bevande
08 Aprile 2013La classica pinta, da sola, non basta più: il cliente si deve stuzzicare con eventi, promozioni e specialità intriganti
Non vanno mica male i consumi di birra in Horeca. Almeno stando ai dati di ForMind, che per gennaio parla di una crescita dello 0,6% a volume. Ovviamente si tratta di una media, perché la situazione non è uguale per tutti. A fare la differenza contribuiscono la location, la tipologia dell’offerta, le sinergie con il distributore, la capacità di proporre abbinamenti gastronomici apprezzati, la creazione di eventi correlati, il grado di fidelizzazione e – perché no – l’entusiasmo della clientela.
Un fattore, quest’ultimo, da non sottovalutare, visto che per ritornare in un locale, e magari per frequentarlo abitualmente, bisogna essere motivati. Specialmente in un momento in cui tutto ciò che può essere rubricato come voluttuario tende a passare in secondo piano.
E chi, in termini di motivazione della clientela, ha senza dubbio qualcosa da raccontare è Francesco Petruzzelli titolare e ideatore del Saint Patrick di Barletta, nonché dell’omonimo bed & breakfast. Nel suo locale le birre vanno bene nonostante «il leggero calo fisiologico, dovuto all’andamento del mercato.» Ma niente di serio, però.
«È vero - continua Francesco - che il fatto di avere tra i miei avventori anche un target medio alto, mi aiuta parecchio. Però il successo ottenuto in questi anni, e che mi ha permesso di ampliare il mio business ad un pubblico eterogeneo, me lo sono proprio sudato. A forza di idee, potrei dire.
Oggi spremermi le meningi per lanciare una proposta inedita e coinvolgente è quasi un impegno quotidiano, per me. L’obiettivo? Fare in modo che quando un ragazzo si chiede: «Ma perché dovrei andare al Saint Patrick?» la risposta sia immediata: «Perché non ci si annoia mai».
Da qui il flusso continuo di eventi e proposte intriganti. A cominciare dall’appuntamento fisso con la musica live (noti nomi del panorama artistico locale) che, una volta al mese, offre spazio ad un evento clou. Per continuare con la diretta radiofonica (Absolutely Rock) che si rinnova ogni giovedì sotto l’attenta regia di Francesco. Ma poi ci sono anche le degustazioni guidate di birra e cibo e il lancio di leccornie gastronomiche finora ad inedite al grande pubblico.
«Già - ci spiega Francesco - siamo per esempio riusciti a sdoganare il wagyu, la preziosissima carne marmorizzata giapponese, venduta negli Usa a 2000 euro al chilo. Fortunatamente ora la produzione è arrivata anche in Italia e i prezzi sono scesi, attestandosi tra i 200 e i 100 euro al chilo. Sempre un lusso, certo ma non più proibitivo».
Riuscite a lavorare anche in questo caso sugli abbinamenti con la birra?
«Certo, prediligiamo le lager e le birre bio, dal gusto più leggero, per non coprire il sapore della carne. Per lo più in spina, visto che da qualche anno a questa parte è questa la tendenza più diffusa.»
E poi Francesco Petruzzelli aggiunge un’osservazione interessante che porta alla riflessione: «Naturalmente avere la collaborazione di un distributore serio, tempestivo e tecnologicamente preparato, che anche a tarda sera riesca a venirmi incontro in caso di inconvenienti sulle macchine, è un’assicurazione non da poco.»
In effetti sul ruolo del distributore gli esercenti non sono tutti concordi, specialmente per un prodotto “delicato” come la birra.
Stefano Battaglia del Pub romano Mama Tequila, per esempio, ritiene la figura del distributore quanto meno superflua. «Sa che penso? Che il loro è un ruolo inutile. Di più: dannoso. Non fanno altro che appesantire la filiera e aggravare le spese, senza dare un effettivo contributo in termini di qualità. La mia soluzione? Che i produttori si consorzino, specie quelli con minore massa critica, abbassino i prezzi e riescano a bypassare il circuito della distribuzione.»
Non è tenero Stefano Battaglia, probabilmente perché registra sulla sua pelle il calo dei consumi. «Non solo sono in contrazione - aggiunge - ma si stanno spostando verso le birre artigianali, specialmente inglesi e americane.»
