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28 Febbraio 2022Tuttavia in passato è stato fatto un esperimento temporaneo, in attesa di perfezionare il progetto e raccogliere i fondi necessari per una location permanente. Il “Dawn Ver Beta”, questo il nome, è rimasto aperto nella capitale giapponese per sole due settimane nel 2018: aveva dieci dipendenti, affetti da malattie come la SLA e altre lesioni del midollo spinale, che sono stati pagati 1.000 yen (quasi 8 euro) all’ora.
Come si può comandare un cameriere hit-tech dal proprio salotto o dalla camera da letto, anche a centinaia di chilometri di distanza? Il robot viene controllato tramite computer grazie a un sistema in grado di interpretare i movimenti oculari della persona affetta da paralisi, che, come un pilota, può guidare i movimenti dell’androide e interagire con l’ambiente circostante. Ecco allora che OriHime-D, dotato di telecamera, microfono e altoparlante, può parlare con i clienti, prendere le ordinazioni, gestire gli strumenti di lavoro. Dopo aver accolto le persone, scivolerà via con la sua andatura fluida e tornerà con un vassoio da cui prelevare la propria consumazione, magari un caffè o un cocktail preparati dallo stesso robot, che sa fare anche il barman.
Non solo: nel caso della versione più evoluta OriHime-D, è anche possibile cambiare il colore degli occhi al robot rispetto al verde di base, rendendolo più espressivo, a seconda dello stato d’animo che si vuole comunicare durante la giornata.
“Finché sono in vita, voglio restituire qualcosa alla comunità lavorando. Mi sento felice se posso far parte della società”, dichiara Michio Imai, dipendente del Dawn Café, che soffre di disturbo da sintomi somatici. “Parlo con i nostri clienti di molti argomenti, tra cui il meteo, la mia città natale e le mie condizioni di salute”.
La squadra dei “piloti” di OriHime-D è numerosa: come lui, anche Masako, Koyasan, Marie e molti altri sono pronti a darsi da fare per superare quel senso di abbandono e di inutilità che rischia di prendere il sopravvento quando ci si sente soli. “Il nostro obiettivo finale è utilizzare la tecnologia come catalizzatore per ridurre i numerosi ostacoli che impediscono alle persone di partecipare alla società e renderla più inclusiva”, conclude l’ideatore del Café Dawn.
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A cura di Matteo Cioffi
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