spirits
07 Novembre 2017Perché il ghiaccio sia di qualità eccellente occorrono un’acqua cristallina e un perfetto processo di congelamento in termini di durata e di temperatura. Ma bisogna anche conoscerne le quantità e i metodi di utilizzo per ottenere un’impeccabile diluizione.
IL GHIACCIO CRISTALLINO
Premessa necessaria: la qualità del ghiaccio è direttamente proporzionale alla sua trasparenza. L’acqua usata per il ghiaccio non deve quindi contenere quantità eccessive di microelementi chimici che ne alterino il sapore (come cloro, zolfo e ferro) “poiché la diluizione produrrebbe sgradevoli sentori secondari nel drink”, sottolinea Luca Picchi capo barman al Caffè Gilli di Firenze. Dalla resistenza, grandezza e forma del ghiaccio deriva la velocità di diluizione: quanto più i cubetti sono grandi e resistenti, tanto più il ghiaccio si manterrà freddo e diluirà meno il cocktail.
[caption id="attachment_128805" align="aligncenter" width="300"] IL NEGRONI DI LUCA PICCHI CON GHIACCIO DOUBLE FROZE[/caption]
“Un cubetto di ghiaccio di qualità mediocre non solo risulterà opaco alla vista (a causa delle impurità dell’acqua e dell’ossigeno catturato all’interno), ma si scioglierà più velocemente nel drink annacquandolo”, osserva Alice Dosio, barlady manager dello Smile Tree di Torino.
[caption id="attachment_128800" align="aligncenter" width="300"] IL GHIACCIO DI ALICE DOSIO BARLADY MANAGER DELLO SMILE TREE DI TORINO[/caption]
COME DOTARSI DI GHIACCIO CRISTALLINO
Avete tre opzioni. Primo, potete produrlo in loco con le moderne macchine per il ghiaccio, che hanno costi variabili a seconda del marchio e assicurano cubetti privi di impurità, compatti e trasparenti in tempi più rapidi rispetto alla produzione home made. “Per una macchina che produce 120 kg si spendono tra i 2500 e i 3000 euro, ma si può salire fino a 5 mila euro, spiega Luca Picchi. Con queste macchine il congelamento delle particelle di acqua viene realizzato lentamente, spruzzando l’acqua con degli ugelli dal basso verso l’alto. In questo modo si forma un cubo a strati e si evita di immagazzinare ossigeno. Risultato? Avrete un cubo cristallino molto resistente”, spiega Guglielmo Miriello barmanager del Ceresio 7.
[caption id="attachment_128801" align="aligncenter" width="262"] IL GHIACCIO DI GUGLIELMO MIRIELLO, BARMANAGER DEL CERESIO 7 Foto Diego Rifatti[/caption]
Attenzione, però: non basta dotarsi di una valida macchina per ottenere un ghiaccio di alta qualità: “È indispensabile anche fare una periodica manutenzione della macchina del ghiaccio”, avverte Fabio Bacchi, celeberrimo barman che di recente ha firmato la cocktail list nonché il concept del nuovo The Spirit di Milano.
[caption id="attachment_128802" align="aligncenter" width="289"] FABIO BACCHI[/caption]
[caption id="attachment_128806" align="aligncenter" width="300"] ALESSANDRO IMPAGNATIELLO, BARMAN DEL THE SPIRIT DI MILANO[/caption]
In alternativa, si può creare home made in blocchi, usando due freezer. Una scelta che richiede passione, tempo, spazio e volume contenuti che ha adottato, tra gli altri, il re del Negroni Luca Picchi: “Questo ghiaccio si chiama double frozen e, se fatto bene, ha un valore aggiunto. Nelle macchine che fabbricano il ghiaccio, infatti, la temperatura di mantenimento è intorno a -2 °C. Per avere un ghiaccio più resistente e, quindi, un controllo maggiore della temperatura del cocktail e della sua diluizione, io abbasso ulteriormente la temperatura del ghiaccio mettendolo in un secondo freezer e portandolo a -15/-18 °C”. La terza ipotesi è quella di acquistare il ghiaccio da una delle numerose aziende produttrici aperte negli ultimi anni. “Questa soluzione è ideale per le discoteche, che utilizzano il ghiaccio in grandi volumi, ma non è indicata per i cocktail bar che vogliono caratterizzarsi per la qualità assoluta”, aggiunge Bacchi.
LA FORMA DEL GHIACCIO
Le forme di ghiaccio più comuni sono i cubi, le palle (ice ball) e le scaglie. Qual è il formato ideale per i cocktail? Le opinioni sono diverse. “Per me, l’ideale sono i cubetti di dimensioni medium-large perché mantengono la temperatura del cocktail a lungo senza diluirlo eccessivamente”, risponde Miriello che serve alcuni cocktail con cubi di ghiaccio di 65mm x 65mm (ottenuti con acqua purissima di fonte delle colline bergamasche) su cui viene impresso il logo del Ceresio7. Mentre Alice Dosio afferma: “Per i drink costruiti con la tecnica stir, ovvero “mescolati” all’interno di un mixing glass o direttamente nel bicchiere, sono ideali sia il cubo che la sfera di slow-ice perché entrambi permettono di mantenere il drink freddo con una diluizione minima”. Al contrario, il ghiaccio meno indicato per preparare drink è quello a cristalli (crushed), “in quanto le scaglie a contatto con l’alcol si sciolgono molto velocemente”, chiarisce Miriello.
[caption id="attachment_128803" align="aligncenter" width="291"] IL COCKTAIL “BROOKLIN RELOAD" DI GUGLIELMO MIRIELLO[/caption]
[caption id="attachment_128804" align="aligncenter" width="296"] IL CUBETTO PERSONALIZZATO DEL CERESIO 7[/caption]
LA DOSE DI GHIACCIO
In generale vale la regola che nei cocktail on the rocks e nei long drink quanto più ghiaccio di qualità viene usato tanto meno si scioglie a contatto con gli ingredienti. Detto questo, “la giusta quantità di ghiaccio va calcolata in proporzione alla capacità del bicchiere e del liquido: la dose ideale in un tumbler è sino al bordo bicchiere”, puntualizza Miriello. Che poi ricorda: “Il ghiaccio si scioglie rapidamente sino a quando il cocktail non ha raggiunto una temperatura di 2/0 °C”. Per quanto riguarda i cocktail fatti con la tecnica shake & strain, “tendenzialmente si usano dagli 80 ai 100 gr di ghiaccio, anche se dipende dallo shaker e dalla tipologia del cocktail”.
Cocktail: il barman Luca Picchi spiega come è cambiato l’uso del ghiaccio in 50 anni
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