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Mixer

/ APRILE 2017

MIXABILITY

Bartender

ma di certo questi elementi salutistici si stanno radicando

sempre più e difficilmente si tornerà indietro. Oggi più che

mai l’evoluzione mette a disposizione del barman prodotti

qualitativamentemolto alti, sta al barman trovare una sintesi

tra tutte queste influenze possibili, aprendo la sua curiosità

a 360 gradi per poi condensare il tutto in un bicchiere”.

Si parla tanto di cucina a km 0 e di localismo per le mate-

rie prime che finiscono in tavola. Anche per il mondo dei

cocktail questo fenomeno è rilevante?

Ci sono colleghi che ragionano in questo modo, ma secondo

il mio parere il localismo è limitante per il barman e il suo pro-

cesso creativo. Ritengo che chi sceglie di lavorare in questo

ambito possa attingere da numerosi ingredienti provenienti

da tutto il mondo e questa è una fortuna perché non c’è limite

alla fantasia degli operatori. Rimanere confinati in un ristretto

ambito geografico è controproducente: pensiamo al barman

che lavora in un resort sulle Alpi, usando solo materie prime

locali, rischia di dover limitare il suo raggio d’azione.

Parliamo dei suoi cocktail a base birra, soprattutto in un

momento nel quale la bevanda con la schiuma sta vivendo

un’espansione senza precedenti in Italia…

Ho imparato a miscelare con la birra durante un mio periodo

di lavoro in Inghilterra negli anni ’80. In Gran Bretagna la

birra miscelata è una bevanda comune, un po’ come da noi

l’uso del vino nelle nostre preparazioni tradizionali. Ritengo

che la ‘bionda’ sia un ottimo prodotto per la preparazione

di cocktail: permette di giocare con la fantasia e realizzare

ricette insolite ma molto apprezzate dai clienti, soprattutto

durante il periodo estivo.

In che modo si svolge il suo percorso creativo? Il barman

ideale è più tecnico o istintivo?

Tutteedue lecose, l’istintoè importante, soprattuttoquando

ti trovi di fronte un cliente e in pochi secondi devi preparare

qualcosa per lui che lo faccia sentire speciale. La nostra pro-

fessione è tanto studio e applicazione. Occorre conoscere

a fondo i prodotti e le loro reazioni, a questo punto si può

lasciare andare la fantasia e usare anche in modo creativo

ingredienti che, altrimenti, difficilmente sarebbero entrati

in una ricetta. Una corteccia amaricante, oppure, come è

accaduto a un mio cocktail con il quale ho vinto le selezio-

ni nazionali che mi hanno aperto la strada per il mondiale

l’anno successivo, ho realizzato un drink impiegando una

gelatina di mele che normalmente si abbina ai formaggi.

Accostamento inconsueto ma perfettamente bilanciato che

ha stupito i giudici senza effetti speciali inutili, ma con un

gusto veramente equilibrato.

Lei spesso dà consigli ai suoi colleghi più giovani e insegna

anche all’alberghiero. Che ne pensa delle nuove genera-

zioni di barman?

Ci sono ragazzi intraprendenti, che amano il loro lavoro. Se

devo dare un consiglio, vedo che oggi manca un po’ di umil-

tà e di stile. Non bastano i baffetti a manubrio, i tatuaggi

sugli avambracci e il gilet a fare un buon barman. Questa

moda hipster passerà come sono passate tutte le altre pri-

ma: padroneggiare la tecnica e avere stile significa essere in

una dimensione senza tempo e sapere passare oltre

le mode, creandosi un’identità personale e duratura.

Il cocktail

di Ettore

ESSE EMME

Ingredienti:

3 cl Wodka Dry

1 cl Liquore alla Pesca

2,5 cl Parfait Amour

0,5 cl Blue Curacao

2 cl Panna liquida

4 gocce di fragola Naturera

Vaporizzare su tutto

Blue Curacao

Guarnizione:

Decorare con un

gabbiano estratto da

una buccia di melone

M