NOVEMBRE 2017 /
Mixer
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un mercato che vede sempre più persone ordinare
cibo cucinato fuori casa. E questo naturalmente vale
anche nel caso del food delivery e delle sue nuove
declinazioni, rispetto alle quali non abbiamo una
posizione negativa a priori; anzi, pensiamo che, se
ben interpretato, questo fenomeno possa creare
nuove aree di sviluppo, anche per la ristorazione più
tradizionale. Di fatto, quelli che chiamate
ristoran-
ti fantasma
ci appaiono come un’evoluzione delle
tradizionali attività di catering. Quello che invece
teniamo a sottolineare è l’urgente necessità di agire
in un “fair playground”, in un agone competitivo in
cui le regole valgano per tutti i concorrenti. In altre
parole, l’utilizzo di Internet non deve rappresentare
una scappatoia per eludere le norme che il resto
dei gestori è tenuto a rispettare. In questo caso, si
determinerebbe infatti una posizione di privilegio
illegittimo per chi opera via web”.
La valutazione della Federazione dei pubblici esercizi
è dunque molto chiara: “Guardiamo al fenomeno
con l’interesse e l’attenzione che merita, ma sen-
za allarmismi ingiustificati – chiarisce Calugi –. La
preoccupazione semmai resta forte per temi come
l’abusivismoo l’assimilazione indebitadi attività com-
merciali a iniziative no profit”. E anche qui si
torna al punto focale: il rispetto delle regole.
PUNTI CRITICI DA VERIFICARE
L’ampliamento della concorrenza indotto dalle formule
emergenti nell’ooh rappresenta senz’altro un dato positivo.
Ne è convinto
Fabio Spada
che, nel doppio ruolo di
presidente di Fipe Roma e ristoratore
(è titolare di tre
locali capitolini: Glass
Hosteria, Romeo, Giulietta, ndr
),
restituisce una concreta fotografia della valutazione attribuita
dai gestori a fenomeni come quello dei “ristoranti fantasma”.
“Potersi confrontare con nuove alternative – afferma Spada
– costituisce uno stimolo anche per i locali tradizionali, che
vengono così incoraggiati a migliorare la propria offerta.
Va detto però che di fronte a queste novità occorre cautela.
È infatti necessario analizzare la sostenibilità economica
di questi progetti, verificando la possibilità di ottenere
marginalità sufficienti. Inoltre, si deve considerare il livello di
soddisfazione del cliente. Mi spiego meglio: mangiare davanti
a una scrivania o nel tinello di casa non può essere paragonato
all’esperienza che si vive in un ristorante. Credo quindi
che sarà la prova del tempo a chiarire se sperimentazioni
come quelle dei ristoranti fantasma si riveleranno meteore
determinate dalla moda del momento o rappresenteranno
realtà destinate a una più lunga vita imprenditoriale”.
FOOD DELIVERY
LE COMPAGNIE “TRADIZIONALI” QUANTO
VALGONO E COME FUNZIONANO
I ristoranti “fantasma” rappresentano l’evoluzione
della tradizionale formula di food delivery, sul
quale hanno costruito il proprio core business
compagnie diventate nel corso di pochi anni veri
e propri colossi. Giganti che hanno imparato
a muoversi con dimestichezza tra acquisizioni,
partnership, cooperazioni e, di recente, anche
l’approdo in Borsa.
Stando a quanto riportato da La Repubblica,
a guidare questo mercato è l’inglese
Just Eat
,
valutata 5,1 miliardi di euro; a seguire la tedesca
Delivery Hero
, titolare di marchi come
Foodora
e
Hungryhouse
, quotata 4,4 miliardi; alle loro
spalle, l’americana
GrubHub
(3,3 miliardi) e
l’inglese
Deliveroo
(900 mila euro).
Alla base della fortuna di queste company, due
diversi modelli: i marketplace (come Just Eat),
cioè piattaforme che permettono di ordinare
cibo da vari ristoranti, e le realtà trasversali che si
occupano anche di delivery con la propria flotta di
rider (come Deliveroo).