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02 Maggio 2018Andrea Fiore è uno dei Bartender più conosciuti e amati d’Italia, oggi bar manager di Locale Firenze, tra le location più belle, rinomate e affascinanti del nostro Bel Paese. Parleremo di lui, di quello che fa e pensa ogni giorno per i suoi cocktail, delle sue esperienze all’estero, del suo lavoro a Locale Firenze e di quelli che sono i suoi progetti futuri.
Da dove nasce la tua idea di miscelazione e dove prendi ispirazione per le tue cocktail list?
Ho la fortuna di lavorare ogni giorno con quello che la natura offre, potendo scegliere tra prodotti e sapori differenti: talvolta l’ispirazione è più classica, altre volte innovativa, mediante l’utilizzo di nuove tecniche e sperimentando vari e molteplici ingredienti. Sicuramente la chiave dei miei cocktail sta nella fantasia che metto quando sperimento, rispondendo sempre a 3 domande chiave: chi siamo? dove andiamo e dove vogliamo arrivare? Le risposte forniscono un’anima unica ai cocktail, abbinando sempre i sapori della cucina a quelli del drink che verrà fuori. Il dove vogliamo arrivare definisce esattamente cosa voglio raggiungere nel cliente che ho davanti ogni giorno, creando con lui un collegamento mentale costante ed evocando ricordi, sapori e profumi talvolta anche lontani. L’ispirazione mi arriva quasi sempre dai fantastici chef con cui collaboro perché penso fermamente che la cucina sia la madrepatria dei sapori, dei profumi e che sia la chiave per raggiungere la conoscenza. Riesco così a sviluppare diverse tecniche da ogni prodotto che tocco con mano in cucina e che vedo lavorare, riportandolo nei miei cocktail.
Che formazione hai avuto e quanto è stato importante per te studiare?
Ho avuto la fortuna di formarmi sotto diversi aspetti e in numerose parti del mondo: ho iniziato nel 1996 in Aibes, per poi arrivare in Planet One dove ho potuto studiare molto e diventare trainer essendo sicuro che ero nel centro nevralgico della formazione sia per i prodotti utilizzati che per le tecniche sperimentate e approfondite negli anni. Questo percorso mi ha aiutato a capire la direzione che volevo prendere come scelta di miscelazione. Poi, per mia inquieta curiosità, ho viaggiato molto e questo mi ha permesso di arricchirmi molto sia nella cultura generale dei prodotti che toccavo con mano, sia approfondendo la cultura del cliente che avevo davanti. Questo ha facilitato molto il mio lavoro, oltre ad avermi permesso di vedere posti incredibili, dove poi, per alcuni periodi, ho vissuto un po’ più a lungo.
A tal proposito sappiamo che hai avuto esperienze alle Canarie e anche in Australia: quali sono le differenze sostanziali che hai notato nella miscelazione?
Sono state due esperienze incredibili. Sicuramente sono posti in cui il modo di vivere e la cultura del bere sono totalmente opposte tra loro. Alle Canarie mi sono divertito molto perché ho sperimentato e aperto il primo cocktail bar, entrando in una cultura neofita per questa tipologia di locali. Lì hanno uno stile di vita semplice, si vive prevalentemente di spiaggia e di surf. Qui la miscelazione è più dolce. Diciamo che la parte zuccherina nei cocktail è più alta rispetto alle altre parti d’Europa. In Australia, paradossalmente, è stato più facile. Mi sono ritrovato in un ambiente in cui la cultura anglosassone è forte e lo stile di vita diverso. Tiene molto in considerazione il bere bene e i locali sono di gran lusso. La birra e il vino devono essere sempre presenti, prevalgono Rum Bar e Speakeasy, la miscelazione è come quella londinese con diverse lavorazioni e le presentazioni sono sia complesse che minimal.
Ora sei a Firenze in uno dei locali più belli d’Italia. Qual è il format che avete pensato, e quale l’idea che l’ha fatto nascere?
Locale Firenze è nato dall’intuizione di un gruppo di persone ‘visionarie’, tra cui il Direttore Faramarz Poosty. La location era la falegnameria di una banca importante d’Italia, un posto sporco, umido, assolutamente improponibile. L’idea è stata quella di far rivivere l’arte rinascimentale. E ci sono riusciti. Locale Firenze è un posto unico, come unica è la sua struttura, i cui livelli, giunti intatti fino a noi, fanno rivivere la Firenze del duecento e del cinquecento come in una macchina del tempo. Pensate che questa è stata la seconda casa della famiglia ‘de’ Medici’: Palazzo Concini. Ci è voluto un po’ per capire il format da dare al locale, abbiamo cambiato filosofia più volte perché avevamo bisogno di capire bene il tipo di clientela che ci saremmo trovati davanti e come saremmo stati percepiti sul territorio nazionale.
Cosa cerca l’avventore nel momento in cui entra da voi e come rispondete alle richieste sia nel servizio che nella miscelazione?
La nostra clientela è davvero variegata perché proviene da tutti i continenti e con un tenore di vita altissimo… sono quasi tutti ospiti dei migliori hotel 5 stelle di Firenze. Da marzo a ottobre abbiamo avventori perlopiù stranieri, mentre durante l’inverno c’è una clientela più locale a cui si affianca un 40% di turisti. Proprio per loro abbiamo creato una disposizione ad hoc del locale: evitiamo per esempio che le persone che alloggiano nello stesso albergo si ritrovino nella stessa sala, affinché non vedano sempre le solite facce. La nostra filosofia per conquistare la clientela è far vivere loro un’esperienza indimenticabile, fermo restando che già il luogo parla da solo, ma soprattutto grazie a un connubio perfetto tra mixability e cucina assieme allo chef Danilo D’Alessandro, che è stato alunno di Alain Ducasse.
Quanti sono i bartender di Locale Firenze?
Siamo due bar manager e quattro bartender: io mi occupo delle creazioni e sperimento maggiormente il prodotto, Matteo Di Pienno è focalizzato soprattutto sulla bottigliera e sul rapporto con le aziende. Insieme facciamo un gran lavoro di squadra e creiamo le ricette presenti in menù. Il ruolo del bartender, da noi, come in qualunque locale di un certo tipo, è fondamentale. Deve essere formato, oltre ad avere la predisposizione a entrare in costante contatto, dialogo e confronto con il cliente per fidelizzarlo, quindi farlo tornare.
Andrea, quali sono le tendenze future che prevedi?
Il bartender dovrà sperimentare tecniche sempre diverse andando ogni giorno verso una semplificazione del servizio in favore di un maggiore contatto con il cliente.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Più che di progetti parlerei di desideri. Mi piacerebbe che Locale Firenze ricevesse la prima Stella Michelin e rientrasse nella classifica dei migliori 50 locali del mondo (World’s Best Restaurants). E questo sarebbe solo il primo sogno nel cassetto…
Le ricette di Andrea Fiore
GRANADA MI AMOR
Don Julio 1942, shrub di melograno e melassa, rosolio di bergamotto, succo di bergamotto chiarificato, weed cordial. Weed vaporized
NOVELLO DE MEDICI
Matusalem 15, novello infuso con cacao e cioccolato, tepache di uva, berries bitter, shrub di melograno e melassa
SANTO GRAAL
Vodka, cordial di radici e tamarillo, polvere di bronzo, guava, perle d’oro e vodka
Up & Down: la classifica Spirits di Andrea Fiore
Credo che l’andamento alcolico stia prendendo la direzione delle agavi (tequila e mezcal), seguiti poi da whisky e gin
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A cura di Matteo Cioffi
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