spirits
30 Agosto 201747 anni, molisano, Charles Flamminio per determinazione sbanca tutti. Appassionato, studioso, talentuoso. Ha capito come conquistare il cliente (con un’accattivante presentazione e un buon rapporto qualità-prezzo) e come rinnovarsi costantemente (con l’ausilio di libri, seminari, articoli e la partecipazione a gruppi di cocktail lovers come Cocktail Art, il gruppo fondato da Diego Ferrari)
Classe 1970, già a 16 anni dietro al bancone di un bar della sua Campomarino, oggi Charles Flamminio è tra i bartender più noti di Rimini. Al banco del privé del Coconuts, un locale polifunzionale di Rimini con 15 bar tematici, serve ogni sera tra gli 80 e i 150 cocktail.
Quando ti sei avvicinato al mondo del bere miscelato?
Diciamo che mi sono specializzato solo di recente, dal 2012 quando alla morte di mio padre ho deciso di investire parte dell’eredità in formazione.
Hai frequentato una scuola?
No, ho preso lezioni private da bartender accreditati come Luca Cinalli, Simone Caporale, Filippo Sisti e Claudio Peri. Senza scordare il mio grande maestro Gianfranco Pola, da oltre 15 anni brand ambassador Chartreuse.
[ngg_images source="galleries" container_ids="183" display_type="photocrati-nextgen_basic_imagebrowser" ajax_pagination="0" order_by="sortorder" order_direction="ASC" returns="included" maximum_entity_count="500"]Parliamo di trend nell’ambito della mixability.
Personalmente, ho notato che qualche anno fa c’era la tendenza a utilizzare il fiore come decorazione, oggi invece tira come ingrediente.
Come definiresti i tuoi cocktail?
Floreali e di carattere. Amo usare i fiori delicati, dal gelsomino alla lavanda, dalla violetta all’infuso di malva o di fiordaliso. Inoltre creo molti shrub syrup per rimarcare la mia identità.
Charles Flamminio, hai uno “sciroppo signature”?
Quello alla cannella, bucce d’arancia e Chartreuse.
E quali sono i distillati più adeguati all’abbinamento con i fiori?
La maggior parte degli infusi a base di fiori sono molto delicati e di conseguenza l’ideale è usarli con distillati “piatti” come gin e vodka.
Un tuo cavallo di battaglia?
Il mio Moscow Mule con un oleo saccharum (un ingrediente preparato con scorze di agrumi e zucchero, già utilizzato in miscelazione nel XIX secolo, ndr) al gelsomino e te con vodka aromatizzata con un ramoscello di limonella.
Ma qual è il vantaggio di usare i fiori nel bere miscelato?
Intanto, crei un cocktail delicato al palato. E poi, proponi un drink originale e poco comune.
Il celebre barman Fabio Bacchi sostiene però che il cost drink aumenta notevolmente se si usano i fiori…
Non sono d’accordo. Per esempio, costo di 150 gr di lavanda è di 5 euro e la quantità ti permette di realizzare due litri e mezzo di infusi che servono per circa 30 drink.
Tu sei membro di Cocktail Art. Perché suggeriresti di entrare nel gruppo?
Intanto, per confrontarsi con gli altri in tema di presentazione dei drink e per prendere ispirazione. Inoltre, perché è diventata una vetrina prestigiosa soprattutto dopo l’accordo con Mixer Planet, che ha reso il gruppo ancora più autorevole.
I consigli per chi vuole fare questo mestiere?
Studiate, sperimentate, assaggiate e non smettete di guardarvi intorno.
Un’idea per rinnovare la cocktail list?
Intanto, suggerisco di puntare sul te come ingrediente.
Secondo, sulla scia del nuovo Foodies di Bologna, si potrebbe pensare a un cocktail bar tematico specializzato in varianti di un classico come il Negroni e l’Americano un drink che si presta a svariate interpretazioni e che fa parte della nostra cultura. Io per esempio ho realizzato il Negroni Marchigiano con un gin di Fano, amaro e vino rosso del Conero con infuso di frutti rossi.
Infine, dove mi porteresti a bere?
A Milano al Mag, al 1930 o dal mitico Dario Comini, a Torino da Mirko Turconi al Piano 35, a Bologna da Daniele Dalla Pola al Nu Lounge e al Foodies e a Firenze da Luca Manni.
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