04 Novembre 2020

Luigi Biasetto, l’uomo dietro il pasticcere

di Maria Elena Dipace


Luigi Biasetto, l’uomo dietro il pasticcere

Una storia molto affascinante da raccontare. Una passione di famiglia che si intreccia tra Bruxelles e Mestre. È la storia di Luigi Biasetto, un percorso, il suo, fatto di passione per la pasticceria e di ricerca dell’armonia assoluta che il grande Maestro ha voluto condividere con noi. Nasce a Bruxelles, città di cioccolato e di dolci, e si diploma Mâitre Pâtissier Chocolatier Confiseur Glacier. I numerosi successi ottenuti durante questi anni per lui non sono un punto di arrivo ma una sfida al continuo miglioramento. “Dobbiamo saper ricordare da dove arriviamo, questo ci aiuta a capire meglio dove vogliamo andare”…

Quanto è stato importante cominciare il tuo percorso nel mondo della pasticceria in Belgio?
È stato determinante. Sono di cultura italiana da parte di nonni e genitori e di infarinatura internazionale per il tipo di scuola frequentata: una realtà unica al mondo, non esisteva alcuna struttura che nella scuola dell’obbligo desse una formazione così approfondita e che si occupasse anche di ricerca nell’industria alimentare (CERIA), insieme a chimica, fisica e molto altro. A partire dai 13 anni, i ragazzi frequentavano due anni di “orientamento” e poi i successivi tre servivano ad acquisire competenze specialistiche in un particolare ambito dell’industria alimentare: pasticceria, macelleria, gastronomia, chimica alimentare etc…

Una carriera partita molto giovane con importanti riconoscimenti, come nell’86 quando ti sei aggiudicato la medaglia d’argento come miglior pasticcere europeo. Ci racconti le tappe più importanti, passando per l’ingresso nel ’95 nell’Accademia dei Pasticceri Italiani presieduta da Iginio Massari…
Competere significa mettersi sempre in gioco: a livello sportivo significa doversi sforzare di andare oltre i propri limiti. Al pari, l’Accademia dei Pasticceri Italiani è un centro di confronto, dove io metto a disposizione degli altri le mie conoscenze e viceversa. Dalla fine degli anni ’70, nel nostro campo sono nate una serie di competizioni per essere riconosciuti a livello internazionale, alle quali ho avuto la possibilità di partecipare. Sono arrivato in Italia nell’89, in veste di consulente: questo Paese necessitava di un aggiornamento sulle fondamenta della pasticceria internazionale. Questa è stata una grande opportunità per me. Mi ha permesso di viaggiare attraverso l’Europa, conoscendo moltissime realtà, grandi e piccole.

Il ’97 è l’anno della creazione della Setteveli, divenuto poi un marchio registrato. Raccontiamo come nasce l’intuizione e quanto abbia influito nel tuo percorso…
Qualsiasi mia creazione prende in considerazione i cinque sensi e mira a soddisfarli pienamente. Un dolce deve essere di bell’aspetto, deve avere un suono quando si taglia, e sicuramente una certa consistenza... Deve valorizzare il gusto nella sua complessità, non solo come somma di cinque sapori ma anche come susseguirsi di aromi eleganti. Da questi principi nasce la Setteveli.

[caption id="attachment_178617" align="aligncenter" width="982"] Le tre torte Meridiana, Setteveli e Violetta.[/caption]

Fare il pasticcere oggi significa non accontentarsi mai: è necessario conoscere le materie prime e le variabili che possono influire sulla loro lavorazione, i processi, al livello chimico e fisico, e il business. Come si è arrivati a questo punto e come spieghi questi passaggi oggi fondamentali per questa professione?
Io credo che siamo arrivati fin qui grazie alla necessità di conoscere fino in fondo l’interazione degli ingredienti tra di loro, con l’obbligo di sbagliare di meno per stare in equilibrio nel mercato più caro, competitivo e impegnativo del mondo. Potremmo dire che l’artigianato doveva evolversi in un mercato fortemente competitivo, trascendendo i limiti della creazione di alimenti, sfociando quindi prima nella conoscenza profonda delle trasformazioni delle materie prime e poi nell’imprenditoria.