Alla Birreria Morgana di Fondi, invece, Giorgio non la pensa affatto così: «Qui le cose vanno bene e i consumi sono in crescita, tanto che nel 2012 abbiamo aggiunto altre due vie di birra alla spina, arrivando a quota 13. A farla da padrone sono soprattutto le tedesche, ma anche le specialità belghe e inglesi (quest’ultime a pompa) se la cavano egregiamente.
Le artigianali in bottiglia (esclusivamente da 75cl) sono richieste, ma sviluppano volumi comunque marginali rispetto alla spina.
Il vostro locale, negli ultimi quattro anni è cresciuto. Questo vi ha costretto a ritoccare i prezzi?
«Onestamente la tentazione c’è stata. Ma “ci siamo dati tanti pizzichi sulla pancia” per non farlo: le assicuro che se proponessimo una speciale a più di 5 euro, nessuno lo capirebbe...
Piuttosto stiamo provando a lanciare l’abbinamento di birra e stuzzichino a 5 euro, con l’intento di lavorare sempre di più su promozioni di questo tipo.
L’iniziativa deve ancora decollare, ma siamo fiduciosi, visto che la sensibilità dei nostri clienti per gli abbinamenti birra- cibo, sta progressivamente maturando. In generale, comunque, posso affermare che gli avventori cominciano ad essere sempre più esperti di birra. O comunque sempre più disposti a imparare. Certo, c’è ancora qualcuno che mi chiede “una birra veloce”…»
E lei?
«Rallento volutamente e lo servo anche dopo 15 minuti. Giusto per fargli capire che una spillatura con tutti i crismi richiede tempo.
Vede, il cliente deve essere guidato e io nel mio piccolo ci provo. Anche se trovo che il supporto del distributore sia fondamentale. A patto che sia una persona valida, con cui mettere in piedi un gioco di squadra. Insomma un partner a tutti gli effetti (che sappia collocare con oculatezza il prodotto) e non semplicemente “uno che ti porta la birra”.»
Al contrario Daniele Martinelli dell’Old fox Pub di Milano, un distributore non ce l’ha. Dialoga direttamente con il fornitore e insieme hanno fatto degli accordi per il taglio prezzi, in modo però da non svilire il prodotto e da non rinunciare alla marginalità. «Una delle iniziative più proficue - spiega Daniele - è la promozione di una pinta a 3 euro sull’aperitivo.»
E in effetti qui all’Old Fox gli affari marciano bene. «Nel 2012 - precisa infatti Daniele - abbiamo registrato un più 12% a volume sulle vendite di birra.»
In che direzione vanno le preferenze dei consumatori?
Sono spalmate in maniera piuttosto omogenea tra lager e speciali, con una netta preferenza per la spina. La bottiglia invece si sta restringendo. Anche se non si può generalizzare troppo: le scelte dei clienti, infatti, sono molto guidate anche dal portafogli.
E in termini di abbinamento con il cibo?
«Beh, ci sono quelli più “colti” che fanno delle richieste ben circostanziate e quelli più superficiali che si limitano a chiedermi “dammi una birra”. Diciamo quindi che ci sono ancora fasce di consumo ripartite e con esigenze ben distinte.»
Sull’abbinamento birra-cibo si sta muovendo con impegno l’Ein Prosit di Bologna, birreria tedesca aperta lo scorso anno.
«A pranzo - ci spiegano dal locale - la proponiamo con il nostro menu tipico, declinato all’italiana (per esempio birra e amatriciana) o alla tedesca (birra e würstel).
E come incentivo abbiamo scelto di applicare uno sconto di 50 centesimi sul mezzo litro. Ovviamente in questa occasione è la spina a giocare la parte del leone. La sera, invece, cresce la richiesta di birra in bottiglia, magari al secondo giro, dopo aver rotto il ghiaccio!
E si spazia indifferentemente tra chiare, scure, bianche e doppio malto. E pure il sidro, dopo una certa diffidenza iniziale, adesso comincia ad avere i suoi estimatori…».
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A cura di Matteo Cioffi
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