nel mercato dell’est Europa ma anche negli Stati Uniti e in Cina. Questi ultimi in particolare, a causa di una concorrenza fortissima da parte di prodotti magari di minore qualità ma certamente forti della promozione di grandi multinazionali del settore, necessitano di un lavoro di squadra senza il quale la dimensione delle nostre imprese non potrà mai competere, se non in casi sporadici di successo. Una opportunità concreta di fare squadra è offerta dalla possibilità di costituire un Consorzio di Tutela e Promozione della Grappa IG, oggi inesistente, per il quale si è da lungo tempo in attesa della finalizzazione e pubblicazione del relativo Decreto da parte del Ministero delle Politiche Agricole. Decreto senza il quale non è possibile procedere al riconoscimento del Consorzio stesso. Tra le sue prerogative vi è proprio la possibilità di tutelare la grappa, ad esempio da possibili fenomeni di usurpazione del nome, ma anche di attivare gli strumenti propri per promuovere la grappa nel mondo, il tutto con un gioco di squadra: esattamente ciò che serve.

I NUMERI DELLA GRAPPA
In Italia, almeno 135 imprese operative nel comparto distillatorio.


Facciamo un passo indietro. Lo scorso giugno avete presentato i dati della ricerca di Format 
Research. Qual è lo stato dell’arte del mercato grappa?
Come detto, oltre l’80% delle imprese del comparto sono microimprese. La dimensione aziendale, oltre a limitare la capacità di affermarsi sui mercati esteri, impedisce a molte aziende di far conoscere il proprio prodotto perfino sul territorio nazionale, limitando le vendite di fatto addirittura alla regione di appartenenza. Di contro, si registra come la stragrande maggioranza delle aziende mostri una chiara vocazione all’esportazione, vocazione che deve però fare i conti con la struttura organizzativa dell’impresa stessa. Nonostante questa oggettiva penalizzazione, il comparto mostra incoraggianti segnali sul fronte della volontà di “fare squadra” ma anche di innovarsi puntando a qualità del prodotto sempre migliore e proponendo una modalità di consumo fino a oggi inconsueta per il nostro distillato come, ad esempio, il nuovo trend della mixology che trova sempre maggiore apprezzamento tra i più quotati bartender mondiali.

Dai dati emerge che le prime 10 aziende per volumi, che aggregate valgono 211 milioni di euro di fatturato, crescono tutte con una media di oltre il 6%. È positiva anche la situazione registrata sul versante della marginalità, con un’ebitda medio superiore al 10%...
Chi punta alla qualità ha dimostrato che questa è la strada giusta per una migliore valorizzazione del prodotto. C’è però da aggiungere che alcune aziende hanno raggiunto traguardi importanti dal punto di vista dell’ebitda (margine operativo lordo) aziendale grazie anche alla diversificazione del business, che significa non solo prodotti migliori, diversi e più versatili, ma anche capacità di sfruttare l’intera potenzialità che offre un prodotto come la grappa, che rappresenta il “made in Italy” nel senso più classico del termine: territorio, cura del prodotto e passione. Per permettere di “toccare con mano” tutto questo, alcuni produttori hanno saggiamente investito anche nell’accoglienza con la realizzazione di Resort incredibilmente belli e perfettamente integrati nel territorio così che, chi vi soggiorna, può cogliere quell’italian style che va appunto dall’accoglienza alla degustazione dei prodotti del territorio in contesti di indiscusso charme. Ecco, questa capacità di comprendere tutte le positive implicazioni della produzione della grappa, hanno certamente aiutato alcuni produttori a irrobustire il proprio ebitda, ma hanno soprattutto contribuito – e contribuiscono – a una immagine della grappa molto positiva e “italiana”.

FATTO 100 IL FATTURATO DELL’IMPRESA, IN QUALI MERCATI GEOGRAFICI HA VENDUTO (DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE) I PROPRI PRODOTTI NELL’ULTIMO ANNO?

Un settore dinamico che, nonostante un lieve calo dei ricavi, ha consolidato la sua presenza nel mercato italiano.
I dati in nostro possesso – e che registriamo da anni – indicano che eventuali oscillazioni sulle vendite sono da attribuire più alle normali dinamiche della vendemmia che ad altri parametri. Non vi è dubbio, tuttavia, che il mercato italiano si stia consolidando, e crediamo che questo sia il frutto di un’attenzione sempre crescente dei produttori alla selezione delle materie prime, allo stoccaggio accurato delle vinacce e a processi sempre più controllati. Il risultato è un prodotto di sempre maggiore qualità apprezzato da chi, come gli italiani, sa apprezzare e distinguere la qualità. Come già accennato, si lavora, con il necessario contributo di conoscenza che viene dal mondo della ricerca pubblica e privata, a un ulteriore miglioramento qualitativo che può arrivare anche da ciò che si fa in vigna: sembra banale ma, un attento lavoro in vigna si riflette non solo sulla qualità del vino che si ottiene, come sanno benissimo i produttori vinicoli, ma anche su una qualità superiore della grappa che da tali vinacce si origina.

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