bevande
10 Gennaio 2017Secondo Ferderpesca, associazione di Confindustria che raggruppa, rappresenta e tutela gli armatori della pesca italiana e le imprese della filiera ittica presso la Pubblica Amministrazione, il Parlamento e l’Unione europea, il mercato italiano ittico italiano, escluso l`import, è quantificabile in 1,3 mio tonnellate per un valore di 1,04 mld di euro nel 2015. Sotto il profilo produttivo i principali segmenti sono la pesca in mare, l`acquacoltura e la mitilicoltura che generano materia prima alimentare più o meno in ugual misura, ma con una ripartizione in valore rispettivamente del 55%, del 30% e del 15%.
[caption id="attachment_115169" align="alignleft" width="300"] LUIGI GIANNINI, VICEPRESIDENTE DI FEDERPESCA[/caption]
Spiega il Vicepresidente Luigi Giannini, «Della materia prima alimentare ittica circolante, alla produzione italiana è attribuibile il 13%, di cui 20% trova sbocco commerciale nel canale horeca. Il resto della produzione interna si consuma “a casa” attraverso le vie tradizionali – mercati e pescherie – o con metodi di distribuzione organizzata nella stessa proporzione ». Una cifra di prodotto interno così contenuta è giustificata dalle politiche domestiche e comunitarie che negli ultimi anni sono state mirate al progressivo riequilibrio della consistenza degli stock ittici. «In questa situazione che ha una ragion d`essere ecologica – conclude Giannini – la scarsa disponibilità negli approvvigionamenti e un`oscillazione dei costi della materia prima verso l`alto, purtroppo e spesso, hanno spinto i ristoratori a fondare il loro modello di competitività più sul prezzo che sulla qualità. Per tanto Federpesca da tempo sta lavorando su garanzie di sicurezza, tracciabilità e qualità per favorire il consumo di materia prima domestica. Una politica che inizierà a dare i suoi frutti concreti nei prossimi sei mesi con nuove iniziative».
METODO SCOZZESE E SKIN PER VAPORE
[caption id="attachment_115170" align="alignright" width="229"] DANIELE VAILATI, INSIEME A GIANPAOLO GHILARDOTTI DI FOODLAB, HA APERTO UN FRANCHISING A INSEGNA SEAFOOD[/caption]
Un anno sabbatico dopo 20 anni da dirigente di multinazionali e una grande passione per la barca e per il mare sono le motivazioni che hanno portato Daniele Vailati a incontrare Gianpaolo Ghilardotti di Food Lab e a convincersi ad aprire un franchising dedicato alla ristorazione a base ittica a insegna Seafood, «Oggi – spiega Vailati – il laboratorio per la lavorazione artigianale di Gianpaolo tratta 1.000 tonnellate all`anno di materia prima ittica rifornendo pescherie e ristoranti». È da questa piattaforma di Polesine parmense (Pr) che gli 8 franchisee Seafood (3 a Milano e uno per città a Torino, Padova, Parma, Pescara e Roma) si approvvigionano come da contratto di affiliazione, per offrire una lista che include 8 tartare, diverse cruditè, acciughe del Mar Cantabrico, una decina di paste artigianali e un`ampia scelta di pesci stagionali. Un menu che due volte l`anno ruota la metà dei piatti e in cui il salmone è proposto come core value nelle tre varietà più pregiate: allevato (scozzese o norvegese) e Sockeye pescato all`amo, come il più grasso e saporito Red King: «Un prodotto abbattuto sul peschereccio e sottoposto al tradizionale procedimento scozzese – spiega Vailati – quindi mai congelato, salato a mano ed eventualmente affumicato con vero legno di faggio». È anche vero che così si perdono 600 gr per chilo di pietanza ma la qualità organolettica delle tartare e dei carpacci risulta più salubre ed elevata, con 45 giorni di shelf life rispetto alla più diffusa salamoia industriale che tuttavia assicura uno scarto del 10% e un costo del 50% inferiore pari a 2 euro per etto. «Il salmone rappresenta un terzo del fatturato – precisa Vailati – il resto deriva dai primi e dal pesce cotto al vapore tramite skin alimentare». In pratica il pesce filettato viene rivestito da una pellicola polimerica che, durante i 46 minuti di cottura a 65°, ne mantiene inalterato il tasso di umidità e sapore. Infine, posto rapidamente in atm (-2°), il prodotto viene rinvenuto pochi istanti prima del servizio ed entro il tempo limite di 28 giorni imposto dalla legge. Con un rapporto di “uno a due” sull`acqua, il vino è preminente nell’accompagnamento beverage degli ordini: sono 40 i prodotti per lo più in versioni vinificate in bianco e biodinamiche e ben 4000 le bottiglie di bollicine consumate negli ultimi 14 mesi. «Oggi i locali fatturano in media 450.000 euro per anno con uno scontrino medio di 15 euro a pranzo e 35 a cena. Non chiediamo fee e la royalty è del 6%, ma è richiesta solamente dopo i 300.000 euro d`incasso». In apertura 2 locali ad Asti e Novara entro 4 mesi.