Savoir faire e faire savoir: è la necessità di oggi, la più stringente, specie la  seconda, perché le persone vogliono capire il “perché” dei tratti distintivi di un dolce. Oggi il consumatore vuole sapere il “perché del perché”… 
Certo. Il cliente oggi vuole vedere di più, curiosare, imparare e poi, magari, mettere in pratica. In un mondo fortemente connesso, la curiosità viene stimolata molto e di conseguenza la ricerca della verità, la volontà di conoscere e di saper riconoscere i processi che vanno a comporre il prodotto, e molto altro.

Creatività e ricerca: come l’alta moda, anche la pasticceria presenta marcati tratti estetici (ma si combina con l’alimentazione). Da cosa nasce questa passione per la forma nel consumatore?
L’arrivo della rete ha espanso le possibilità di essere visti. Non esistono più limiti geografici. Inoltre, ha agevolato la conoscenza di ciò che succede oltre i confini nazionali e ha, di conseguenza, stimolato la creatività, l’inventiva e il confronto. Se poi da un lato, la progressiva cancellazione dei confini tramite il web ha stimolato la creatività e la competizione su scala mondiale, dall’altro il rischio è quello di farsi intrappolare dalla corrente, standardizzando il prodotto, conformandosi, e banalizzando la propria creatività. Questa è la globalizzazione. Il tiramisù in tutto il mondo va benissimo, ma bisogna prestare attenzione a non dimenticare le proprie radici, la propria tradizione e storia.

[caption id="attachment_178616" align="aligncenter" width="1050"] La pasticceria Biasetto[/caption]

Il dolce rappresenta la necessità di avere energia, attraverso lo zucchero, che è la benzina del metabolismo. Tuttavia, la pasticceria non è un bisogno fisiologico, è un bisogno dell’anima, un ritorno all’essenziale. Come si coniuga questo con il desiderio di condivisione insita oggi nel mondo della pasticceria?
In fin dei conti è l’essenza stessa dell’essere umano: una persona che ama, che stima qualcun altro, desidera condividere. In francese si dice “partager”, condividere. Una cosa che noto, è che le persone prima fotografano il piatto, lo condividono online o con i propri cari e solo dopo lo mangiano.

All’estero, mai come ora, il termine ‘barista’ è diventato sinonimo di competenza e professionalità. Ritieni sia il momento di imparare a ‘venderci’ meglio investendo in marketing e comunicazione? 
Dico sempre: “quando arriverà il momento, sarà sempre troppo tardi”. L’uomo capace e talentuoso, se non condivide, è destinato ad appassire; e con lui non solo la sua persona ma anche la sua storia.

[caption id="attachment_178620" align="aligncenter" width="739"] Luigi Biasetto e alcune delle sue dolci creazioni.[/caption]

Come sta cambiando, e cambierà, il mondo dopo la pandemia anche in rapporto al mondo dell’ospitalità professionale?
Questa pandemia sicuramente ha sconvolto il pianeta. Secondo me, per molti, tra i più sensibili, la condivisione sarà ancor più una vera e propria ricchezza, e questo potrebbe tradursi in una maggior capacità di riconoscere le cose belle e buone…

La tua esperienza in TV. Dopo essere stato ospite della prima edizione di Masterchef nel 2011, e giudice nel 2015 del programma Il più grande pasticcere su Rai2 assieme a Iginio Massari, ora è il momento di ABKS su Sky. Raccontaci di questa nuova avventura… 
Il linguaggio della qualità, anche e soprattutto nel cibo, è universale e non conosce barriere dettate dalla diversa specializzazione. Il cibo, oltre che sussistenza, è piacere. Da qui, nasce la collaborazione con ABKS, dal promuovere un progetto assieme, entrando nelle case delle persone per strappare un sorriso, condividendo prelibatezze e divertendosi.

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