spirits
06 Ottobre 2020Eppur si muove. Come l’outfit anche il mercato dei superalcoolici è soggetto a mode e tendenze; le variabili sono molte e diverse, seppur tra loro collegate. È un settore in continuo fermento e movimento, dove nulla è uguale a prima e tutto sarà, domani, diverso rispetto a oggi. Il focus è quindi sui distillati: chi sale e chi scende, e perché? Sette, tra esperti e addetti ai lavori, disegnano il presente e ne prevedono il futuro.
LE RELAZIONI (NON) PERICOLOSE
Amari e Mezcal sugli allori: pur tra loro diversi sono uniti da un filo tutt’altro che esile: “carattere, artigianato, passione rurale – dichiara Matteo “Zed” Zamberlan, bar manager del romano The Court – sono note comuni. Prevedo Margarita e Paloma tagliati col Mezcal e un tocco di amaro, oggi protagonista con nuovi blend ed etichette, in molti drinks”. Conferma l’ascesa degli amari anche Fabio Bacchi, imprenditore della spirit industry: “ci sono fermento e attenzione, con nuove referenze che cercano sbocchi all’estero grazie all’interesse internazionale. Alcuni ‘dormienti’ brand storici sono stati acquisti da grandi gruppi; sono prodotti premium destinati a bar importanti e palati esigenti”. Dal Mezcal a suo cugino, il Tequila: “è sempre più apprezzato – spiega Alessandro Melis, imprenditore e consulente mixology – da un target compreso tra i 25 e i 45 anni ed è particolarmente gradito dal pubblico femminile”. Si spinge oltre Andrea Panella, bartender del Mandarin Bar & Bistrot di Milano: “la qualità va crescendo per un distillato che, se prima era difficile per la sua ruvidità, ora è pronto al palato di tutti”. Stagionalità e temperature giocano, secondo Mattia Pastori, consulente e imprenditore mixology, a favore del suo consumo: “si affaccia sempre con maggior successo sulla scena, soprattutto nel periodo estivo grazie al suo spirito esotico e alla ricchezza di sentori e profumi”.
[caption id="attachment_178416" align="aligncenter" width="700"] Mandar Bar & Bistrot, Milano[/caption]
IL SUCCESSO DEI GRANDI CLASSICI
Da spirits classici ad altri, forse ancora più tradizionali e iconici: sotto la lente d’ingrandimento Whisky, Gin e Vodka. Segno più per tutti e tre, a sentire Luca Pirola, consulente e imprenditore beverage: “il Whisky rimane il re degli spirits, con le sue quotazioni, disciplinare e regole che hanno fatto sì che il suo target di appassionati proliferasse e così le sue etichette. La Vodka, che sembrava passata di moda, resiste come best seller, perché nella miscelazione rimane un punto cardine in alcuni dei drink più venduti; il Gin cavalca il binomio moda e tasting, usando Negroni, Martini Cocktail e Gin Tonic come suoi ambasciatori: tre dei cocktail più bevuti al mondo per target differenti a seconda della fascia oraria di consumo”. Tre grandi classici, questi, che si possono accomunare – racconta Alessandro Melis – nel nome “craft spirits”: “ci sarà una continua ascesa delle vendite: sono prodotti da piccole distillerie artigianali che uniscono passione e ricerca. Saranno da tenere d’occhio anche i Whisky irlandesi: molti piccoli produttori stanno realizzando ottime referenze. Anche i Bourbon sono in ascesa, soprattutto nel mercato europeo”.
TRA CONFERME E NOVITÀ
Per Rum, Grappe, Brandy e Cognac le opinioni possono invece divergere. Pollice verso per il Rum, secondo Matteo “Zed” Zamberlan: “in origine osannato, amato e bevuto, perde ora sempre più terreno, soprattutto perché non più di moda”. Stessa opinione per Andrea Panella: “è un distillato che ha difficoltà nel mercato italiano. Negli anni ’90 è stato legato al consumo di massa e il suo momento pare in leggera discesa. Rimangono in commercio brand noti, che però faticano”. Un grande avvenire, invece, per Fabio Bacchi, secondo il quale “continua il suo lento ma inesorabile percorso di crescita e tutela qualitativa portato avanti da tenaci esperti di settore”. Mattia Pastori assiste invece a una certa flessione di Brandy e Cognac: “scendono come gradimento e consumo: sono due prodotti che non hanno saputo crearsi un nuovo pubblico e riposizionarsi”. Ancora qualche difficoltà anche per la grappa, per Fabio Bacchi: “è la solita storica e atavica fatica, per un distillato che pur cerca di darsi una nuova identità, più fresca e giovanile”. Ci saranno novità? Si, a sentire Guglielmo Miriello, bar manager del milanese Ceresio 7: “si parla di ascesa del Calvados: un superalcolico poco conosciuto e apprezzato con un grande futuro nelle sperimentazioni della mixology”. Emerge infine il target del consumatore attuale e, forse, futuro: le più dinamiche e versatili sono le donne, il cliente tipo è più informato, consapevole e più giovane e, ancor più di prima, alza l’asticella alla ricerca di prodotti premium. E tutto questo i players più attenti lo hanno capito.
[caption id="attachment_178415" align="aligncenter" width="700"] Ceresio 7, Milano[/caption]
IL FUTURO È ROSA
Non ci sono numeri destinati al solo consumo di superalcolici, ma un profilo lo si può fare. I dati emergono da uno studio Istat sul consumo di alcol (vino, birra, amari e superalcolici) in Italia: nel 2018 l’incremento è stato dell’1,4% (da 65,4% nel 2017 al 66,8%) dovuto in larga parte alle donne, passando dal 53,5% al 55,4%. Cambiano i comportamenti: se nell’ultimo decennio le consumatrici giornaliere sono scese da 4 milioni 101mila a 3 milioni 48mila (-25,7% contro -21,6% dei maschi), chi beve fuori pasto è aumentato da 4 milioni 68 mila a 5 milioni 740 mila (+41,1% contro il +13,2% degli uomini); 12 milioni 518mila sono quelle occasionali (+10,3%). Per quanto riguarda amari e liquori (preferiti dal gentil sesso rispetto a vino e birra), si pensa che il loro successo si debba all’uso di dolcificanti e aromi naturali al posto dello zucchero, per un minor apporto calorico.
[caption id="attachment_178417" align="aligncenter" width="700"] The Court, Roma[/caption]
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A cura di Matteo Cioffi
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