pubblici esercizi
12 Dicembre 2018Lo dicono addirittura Confturismo e Confcommercio, citandosi in un recente rapporto dello scorso mese di marzo, presentato all’annuale simposio Confindustria (che ha commissionato il tutto) di Cernobbio: il turismo estero verso il nostro paese continua a crescere, in maniera costante ed esponenziale. 60 milioni di stranieri nel 2017, + 5,2% rispetto al 2016, + 40% di arrivi e + 30% di presenze tra il 2007 e il 2017. Numeri impressionanti, che raccontano come questo settore professionale sia, nella realtà, il vero volano trainante nello stagnante panorama economico nostrano. Il turismo è la voce fondamentale dell’export con 362 miliardi di euro complessivi negli ultimi dieci anni; l’accoglienza (di cui il food & beverage è forse la punta di diamante) rappresenta il vertice del Made in Italy, contribuendo per il 60% al saldo della bilancia commerciale tra il 2007 e il 2017 (128 miliardi su un totale di 216 miliardi di euro), e al centro-sud è di gran lunga prevalente (poco meno di 18 miliardi di euro nel 2017); nell’ultimo decennio il comparto è cresciuto di circa 3 miliardi e mezzo di euro, registrando il maggiore incremento percentuale (+6,8%). Il turismo rappresenta inoltre il settore con maggior incremento di occupazione sia nel medio (261 mila occupati in più tra il 2008 e il 2017, circa +20%) sia nel lungo periodo (+43% tra il 2001 e il 2017). Può bastare? Fin troppo forse perché, oltre all’annoso problema della scarsa valorizzazione del turismo come potenziale fonte economica, pone il problema dell’approccio professionale, nel segmento food & beverage, verso il turismo estero. Il settore e i suoi attori sono veramente preparati a culture straniere e, soprattutto, a lingue d’oltremare? Come siamo messi quindi ad accoglienza, nella sua accezione più ampia e completa?
L’INGLESE, IL VALORE AGGIUNTO
Per ora non troppo bene, parrebbe di capire. A parte l’atavico rifiuto degli italiani a recepire e imparare le lingue estere, il problema riguarda in gran parte i piccoli borghi, dove sempre più si sposta il turismo straniero (una recente ricerca di Babbel ha evidenziato che solo il 19% del personale di piccole strutture ricettive parla fluentemente l’inglese…). FIPE recepisce questo campanello di allarme perché, come dice Alessandro Cavo, presidente della delegazione ligure “le associazioni devono proporre, e già lo fanno, percorsi formativi che migliorino e perfezionino chi ha già le basi e preparino chi si trova un nuovo mercato da affrontare”. La federazione quindi si muove, anche in sinergia con realtà imprenditoriali legate e turismo e accoglienza, come racconta Matteo Musacci, presidente FIPE dell’Emilia Romagna: “la nostra federazione, attraverso la bilateralità, offre corsi gratuiti di lingua ai dipendenti delle imprese associate, sia localmente sia a livello nazionale”. Musacci però guarda avanti, facendosi portavoce di un “desiderata” condiviso da molti: “forse abbiamo considerato il turismo (e il food & beverage ne fa ovviamente parte) per troppo tempo come qualcosa di dovuto, di certo. Il cammino è quello giusto, ma siamo in ritardo: occorre un vero ministero del turismo, slegato da quello della cultura”. Cosa si può fare di più e di diverso? Le riflessioni e le ricette sono di Alessandro Cavo: “non siamo più in una “bolla” turistica protetta: ora la concorrenza è veramente globale e se si vuole stare sul mercato occorre seguirlo. È fondamentale far sentire a proprio agio il visitatore accogliendolo con la comprensione dei suoi desideri di acquisto, di servizio e soprattutto di conoscenza dei luoghi, dei cibi, della “way of life” delle persone che abitano il territorio che sta visitando”.
FORMAZIONE IMPREPARATA?
Fin qui la principale associazione, che deve essere obbligatoriamente affiancata da scuole e istituti deputati a formare imprenditori, professionisti e personale del comparto turistico e in quello, nello specifico, food & beverage. L’impressione ricavata, parlando informalmente con il management dell’Istituto Carlo Porta di Milano, icona della formazione per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera, è quella di una sottovalutazione dell’impatto che lingue straniere e corretti approcci nei confronti del turismo estero possono avere nel nostro paese; qualcosa però sta iniziando a muoversi, forse con colpevole ritardo, sotto forma di una nuova dirigenza più attenta, pronta a promuovere l’insegnamento, almeno, della principale lingua straniera (corsi di madre lingua, legati alla certificazione, viaggi e stage all’estero, corsi d’inglese per tutti i docenti). Tutt’altra attenzione (e un certo pessimismo) da parte dell’Istituto Formazione Professionale Alberghiero di Rovereto e Levico Terme, nella persona del suo dirigente Federico Samaden, secondo il quale non siamo assolutamente preparati ad affrontare in maniera professionale e completa il turismo estero: “neppure i dipendenti del comparto danno ormai il giusto valore alla comunicazione nella lingua propria del visitatore straniero; e i giovani non fanno eccezione. Il danno economico e di immagine conseguente è quasi incalcolabile: il nostro territorio offre bellezze architettoniche e paesaggistiche incredibili, ma a molti turisti questo non basta più. Quello che manca è la comunicazione, il vero esperanto tra culture e lingue differenti”. Qual è la chiosa di sensazioni, numeri, opinioni? Occorre fare squadra, e pare che qui manchi proprio l’amalgama, l’ingrediente chiave.
UN’APP PER IL FOOD
Capito il problema, fiutato l’affare. Una mano spesso risolutiva per risolvere il problema business oriented della lingua straniera può venire dal web e dalle app per tutti, o quasi, i sistemi operativi dei cellulari. Come ad esempio ha fatto Babbel che ha creato un pacchetto ad hoc per i professionisti dell’accoglienza poco avvezzi alle principali lingue estere (inglese, tedesco, russo, francese e spagnolo). L’app (ma è anche disponibile per il web sul sito dell’azienda) ha come obiettivo quello di migliorare la comunicazione, con contenuti creati da un team di professionisti del settore, e rispondere al meglio alle esigenze dei turisti attraverso brevi lezioni per ogni livello di difficoltà che vanno comunque oltre la semplice domanda e conseguente risposta. E siamo solo all’inizio.
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A cura di Matteo Cioffi
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