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01 Aprile 2020La filiera agro-alimentare italiana vale 135 miliardi di euro. La ristorazione con 46 miliardi di euro è il primo comparto di questa filiera, seguito dall’agricoltura con 25 miliardi di euro. La ristorazione è un comparto decisivo della filiera non soltanto per il contributo fornito alla creazione di valore ma anche per essere un mercato di sbocco rilevante per le produzioni agroalimentari nazionali.
Ogni anno la ristorazione acquista in media venti miliardi di euro di prodotti agro-alimentari. Si tratta principalmente di prodotti trasformati dall’industria alimentare ma non mancano gli acquisti diretti dal mondo agricolo e della pesca. Un’indagine effettuata sulla ristorazione di qualità se da un lato mette in evidenza che per l’approvvigionamento di materie prime prevale la multicanalità, dall’altro fa emergere che piccoli produttori e acquisti diretti dagli agricoltori rappresentano poco meno di un terzo del valore complessivo degli acquisti. La filiera corta ha molti vantaggi ma anche qualche criticità. Tra i primi vanno citati elementi oggettivi del prodotto come qualità e freschezza e elementi soggettivi del produttore, principalmente il rapporto fiduciario. Tra le seconde la scarsa reperibilità del prodotto ed il basso contenuto di servizio.
La tradizione è il fattore più attrattivo che motiva la scelta di un’insegna e di un locale. Cambiano gli stili di consumo dei cittadini sempre più attenti alla qualità e provenienza dei prodotti che ordinano fuori casa: otto consumatori su dieci sono al corrente del fatto che i ristoranti che frequentano abitualmente utilizzano prodotti del territorio. Sono gli stessi ristoratori o il personale di sala a fornire le informazioni. Secondo una indagine Fipe, il 50% degli intervistati, cerca e trova nei locali che frequenta un’ampia offerta di prodotti del territorio, preparati con ricette classiche ma non solo. Il ristorante è anche luogo di scoperta, il 90,7% dei clienti confessa di essersi fatto tentare da piatti nuovi e mai provati, mentre il 60,5% ammette di andare al ristorante anche per affinare il proprio palato. Tutti, o quasi, concordano, però su un punto: è fondamentale sapere ciò che si mangia, e il ruolo del personale di servizio per la presentazione e illustrazione dei piatti viene fuori in modo evidente. Il 68,1% dei clienti quando entra al ristorante, per prima cosa si informa sulla provenienza geografica dei prodotti, il 58,5% sui valori nutrizionali dei piatti e il 54,5% sull’origine e la storia di una ricetta.
A proposito di filiera italiana quello dell’italian sounding è un problema di proporzioni crescenti: non sembrano diminuire i casi di plagio all’estero dei marchi dei principali ristoranti e delle pasticcerie italiane più note. Nel mondo c’è una rete di oltre 2.200 veri ristoranti italiani. Diciamo veri perché è noto che i ristoranti all’italiana sono molti di più, forse addirittura 60mila. L’italian sounding non riguarda, dunque, solo i prodotti agro alimentari ma la stessa cucina italiana. Questi 2.200 ristoranti hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento “Ospitalità Italiana” attraverso il quale il nostro Paese certifica che si tratta di ristoranti che utilizzano prodotti italiani e si ispirano ad autentiche ricette italiane con una forte enfasi sulle cucine del territorio. La presenza è diffusa ovunque, dall’Europa all’Oceania, e mostra una capacità di contatto straordinaria. Si tratta di almeno 90 milioni di contatti all’anno. Grande presenza in Francia, Germania, Regno Unito ma anche Spagna, Olanda e Belgio. Il primo Paese per numero di ristoranti certificati sono gli Stati Uniti d’America e la pima città è New York. Importante la presenza di autentici ristoranti italiani a San Paolo del Brasile e a Tokyo.
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A cura di Matteo Cioffi
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