16 Maggio 2020
Riccardo Dominici, classe 1977, è a oggi un bartender affermato e trainer Planet One. Nel 2002 si trasferisce in toscana e apre il suo primo locale. Nel 2003, segue il suo primo corso basic in Planet One e, da quel momento, la passione per questo lavoro cresce in maniera esponenziale. Intraprendente, motivato, flessibile e dinamico, Riccardo è un professionista fatto e finito che, oltre a portare avanti la sua passione, si confronta con la formazione dei futuri bartender.
Riccardo, hai un sacco di esperienza alle spalle. Raccontaci com’è nata la tua avventura nel mondo del bartending.
Come ho cominciato questo lavoro? Per caso, come cominciano poi tutte le più belle avventure. C’era una volta… potrei cominciare così, dato che tutto è iniziato un po’ di tempo fa, precisamente nel 2002, quando decisi di trasferirmi in Toscana e aprire un cocktail bar. Se mi chiedeste oggi cosa cambierei in tutto quello che ho fatto nel mio lavoro, e se avessi a disposizione una macchina del tempo, non avrei dubbi, mi spingerei fino a 80 miglia orarie e mi catapulterei nel 2002 quando ho aperto il mio primo locale (Grande Giove). La prima cosa che farei sarebbe formarmi al meglio sia nella miscelazione che nel marketing. Premetto che ero totalmente inesperto del settore e, purtroppo, mi devo inserire in quella cerchia di persone che prima aprono i locali e poi fanno una formazione adeguata. Come dico sempre nei miei corsi ai futuri imprenditori del settore, se avessi avuto un’esperienza formativa giusta sin dal principio, sicuramente ora avrei qualche soldo in piú in banca.
Ci puoi raccontare qual è stato il percorso che ti ha portato verso la strada della formazione?
Quando ho cominciato a fare il bartender, sicuramente non si aveva la cultura della miscelazione come ai giorni nostri. All’inizio, come un po’ tutti, rubi qualche cosa a un amico presumibilmente più bravo di te. Compri qualche libro che ti apre un mondo totalmente nuovo e ti appassioni sempre di più, fino a quando realizzi che, per poter realmente fare questo mestiere nel migliore dei modi e diventare un vero professionista, devi fare dei corsi di formazione. Da quel momento non mi sono più fermato. Come sempre nella vita ci vuole una buone dose di fortuna, anche se credo che più uno lavora duro, più fortuna ha; la mia è stata l’essere contattato dalla scuola Planet One (una sede molto vicina a casa mia), chiedendomi se volessi diventare Trainer. Che dire, era sempre stato il mio sogno nel cassetto e mi ci sono buttato a capofitto. Mi ha dato la possibilità di insegnare e trasmettere quello che per me è – e sarà – il lavoro più bello del mondo.
Come trainer Planet One ti confronti spesso con la formazione di futuri bartender. Hai un consiglio in particolare per chi vuole intraprendere questo percorso?
La prima cosa che mi viene in mente è la “Lettera a un giovane Bartender”, scritta da Gary Regan (se non l’avete mai letta vi invito a farlo). E poi c’è la passione, perché è alla base di questa professione, e vi assicuro che le persone se ne accorgono! Si vede se per te quello che fai ha un valore superiore. Purtroppo però la passione non è sufficiente. Quando si lavora sul serio ci sono momenti duri, faticosi e, peggio ancora, sacrifici e rinunce; quello che vi posso assicurare è che tutto ciò viene ripagato con momenti ed esperienze davvero straordinarie che non dimenticherete mai per il resto della vita. Fare il barman ti permette di essere un artista in movimento e la miscelazione ti aiuta a crescere e ad apprendere sempre cose nuove rendendo il lavoro sempre più emozionante. Il linguaggio dei cocktail è internazionale, per cui puoi scegliere dove andare a lavorare spostandoti di città in città, cambiando stagione e latitudine.
Cosa significa creare una drink list,e quanto lavoro si nasconde dietro alla creazione di un cocktail?
Creare una propria ‘signature drink’ è la maggior espressività che ogni bartender offre del proprio lavoro. Quando si crea un nuovo drink, almeno per quanto mi riguarda, si parte principalmente da un’emozione, trasferire in maniera liquida un’esperienza che vogliamo dare al nostro cliente. Dietro a questo c’è un lavoro certosino fatto di prove su prove, uno studio molto importante delle materie prime che si utilizzano e come vengono lavorate, sugli accostamenti migliori, sul tipo di tecnica di preparazione, fino ad arrivare al tipo di bicchiere e, infine non meno importante, un grande nome che renda il cocktail memorabile.
[caption id="attachment_176124" align="alignnone" width="781"] "La passione è alla base di questa professione, e vi assicuro che le persone se ne accorgono!"[/caption]
Hai un cocktail a cui sei particolarmente legato?
Sicuramente l’Old Fashioned, il drink che si avvicina maggiormente ai miei gusti. Da buon amante di whisky, è il cocktail che secondo me lo rappresenta al meglio. Già il nome ci fa capire che parliamo di un drink vecchio stile, perciò pochissimi ingredienti, al massimo possiamo cambiarli (twistare) aggiungendone un paio in più, per non snaturare un cocktail da rispettare in maniera più assoluta.
In una drink list che si rispetti, esiste un cocktail che non dovrebbe mai mancare?
Premetto che sono un amante dei classici, a mio avviso non devono mai mancare cocktail come il Negroni, l’Americano, il Dry Martini o un ottimo Manhattan per l’aperitivo. Continuando la serata magari con un bel Daiquiri, Gimlet, un Margarita per chi è amante del Tequila, qualcosa di meno impegnativo come un Fizz, e, perché no, un Old Fashioned. E qui sono di parte!
CARAMBA SPICY
Ingredienti:
- 4,5 cl Cachaça
- 6 cl Shrub di frutti rossi e timo
- 1,5 cl ginger honey
- 1/2 lime
- Top Ginger Beer
Tecnica: muddle & swizzle
Guarnizione: dried lime e rametto di timo
Bicchiere: tumbler alto
EL DORADO
Ingredienti:
- 4,5 cl Rum
- 10 cl Suze
- 10 cl succo di Lime
- 10 cl purea di ananas
Tecnica: shake and strain
Guarnizione: dried ananas e foglia di shiso
Bicchiere: tumbler basso
N100 (NIO)
Ingredienti:
- 3 cl Bourbon alla ciliegia
- 3 cl Vermouth alla mandorla
- 3 cl bitter Campari
- 2 dash bitter ai frutti rossi
Guarnizione: zest di arancio
Bicchiere: calice
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A cura di Matteo Cioffi
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