29 Aprile 2016
Nasce a Milano il terzo figlio della famiglia Kanji. Nella centralissima Brera, esattamente in via San Marco 27, si è materializzato lo scorso dicembre un nuovo spazio di circa 500mq. Suddiviso su due livelli, è un contenitore altamente scenografico come, ad esempio, nella zona centrale dove una volta alta circa sei metri campeggia al di sopra dei visitatori.
Questo nuovo "fusion restaurant" riassume e amplifica il messaggio di Kanji dove architettura, design e forme innovative si uniscono ai gusti dei piatti della tradizione giapponese con elaborazioni gastronomiche contemporanee di grande effettoespresse nella creatività della cucina fusion. Il nome di questo luogo è Kanji Light e due interpreti unici e vincenti si uniscono per la seconda volta (la prima esperienza è stata con Kanji Evo): Giuseppe Dondoni cura la disposizione degli spazi e interpreta con contenuti di contrasto l'idea di progetto che rende il luogo diverso e irripetibile, unico e affascinante, mentre Jie Lin, titolare e art director, inventa un luogo dove il gusto e i sapori della cucina giapponese si fondono in nuove percezioni tra passato e futuro in modo geniale e di grande qualità di prodotto e di presentazione. Il risultato è un luogo unico dove forme giganti e scenografie si alternano mentre gli avventori in un pranzo di lavoro o in una cena con amici trovano un appagamento totale.
Dove un tempo venivano risistemate le ruote delle carrozze oggi prende forma un luogo di intrattenimento e di ristoro. Il progetto nasce dall'ingresso dove due vetrine si affacciano sulla strada: da qui inizia una scenografia a soffitto composta da lame verticali in acciaio color curvilinee, le quali accompagnano lo sguardo del visitatore nella profondità del locale fino al vano scala dove il tutto si riunisce dando un valore aggiunto al collegamento con il piano sottostante. Questo squarcio aereo divide anche l'andamento delle altezze dei soffitti e le componenti materiche. Le pareti del lungo passaggio si contrappongono con due temi differenti. Un mosaico retroilluminato con texture su disegno fluida morbida che allude al tema della terra ricopre tutte le zone tecniche di lavoro come il retrocassa, banchi, cucina, il tutto dando una luminosità diretta e di riflesso sulla pavimentazione nero lucida. Il lato di sinistra contrasta con un tema rigido ed energico ,una serie di lame sporgenti in ferro e acciaio si incrociano tra loro e la retroilluminazione media con il carattere artificioso del manufatto.
Dopo aver percorso questo sentiero ipotetico si arriva nella grande zona centrale dove una volta chiude lo spazio, cambia la pavimentazione effetto ciotolo in gres e la sensazione è quella di trovarsi in un vecchio cortile delle case milanesi, dove tre enormi fiori sono cresciuti un po' troppo e ci fanno sentire bambini. Questo gigantismo irriverente è contenuto formalmente da tre tendaggi rigidi appesi realizzati con formelle di vetro, queste ultime diventano degli sceen riflettenti le luminosità colorate e bianche delle varie sorgenti illuminanti. Il verde verticale si appropria delle superfici delle finestre esistenti ed il tutto rende una percezione surreale ma calda e avvolgente ma soprattutto mai di disturbo per chi cena al proprio tavolo. Una parete composta da scatole chiuse e aperte in ferro grezzo divide la sala tatami, all'interno pareti rosse materiche con feritoie a specchio sono sormontate da una installazione a soffitto realizzata da Anna Patrucco (architetto artista) realizzata con il salice intrecciato, una sorta di portico naturale interno. Scendendo il vano scala si è accompagnati dalla presenza dei sushi chef e da una installazione luminosa autocostruita.
Arrivando al piano sottostante si nota un cambiamento totale di rotta; il luogo diventa una sorta di foodclub, audio curato potente e di qualità ma sopratutto la sensazione di trovarsi non nel solito piano interrato di secondo ordine ma al contrario uno spazio ambito (quasi un grande privè di 70 posti)i posti a sedere sono articolati tra sedute a divano in alcantara in tutta altezza con schienali sagomati in stile seventy e sedute a sedia contrapposte di colore bianco. L'ambientazione decisa e completamente differente dal resto del locale è identificata anche attraverso la paretre effetto canneto di bambu verde vero distribuito con alle spalle un effetto a specchio. Il soffitto color oro satinato è attraversato da diversi incroci luminosi in rilievo con alloggiate strep led. Questo spazio diventa anche a livello gestionale interessante per eventi e serate esclusive visto il caratttere diverso e l'ambientazione molto intima; nella sua totalità Kanji Light ospita 180 persone a cena suddivise tra le differenti zone con diversi approcci sensoriali e di consumo.
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