DAL PORTO ALL`ASPORTO
[caption id="attachment_115171" align="alignleft" width="209"] DOMINGO IUDICE[/caption]
Come si può proporre in chiave fast-casual quella pietanza di alto posizionamento che è il pesce, ma senza rinunciare alla qualità e con indici ebit e mol pari alla media nazionale di un McDonald`s? È presto detto: si adotta il modello di business di Pescaria. Con un investimento attorno al mezzo milione di euro, il secondo ristorante dell`insegna è stato aperto a settembre in zona Corso Como (Mi) dopo il successo del primo locale inaugurato nel maggio del 2015 a Polignano a Mare, località tra le patrie italiane del pesce crudo. Laddove il titolare dell`agenzia di marketing Brainpull, Domingo Iudice, si è associato a Bartolo L`Abbate patron della pescheria Lo Scoglio, già nota in Puglia come laboratorio artigianale e service di ristoranti. «A Polingnano – dice Iudice – con un locale di 45 mq mesi è stato realizzato un fatturato di 900.000 euro in 7 mesi, abbastanza per spostarsi in uno spazio di 300 mq. Pescaria Milano sta tenendo gli stessi ritmi in circa 60 mq, grazie a 600 clienti al giorno, equamente divisi tra pranzo e cena» E con prezzi maggiorati del 25%, cioè lo spread derivato dai costi di trasporto della materia prima da Polignano. Prezzi comunque competitivi: 120 gr di carpaccio di tonno, spada o salmone a 8 euro, tartare da 180 gr a 10 euro contro i 22 di media a Milano.
[caption id="attachment_115172" align="alignright" width="300"] IL RISTORANTE PESCARIA A POLIGNANO MARE[/caption]
«Con 15 euro – continua – si può degustare un misto mare crudo detto Assortito e composto da un`ostrica, due noci di mare, due cozze pelose, uno scampo, 1 gambero rosso e 50 gr di tagliatella e allievo». I best seller della casa sono i panini al tonno o al polpo, il baccalà e chips con mayo fatta in casa e cipolla e le tartare di tonno e di salmone. Ricette che come il resto del menu, ricco anche di fritti, sono state ideate dallo chef Lucio Mele del ristorante Sale Grosso di (Bo). La formula di servizio è quella del menu board e ritiro con numerino a chiamata vocale, o meglio a “gridata”, come nei porti pugliesi. Le pietanze si consumano sempre in pack che nel 15% dei casi vengono asportati, mentre nella lista di 60 vini sono presenti anche bollicine e rosati per una mescita che totalizza il 75% degli ordini enologici (una bottiglia ogni 20 calici).
CEVICHE PER APERITIVO LUXURY
[caption id="attachment_115173" align="alignleft" width="300"] JESUS LOA[/caption]
Nella sempre più apprezzata gastronomia peruviana, una delle tradizioni popolari più celebri è il Ceviche. Una ricetta secondo cui pesce crudo e i frutti di mare vengono uniti al leche di tigre, una marinatura a base di succo di lime, brodo di pesce o fumetto, tradizionalmente utilizzata per smaltire i postumi di una sbornia, ma che associata alla cipolla rossa cruda e al aji (peperoncino locale) si completa per raggiungere i livelli della cucina gourmet. Una specialità che al Park Hyatt Milano, fino al 15 novembre, verrà proposta al Mio Bar come nuovo modo di vivere l`aperitivo, in collaborazione con Pacifico, il noto ristorante peruviano della città della Madonnina condotto dallo chef Jaime Pesaque che per l`occasione ha creato 5 ricette eseguite in loco dal sous chef Jesus Loa: Ceviche puro (originale con branzino), Ceviche asiatico (con tonno, miso e alga nori), Ceviche mixto (capesante, gamberi e polpo), Ceviche barrio chino (con salmone e won ton), Ceviche San Isidro (gamberi rossi, olio d’oliva e Parmigiano). Per l’occasione lo staff di Hyatt Milano ha creato 6 cocktail a base di acquavite Pisco 1615: Mio Pisco Sour, con limone, zucchero, cannella; Vergas Llosa con Triple sec, arancia, lime, zafferano; Por Pasion, con Passoa, maracuya, lime; Tilsa Lozano, con Chambord, lamponi, ginger; Natzca, con Campari, Canton ginger, lychee; Quechua Punch, con liquirizia, more, violetta. Spiega il Food&Beverage manager Fabio Serafini: «La cucina peruviana è tra le linee guida Hyatt. Una tendenza globale che qui è stata espressa con la formula del pop up, con una collaborazione esterna decisamente qualificata, ma che al Grand Hyatt di Abu Dhabi e al Grand Hyatt di Istanbul è permanente grazie a executive chef peruviani residenti».
MARR: PIÙ PESCE CHE CARNE
Per scattare un`istantanea del mercato ittico a livello della “distribuzione horeca”, un campione interessante può essere costituito monitorando l`attività di MARR. Si consideri che la piattaforma che fa capo al gruppo Cremonini fattura oltre 1,4 mld di euro per uno share di mercato del 15% circa in Italia. Ebbene analizzando la sua quota di distribuzione per genere alimentare sul canale horeca, emerge che il 36,5% dei ricavi deriva da prodotti ittici. Una percentuale quasi doppia rispetto alle carni (18%) seppure sia giusto sottolineare che a parità di peso il pesce costi mediamente di più. Interessanti anche i dati sul mix di conservazione: 43,4% congelato, 34,1% fresco, 22,5% a temperatura ambiente. E quelli sulla destinazione: 62% ristorazione commerciale urbana e indipendente, 19,9% ristorazione a catena, alberghiera e collettiva, 18,1% altri grossisti.
Ristorazione & pesce: la “ricetta” di Cristian Lin, creatore e titolare di Sushiko
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A cura di Matteo Cioffi
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