spirits
30 Ottobre 2013In Spagna la grappa la chiamano Orujo de Galicia, i portoghesi parlano di Aguardente Bagaceira, in Grecia il nome ha un suono strano, Tsikoudia, mentre i nostri cugini d’oltralpe hanno optato per un nome breve quale Marc.
Ma a vantare del nome grappa, il solo e unico, l’originale, insomma, è proprio il distillato ricavato da uve prodotte e vinificate esclusivamente nel Belpaese o nella Svizzera Italiana. Di grappa se ne parla già dall’Anno Mille ma quello che incuriosisce è il suo consumo attuale, perché è risaputo che si tratta di un distillato da consumare nei mesi più freddi e, visto che l’autunno è arrivato, è proprio l’occasione per saperne di più…
Abbiamo chiesto un parere a Fiorenzo Detti, Presidente dell’Associazione Italiana Sommelier Lombardia e da sempre grande appassionato di distillati, per tracciare un percorso sulle tendenze attuali sull’uso della grappa.
Prima di parlare della grappa oggi, come introdurrebbe questo celebre distillato?
La grappa è un distillato italianissimo che nasce povero per poi, durante gli anni, assumere signorilità ed eleganza. Non voglio più sentir dire che la grappa si ottiene dalla distillazione della vinaccia, che è un sottoprodotto della vinificazione: la vinaccia è una materia prima e basta, una parte molto importante del grappolo d’uva che contiene tutte le sostanze aromatiche, antocianiche e coloranti importanti per il risultato finale del nostro distillato.
La grappa è un distillato per così dire ‘antico’, come se la cava oggigiorno sul mercato?
In un momento di difficili consumi come quello attuale, dove ne risentono anche vino e altri prodotti, anche il nostro distillato portabandiera ne risente. Gli ultimi dati parlano di un consumo in calo, come si dice da un po’ di anni a questa parte “si beve meno ma si beve meglio”. Sono sempre di più i prodotti di estrema qualità soprattutto se si va alla ricerca delle distillerie storiche che ci donano emozioni con molti dei loro prodotti.
Quali tipologie di grappa oggi funzionano di più?
Le grappe che oggi vanno per la maggiore sono quelle morbide, gentili, eleganti, rotonde, avvolgenti al gusto. Grappe giovani bianche trasparenti, magari aromatiche provenienti da uva moscato o, ancora, invecchiate e che sanno rivelare profumi terziari rubati al legno della botte e che regalano moltissime emozioni. Ovviamente, si parla di prodotti italiani; i distillati stranieri,ottenuti pressappoco nello stesso modo, sono solo delle brutte copie del nostro distillato, gradevoli ma la nostra grappa è un’altra cosa!
Grappa e giovani: un matrimonio di gusti e consumi che le suona forzato?
I giovani molto spesso non sanno bere, vanno educati a un consumo responsabile e consapevole, senza eccessi, ma neanche demonizzazioni, semplicemente insegnando loro regole, effetti del consumo e qualità del prodotto. L’ideale sarebbe iniziare a far cultura già nelle Scuole Alberghiere, parlando degli investimenti, della tecnologia, della ricerca che le aziende fanno ogni giorno per la qualità finale.
Si parla di grappa come un prodotto legato esclusivamente al dopo pasto, come un digestivo. È possibile sfatare questo mito con nuove occasioni d’uso?
La grappa, nonostante i vari tentativi per lanciarla anche in altri momenti della giornata, magari legata alla mixability, a mio avviso era e rimane un distillato da dopo pasto. Un distillato da meditazione, da fine serata o da conversazione. Rimanere legati a questa tradizione non vuole dire limitarsi; basti pensare agli innumerevoli accostamenti che si possono fare con molte ricette tipiche d’Italia: panforte di Siena, pampepato ferrarese, sbrisolona mantovana, Gubana friulana o, ancora, come rinunciare al “mariage d’amour” fra grappe bianche servite fresche e confetti di Sulmona alla mandorla?Senza dimenticarci poi del classico accostamento che vale per tutte: un buon cioccolato fondente o nel gusto che più piace, da quello di Modica in poi!
Ancora più che gli accostamenti, è importante sapere come va servito il prodotto, quali sono le metodologie che non è possibile dimenticare?
Le grappe giovani sono sempre da servire fresche. Una grappa giovane e cristallina servita dalla bottiglia presa dallo scaffale del banco bar, magari con il faretto di luce che la riscalda a 20 cm di distanza, è una regola sbagliata. Le grappe invecchiate, di quel bel colore ambrato e profumi che nulla hanno da invidiare a un grande distillato di Francia o a un grande rum o whisky, sono da servire a 16-18 gradi senza esagerare nell’alzare troppo la temperatura. Magari accompagnate con fantasia a qualche invitante “stuzzicante perditempo”.
Qual è la cosa che più l’ha colpita in fatto di grappa durante la sua vita?
Durante tutta la mia vita lavorativa le grappe che mi hanno colpito di più sono quelle che hanno saputo e sanno trasmettere in ogni momento, come in uno specchio, la cordialità, la generosità, l’amore e la simpatia dei loro padri, dei produttori, che sono le persone che poi stanno dietro al prodotto. Non dimenticherò mai la cordialità e la generosità della Famiglia Nonino, non solo nei momenti ufficiali dove ognuno di loro ha un sorriso e una parola bella per tutti gli amici. Sanno veramente trasmettere in ogni occasione la gioiosità e la brillantezza dei loro prodotti. Oppure l’accoglienza dei fratelli Berta di Mombaruzzo. Un giorno arriviamo da loro in visita con 40 nostri sommelier di Milano; dopo averci accompagnato in distilleria e nella bottaia, arriviamo in sala degustazione e, in men che non si dica, ci portano sui tavoli le loro migliori referenze di Grappe invecchiate, quelle sempre esaurite ancora prima di essere messe in commercio, bottiglie e bicchieri a volontà. Ricordatevi che la grappa è un liquido prezioso. Conserva tutto…tranne i segreti! Insomma… Cin Cin!
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A cura di Matteo Cioffi
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