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NOVEMBRE 2017 /

Mixer

23

un mercato che vede sempre più persone ordinare

cibo cucinato fuori casa. E questo naturalmente vale

anche nel caso del food delivery e delle sue nuove

declinazioni, rispetto alle quali non abbiamo una

posizione negativa a priori; anzi, pensiamo che, se

ben interpretato, questo fenomeno possa creare

nuove aree di sviluppo, anche per la ristorazione più

tradizionale. Di fatto, quelli che chiamate

ristoran-

ti fantasma

ci appaiono come un’evoluzione delle

tradizionali attività di catering. Quello che invece

teniamo a sottolineare è l’urgente necessità di agire

in un “fair playground”, in un agone competitivo in

cui le regole valgano per tutti i concorrenti. In altre

parole, l’utilizzo di Internet non deve rappresentare

una scappatoia per eludere le norme che il resto

dei gestori è tenuto a rispettare. In questo caso, si

determinerebbe infatti una posizione di privilegio

illegittimo per chi opera via web”.

La valutazione della Federazione dei pubblici esercizi

è dunque molto chiara: “Guardiamo al fenomeno

con l’interesse e l’attenzione che merita, ma sen-

za allarmismi ingiustificati – chiarisce Calugi –. La

preoccupazione semmai resta forte per temi come

l’abusivismoo l’assimilazione indebitadi attività com-

merciali a iniziative no profit”. E anche qui si

torna al punto focale: il rispetto delle regole.

PUNTI CRITICI DA VERIFICARE

L’ampliamento della concorrenza indotto dalle formule

emergenti nell’ooh rappresenta senz’altro un dato positivo.

Ne è convinto

Fabio Spada

che, nel doppio ruolo di

presidente di Fipe Roma e ristoratore

(è titolare di tre

locali capitolini: Glass

Hosteria, Romeo, Giulietta, ndr

),

restituisce una concreta fotografia della valutazione attribuita

dai gestori a fenomeni come quello dei “ristoranti fantasma”.

“Potersi confrontare con nuove alternative – afferma Spada

– costituisce uno stimolo anche per i locali tradizionali, che

vengono così incoraggiati a migliorare la propria offerta.

Va detto però che di fronte a queste novità occorre cautela.

È infatti necessario analizzare la sostenibilità economica

di questi progetti, verificando la possibilità di ottenere

marginalità sufficienti. Inoltre, si deve considerare il livello di

soddisfazione del cliente. Mi spiego meglio: mangiare davanti

a una scrivania o nel tinello di casa non può essere paragonato

all’esperienza che si vive in un ristorante. Credo quindi

che sarà la prova del tempo a chiarire se sperimentazioni

come quelle dei ristoranti fantasma si riveleranno meteore

determinate dalla moda del momento o rappresenteranno

realtà destinate a una più lunga vita imprenditoriale”.

FOOD DELIVERY

LE COMPAGNIE “TRADIZIONALI” QUANTO

VALGONO E COME FUNZIONANO

I ristoranti “fantasma” rappresentano l’evoluzione

della tradizionale formula di food delivery, sul

quale hanno costruito il proprio core business

compagnie diventate nel corso di pochi anni veri

e propri colossi. Giganti che hanno imparato

a muoversi con dimestichezza tra acquisizioni,

partnership, cooperazioni e, di recente, anche

l’approdo in Borsa.

Stando a quanto riportato da La Repubblica,

a guidare questo mercato è l’inglese

Just Eat

,

valutata 5,1 miliardi di euro; a seguire la tedesca

Delivery Hero

, titolare di marchi come

Foodora

e

Hungryhouse

, quotata 4,4 miliardi; alle loro

spalle, l’americana

GrubHub

(3,3 miliardi) e

l’inglese

Deliveroo

(900 mila euro).

Alla base della fortuna di queste company, due

diversi modelli: i marketplace (come Just Eat),

cioè piattaforme che permettono di ordinare

cibo da vari ristoranti, e le realtà trasversali che si

occupano anche di delivery con la propria flotta di

rider (come Deliveroo).