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OTT. NOV. 2014

3

I

l quadro dipinto dal Rapporto Coop, che ogni anno alla ripresa dopo le vacanze

estive fa un compendio della situazione economia e dello stato dei consumi

nel nostro paese, è impietoso.

Dal 2007 a oggi si sono volatilizzati circa 15 punti di Pil ovvero 230 miliardi

di euro. Lo spettro della deflazione, la somma di prezzi in caduta libera e

andamento dei consumi negativi, è sempre dietro l’angolo. E sul versante dei consumi

le cose non vanno meglio: la rinuncia a fare acquisti si è stabilmente insediata nell’at-

teggiamento di gran parte delle persone.

Ma non è un quadro completamente negativo, quello che emerge, perché la realtà non

è sempre a una sola via. Di fianco ai mille problemi che l’Italia si porta appresso da

decenni (l’evasione fiscale, il divario sempre più grave tra Nord e Sud, la disoccupazione

giovanile, i danni di una cattiva amministrazione della cosa pubblica), vi sono alcuni

fenomeni proiettati verso una dimensione di positività. Per esempio il forte interesse

per il cibo scatenato dalle trasmissioni televisive e dai cuochi star, che si trasferisce

in una maggiore consapevolezza di ciò che si mangia (e sembra stia contagiando le

generazioni più giovani). La crescente importanza ai temi della salute e del benessere,

anche in campo alimentare, guida poi l’aumento dei consumi vegetariani e vegani.

L’attenzione alla qualità e alla sicurezza alimentare, inoltre, si ripercuote direttamente

in un maggior favore destinato ai prodotti che meglio le garantiscono. Non ultimo, il

maggiore interesse riservato a certe specialità alimentari, non solo da parte di chi lo

ha sempre coltivato, ma anche da parte di chi – vogliamo chiamarle élite culturali –

punta al “meno ma meglio”, secondo un approccio che è partito dal vino, innescando

un circuito virtuoso che, partito dall’offerta ha alimentato la domanda che, a sua volta,

ha agito da stimolo e acceleratore del processo di qualificazione dei prodotti.

Lo stesso sta avvenendo nella ristorazione, dove accanto al fast food, alle formule all

you can eat, a formule basiche, si sta facendo largo una frangia crescente di operatori

che si vogliono differenziare puntando a prodotti di qualità e con particolarità uniche.

È la polarizzazione dei consumi che impone a ciascuno di noi e dei nostri ristoratori,

di decidere in quale campo giocare: in quello indifferenziato dei locali uno uguale

all’altro, oppure nel campo della qualità e della distintività? Oggi, come ha detto un

sociologo dei consumi, il consumatore è inappetente per sazietà e sta diventando in-

sensibile agli stimoli. Ebbene, è compito anche nostro ritornare a dare quegli stimoli

che i nostri clienti possano trasferire ai loro clienti, recuperando quella dimensione

esperienziale che sola, a partire dai prodotti che arricchiscono la nostra tradizione

agroalimentare, può far tornare a sedersi al tavolo dei ristoranti quel gran numero di

persone che in questi ultimi anni se ne sono allontanate.

DIFFERENZIARSI PER

COMPETERE

nella

ristorazione

si sta facendo

largo chi punta

a un’offerta

di qualità e

distintiva

IL PUNTO DEL

PRESIDENTE

Italo Nebiolo

presidente Cooperativa

Italiana Catering