caffè

24 Novembre 2015

Caffè, un’abitudine diventata status symbol

di Anna Muzio


Caffè, un’abitudine diventata status symbol

La nera bevanda piace sempre di più: anche Paesi tradizionalmente poco int 1interessati, negli ultimi anni l’hanno abbracciata, nelle sue multiformi varietà di origine ma anche di preparazione. Scoperta in Yemen da un pastore Etiope 1500 anni fa, la bacca rosso fuoco fa ormai parte delle abitudini quotidiane di milioni di persone. In Italia, che l’ha adottata e resa orgogliosamente sua, si bevono tre miliardi di tazzine l’anno, nel mondo ci sono 1,5 miliardi i consumatori. “Ma altri 4 miliardi attendono nei nuovi mercati, in particolare la Cina dove i consumi di caffè cresceranno del 20% nei prossimi anni” ha detto Andrea Illy. Ribadisce Nelson Carvalheiro: “mai nella storia dell’umanità si è consumato un tale volume di caffè. Quello che in certe culture era una necessità, è diventato un trend e uno status symbol. Il numero di torrefazioni indipendenti che offrono miscele diverse e differenti processi di estrazione del caffè è senza precedenti. Accanto ai cappuccini e agli espresso sono comparsi il caffè nordico, 15 opzioni di metodi di preparazione, caffè arabo e turco. Il mondo ama il caffè e ama sperimentarne diversi generi”.

TUTTI I CAFFÈ DEL MONDO

[caption id="attachment_88949" align="alignleft" width="300"]Caffè e tè alla spina con aggiunta di azoto, una tendenza che si va diffondendo Caffè e tè alla spina con aggiunta di azoto, una tendenza che si va diffondendo[/caption]

Se il chicco dilaga, si moltiplicano le versioni con cui è presentato. Si può infatti dire che Paese che vai, caffè che trovi. Ognuno ha le sue specialità come conferma Christine Salins: “In Australia il favorito è il “latte” seguito da espresso, Flat White, cappuccino e Long Black. Cold drips, Aero-press e Cupping si trovano comunemente. Si diffondono il caffè e il tè alla spina, con aggiunta di azoto”. Un’attenzione al prodotto che ha decretato il successo delle aziende australiane anche negli States come spiega Leiti Hsu “con brand come Toby’s Estate e Victoria Coffee, che ha tra i suoi clienti ristoranti stellati australiani e si sta espandendo nei ristoranti d’alta gamma americani”. Enrico Cleva fotografa la situazione del Canada: “Tutti ormai fanno l’espresso, di solito molto lungo per i nostri standard, che si può scegliere tra Single Shot o Double Shot, due espressi in uno. Il tradizionale caffè lungo, spesso fatto con la stessa macchina e non con il filtro, è chiamato Americano. Alcuni caffè hanno la French Press, che lasciano sul tavolo in modo che il cliente possa pressare a suo piacimento”. Parla di una “nouvelle vague” russa del caffè Alena Melnikova: “I ristoranti incominciano ad essere attenti alla qualità dei grani ma anche all’acqua e al latte che usano per preparare il caffè e tendono ad offrire caffè espresso, adottando lo stile italiano. C’è una domanda sostenuta per marchi famosi che forniscono anche attrezzature e servizi, come Danesi Caffè, Illy, Hausbrandt”. Qualcosa però sta cambiando. Il caffè tostato fresco è la nuova tendenza, abbracciata dai coffee bar di Mosca e San Pietroburgo. “Il risultato è una scelta di aromi con caratteristiche paragonabili a quelle dei vini. Si allargano i confini della ‘geografia del caffè’ accogliendo gusti diversi ispirati a vari Paesi” conclude Melnikova. Anche nella patria che ha fatto del bere tè una cerimonia sono arrivate le caffetterie. Come gli Omotesando Koffee o i locali aperti dal torrefattore americano Blue Bottle, affollatissimi secondo Melinda Joe. Puntano su qualità e origine gli Emirati Arabi Uniti, dove il caffè è una tradizione secolare. “È il secondo prodotto più commercializzato dopo l’oro e negli ultimi cinque anni, a seguito del costante incremento delle catene di coffee-shop e dei caffè nostrani, le transazioni del settore si sono triplicate” spiega Judy Sebastian. I chicchi arrivano da tutto il mondo: Boon Coffee importa dall’Etiopia qualità premium come Yirgacheffe, Sidama, Harrar e Lekempti. La novità sono le produzioni del commercio equo e solidale di Raw Coffee Company da Sud America, Africa ed Estremo Oriente.

ARTIGIANI TORREFATTORI, DA BROOKLYN AL BRASILE

[caption id="attachment_88948" align="alignleft" width="300"]L’atmosfera vintage di Devocion, che lavora caffè colombiano di alta gamma L’atmosfera vintage di Devocion, che lavora caffè colombiano di alta gamma[/caption]

Leiti Hsu racconta di un’altra onda, che sta dilagando negli USA ed è partita da Brooklyn, cuore del movimento hipster-naturale: “Qui John Moore di Nobletree Coffee ha messo su una torrefazione con due torrefattrici Probat restaurate. La sua azienda, FAL Coffee, segue l’intero processo dal chicco alla tazzina: è una operazione verticale totalmente integrata. C’è tanta voglia di qualità: Devocion lavora caffè colombiano di alta gamma e lo serve in uno spazio dal gusto vintage con una parete coperta di verde”. Quello degli artigiani torrefattori è un trend che accomuna, per una volta, Nord e Sud del mondo, Paesi produttori e consumatori. E infatti Luciana Bianchi dal Brasile ci svela il mondo segreto del torrefattore artigianale, una categoria sempre più diffusa. “Di solito è un fanatico del caffè e un barista esperto. Il caffè è la sua religione e realizzare una tostatura perfetta è la sua sfida quotidiana”. Perché la qualità del chicco è fondamentale, ma la torrefazione può far raggiungere la perfezione a un caffè eccellente o distruggerne le proprietà. Il giudizio finale è affidato ad attente degustazioni da parte di esperti, tenute di continuo a Panama, in Perù, Bolivia e Brasile. “Non ci sono trucchi in questo mestiere. La verità sta alla base dell’industria del caffè di qualità. I produttori, gli artigiani-torrefattori e i baristi sono degli artisti nel loro campo e condividono una passione sconfinata per il prodotto.

SARÀ IL TÈ IL "PROSSIMO CAFFÈ"?

“Penso che il prossimo trend sarà un aumento del consumo di tè che supererà quello del caffè, e il tè conoscerà lo stesso fenomeno: miscele speciali servite in sale da tè” profetizza Nelson Carvalhero. Ed in effetti segnali in questa direzione ce ne sono. Anche nella Patria del mitico tè delle 5 come ci racconta Rachel Walker: “I nuovi tea bar che stanno sorgendo come funghi a Londra hanno adottato la stessa estetica industriale di ferro battuto e nudi mattoni delle moderne catene di caffè. Lunghe liste di tè in foglie e miscele, scritte col gesso sulle pareti, precisano l’origine e la data del raccolto e gratificano gli intenditori, e gli ordini dei clienti vengono raccolti da un ‘tearista’. Rare Tea Company e Lalani & Co_hanno dato impulso al movimento, che negli ultimi anni si è allargato in tutte le direzioni: i barman sperimentano nuove ricette con il tè e il brand australiano T2 ha introdotto nuove varietà con successo”.

SALUTISMO, TISANE E MATCHA-MANIATisana

In effetti il rischio per il caffè è costituito dal trend salutista che vede nella caffeina un demone da evitare e cerca alternative più “soft”. “I patiti del fitness al momento tendono a rinunciare al caffè a favore dei “Latte superfood”, bevande calde contenenti superalimenti come curcuma, cannella e tè verde” dice Salins. Perfino a Brooklyn, paradiso dei torrefattori artigianali, si diffonde il consumo di tè matcha, o tè verde giapponese, dalle inarrivabili proprietà antiossidanti. Tanto che ha aperto un locale ad hoc, il Matcha-Bar: “la gente cerca alternative al caffè, come il tè e in particolare il matcha, amato dallo chef pasticcere Dominique Ansel”. E il tè entra anche nelle cucine stellate come ci racconta Carlo Spinelli, e diventa “un nuovo elemento di sperimentazione nella ristorazione moderna, è il protagonista di nuovi format in cui degustarlo e un ingrediente adatto ad abbinare piatti di cucina creativa nei ristoranti gastronomici”. Mania occidentale? Non solo, anche negli Emirati tisane e varietà di tè detox compaiono nel menu delle caffetterie. Se sia vera gloria, lo dirà il prossimo futuro. Intanto il caffè resta il grande protagonista, anche a Host 2015 dove occuperà quattro padiglioni con oltre 500 aziende partecipanti, il 30% estere proveniente da 31 Paesi, tra cui le new entry Singapore, Cipro e Norvegia.

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TAG: OSSERVATORIO HOST,HOST 2015

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A cura di Rossella De Stefano

 









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